sabato 14 ottobre 2006

RU486: nessun farmaco del demonio

Ennesime polemiche riguardo alla RU486, ennesime cattive motivazioni a sostegno della condanna. Il presidente della Regione Roberto Formigoni, intervenendo al convegno Interruzione volontaria di gravidanza farmacologica: realtà e mito, organizzato dalla Scuola di Direzione in Sanità dell’I.Re.f, Regione Lombardia, ha manifestato la sua avversione soffermandosi su due elementi (Aborto: Ru486; Viale, Casi Sperimentazione Bastano, ANSA, 12 ottobre 2006):
i problemi medici che può creare l’uso della Ru486 e l’assistenza e l’aiuto alle donne. Discorso che Viale ha liquidato come un “riassunto” del libro di Eugenia Roccella (anche lei presente all’incontro). “Ha fatto un discorso partendo da posizioni contro l’aborto – ha osservato il medico –. Con quelle opinioni lo inviterei a fare figli”.
Formigoni a quel punto aveva già lasciato il convegno per andare a Roma all’incontro sulla Finanziaria e quindi non ha replicato. Resta però la sua difesa del diritto alla vita, e le obiezioni sollevate sull’uso della RU486.
Peccato questo mordi e fuggi invece che un confronto serio. Sembra una conversazione tra sordi schizofrenici: si fa la propria affermazione e si lascia la sala alla volta di un’altra affermazione e di un altro appuntamento. E così all’infinito.
Che cosa c’entra, poi, la difesa del diritto alla vita