Questo caso si aggiungerebbe ai sette già noti in cui a un aborto medico (cioè non chirurgico) è seguita un’infezione fatale da Clostridium: cinque casi (uno in Canada e quattro in California) in cui sono stati usati la RU486 e il misoprostol, e in cui l’infezione è stata causata da Clostridium sordellii; un caso (nell’ovest degli Stati Uniti) in cui sono stati usati sempre la RU486 e il misoprostol, e in cui l’infezione è stata causata da Clostridium perfringens; un caso (nel Midwest americano) in cui è stato usato il misoprostol senza la RU486, e in cui l’infezione è stata causata di nuovo da Clostridium perfringens. Anche nel caso della donna cubana, di cui si sa ancora pochissimo, sarebbe stato usato soltanto il misoprostol, mentre la specie esatta del batterio non è nota.
Questo decesso sembra confermare quanto già si cominciava a sospettare qualche mese fa, all’annuncio della morte della donna americana cui era stato somministrato solo misoprostol, e cioè che la causa di queste morti va ricercata verosimilmente non nella RU486 (la pillola abortiva vera e propria), ma nel misoprostol, la prostaglandina che in genere la accompagna per facilitare l’espulsione dell’embrione (e che può essere usata anche da sola in certe condizioni). Appare quindi sempre più screditata la teoria del fanatico antiabortista Ralph P. Miech, che attribuiva tutta la colpa dei casi mortali a una ipotetica azione immunodepressiva della RU486. Rimane invece aperta la domanda su un ruolo causale della modalità di somministrazione del misoprostol (vaginale vs orale), e sull’importanza da attribuire all’espansione recente delle infezioni da Clostridium, anche al di fuori dei casi di interesse ginecologico ed ostetrico.
È prevedibile che, se sarà confermato, il caso della sfortunata donna cubana verrà sfruttato dagli oppositori dell’aborto medico per documentare la pericolosità della pillola abortiva. Ma con quale fondamento?
Qui non si tratta di elencare semplicemente una serie di decessi: ogni atto medico comporta un rischio, e l’aborto farmacologico rimane nonostante tutto una pratica notevolmente sicura. Ciò non toglie però che essa vada comparata con le alternative disponibili, e in particolare con l’aborto chirurgico. Fino a qualche tempo fa, ci si accontentava di citare delle statistiche cumulative, che mostravano una sostanziale equivalenza dei tassi di mortalità. Ma nel dicembre del 2005 un editoriale apparso su una prestigiosa rivista metteva le cose in una prospettiva più corretta (Michael F. Greene, «Fatal Infections Associated with Mifepristone-Induced Abortion», New England Journal of Medicine 353, pp. 2317-18). L’aborto farmacologico con mifepristone (cioè con la RU486) e misoprostol, notava Greene, si pratica fino alla 7ª settimana di gravidanza (o, per essere più precisi, di amenorrea); la mortalità, che negli Stati Uniti risulta all’incirca di un decesso ogni 100000 casi, va quindi comparata con la mortalità dell’aborto chirurgico effettuato intorno alla medesima età gestazionale, che le statistiche americane fissano a un decesso in media ogni milione di interventi praticati entro l’8ª settimana (il rischio aumenta con il progredire della gravidanza).
Come si vede, il confronto è ben delimitato (e vale soltanto per gli Stati Uniti, anche che se chi usa l’articolo di Greene a scopi propagandistici si dimentica quasi sempre di notarlo); non avrebbe altrimenti avuto senso. Torniamo un attimo all’elenco delle vittime: il lettore ricorderà che nel caso della donna del Midwest americano era stato usato il misoprostol senza la RU486. Ora, questo decesso non può venire computato assieme agli altri: la fonte che ne riferisce (testimonianza di Janet Woodcock di fronte al Congresso Usa, 17 maggio 2006) dice anche che l’aborto, che non contemplava l’uso del mifepristone, era stato praticato nel secondo trimestre di gravidanza, secondo una pratica relativamente diffusa negli Usa (cfr. Kelly Blanchard et al., «Misoprostol for women’s health: A review», Obstetrics & Gynecology 99, 2002, pp. 316-32, alle pp. 321-22). Per fare un paragone sensato con l’aborto chirurgico bisognerebbe allora cambiare il numero dei casi totali (tutti quelli in cui si è usato misoprostol) e quello del tasso di mortalità con cui effettuare il confronto (aborto chirurgico entro il secondo trimestre, appunto). Ciò non toglie ovviamente che il caso meriti considerazione, in quanto conferma la relativa pericolosità del misoprostol.
Per quel poco che se ne sa, la morte della donna cubana potrebbe essere assimilabile in tutto e per tutto a questo caso. Nel paese il misoprostol è usato per l’interruzione di gravidanza (Agnès Guillaume e Susana Lerner, El aborto en América Latina y El Caribe: una revisión de la literatura de 1990 a 2005, CD-Rom, Paris, IRD-CEPED, 2005, cap. 6):
En algunos países donde el aborto es legal, como Cuba o Puerto Rico, el Cytotec [nome commerciale del misoprostol] se utiliza en los sitios habilitados para practicar abortos. Se prescribe de acuerdo con protocolos muy precisos: se le utiliza por vía oral o vaginal, en determinado momento del embarazo, solo o combinado con otros medicamentos, como el metotrexate.Non è chiaro però quali siano le procedure seguite; nel recente passato a Cuba sono state condotte sperimentazioni per l’uso del solo misoprostol sia nel primo sia nel secondo trimestre (Antonio Rodríguez Cárdenas e Alejandro Velazco Boza, «Uso de 800 μg de Misoprostol para inducir el aborto temprano», Revista Cubana de Obstetricia y Ginecología 29, 2003; Josep Lluis Carbonell et al., «Misoprostol vaginal para el aborto del segundo trimestre temprano», Revista Cubana de Obstetricia y Ginecología 26, 2000). La disponibilità della RU486 a Cuba fa comunque pensare che l’uso del misoprostol da solo sia confinato all’aborto più tardivo (nelle prime settimane di gravidanza l’uso combinato col mifepristone è più efficace).
Un’ultima considerazione: che da uno stato autoritario come Cuba, che oltretutto ha sempre menato gran vanto del proprio sistema sanitario, sia potuta trapelare una notizia come questa, dovrebbe far riflettere – ma ci spero poco – quelli che sognano di vaste congiure del silenzio, persino nei paesi occidentali, ordite per coprire chissà quale strage di donne ad opera dell’odiata kill pill.
Aggiornamento: Avvenire torna oggi sul caso, con un articolo di Renzo Puccetti («Aborto farmacologico, la 14ª vittima ancora per infezione da Clostridium», 19 ottobre 2006, p. 21), che dà qualche particolare in più, ma senza chiarire a che punto della gravidanza si trovasse la donna.
E' ridicolo che risponda tu al mio articolo. Perchè non lo fa la Fiapac?
RispondiEliminaE' ridicolo che a un workshop dedicato alle morti per aborto medico, all'interno di un convegno medico (Sponsorizzato dalla Exelgyn) fatto per promuovere l'aborto farmacologico in Italia (come hanno detto gli stessi organizzatori), venga fuori un'altra morte inspiegabile, e ai convegnisti non gliene possa fregare di meno (come sa chi ha assitito al workshop in questione).
Ed è ancora più ridicolo - e la dice lunga sulla loro attendibilità - che non ne diano neppure notizia.
Mai le notizie di morti per aborto medico sono state date da Silvio Viale, per esempio, il quale invece ha detto pubblicamente che la prima canadese è morta "per sfiga", perchè era all'inizio della sperimentazione.
Mai la notizia delle morti in Italia è stata data dai sostenitori dell'aborto medico: perchè?
Le donne morte per aborto improvvisamente non interessano più nessuno?
Veniamo a Miech: non so se sia o no antiabortista. Ma se lo fosse, e se seguiamo lo stesso criterio, perchè dovrei ascoltare quel che dice Mirella Parachini, o Silvio Viale? Se Miech è un fanatico antiabortista, Parachini e Viale sono due fanatici abortisti. O no?
Miech ha esposto un'ipotesi sullo schock settico da Clostridium, pubblicato su riviste scientifiche di settore; nel corso del convegno a Milano ha esposto in videoconferenza le sue ipotesi, ed è stato possibile discuterne in merito.
Quali sono le ipotesi scientifiche di Viale, e dei suoi colleghi abortisti, oltre alla "sfiga"?
Ci sono donne morte con Ru486 e misoprostol, e anche donne morte solo con misoprostol: alcune sono con c. perfringes, altre con c. sordellii.
Potrebbero essere due percorsi infettivi diversi, o ci potrebbero essere diversi fattori scatenanti, a seconda se i farmaci sono due o uno.
La Ru486 abbassa, secondo Miech, le difese immunitarie della donna. Ma non sappiamo niente del quadro clinico delle due morte con misoprostol, mentre conosciamo parecchio delle altre.
Dal punto di vista delle conseguenze, che si muoia con uno o entrambe i farmaci poco importa, perchè Ru486 e misoprostol vanno insieme. Non si sa ancora niente sul vaginale: in UK e Svezia la prostaglandina è gemeprost vaginale, sempre, da protocollo ufficiale.
Ma ancora non si sa niente delle tre (o quattro) donne morte in UK, e se nessuna fosse morta per infezione, bisognerebbe capire perchè con il misoprostol si muore e con il gemeprost no. E come funziona l'associazione fra Ru486 e diversi tipi di prostaglandine.
Su tutti questi gravi fatti avrei voluto sentire gli operatori del settore della fiapac. I quali operatori invece se ne sono ben guardati dall'affrontare tutto questo. E chi stava al convegno, lo sa.
Essere pro choice è diverso da essere abortisti. Essere pro choice significa dare le corrette informazioni per far scegliere alla donna quello che le sembra più opportuno.
Gli abortisti invece vogliono solo diffondere l'aborto, e chissenefrega del resto.
Come hanno dimostrato di essere quelli della Fiapac.
Sulle tue considerazioni sulle congiure del silenzio, ti faccio notare che hanno parlato i midici cubani, ma quelli italiani no. Trai tu le conclusioni.
Assuntina Morresi
Beh, spero che il «ridicolo» si riferisca al contrasto con l'atteggiamento della Fiapac (a cui concederei comunque un altro po' di tempo), e non alla sostanza del mio post – su cui peraltro non dici quasi nulla.
RispondiEliminaSu Miech e le sue propensioni rimando al mio post di qualche tempo fa, dove spiegavo anche le ragioni perché un pro-choice è in generale più attendibile di un pro-life: perché uno come Silvio Viale (che ovviamente non è la bocca della verità o un campione mondiale di saggezza) può finire sotto inchiesta della magistratura per le sue azioni, mentre il dr Miech non corre nessun pericolo per le sue teorie.
Una nota su misoprostol e gemeprost: è vero che il protocollo ufficiale in Svezia e Regno Unito prevede il secondo, ma nella pratica clinica è ammesso anche il primo (vd. l'articolo di Jones e Henshaw); tant'è vero che nel caso della morte di Rebecca Tell Berg, la ragazza svedese, le fonti parlano proprio di misoprostol.
Ciao.
il ridicolo è che deve rispondere la fiapac, non tu (che puoi farlo, naturalmente, ma non sei un operatore fiapac organizzatore del congresso).
RispondiEliminaLA quale fiapac, con il suo silenzio, in effetti ha già risposto: al workshop in questione della donna morta non è importato niente a nessuno, e nessuno si è preso la briga di darne notizia.
Che poi adesso quelli della fiapac si informino dai medici direttamente coinvolti, e poi dicano qualcosa, è probabile, ma anche del tutto inutile.
Lo dovevano dire per primi. E se non fossimo andati noi al loro congresso, non l'avremmo mai saputo.
La loro considerazione delle donne che vanno ad abortire è oramai chiara, ed hanno dimostrato la loro inattendibilità, come del resto hanno fatto finora: non hanno mai denunciato per primi le morti delle donne. Quando hanno parlato delle morti è stato sempre per minimizzare,e sempre dopo che altri hanno dato la notizia.
Riguardo al tuo post, mi pare di averti risposto abbondantemente.
Assuntina Morresi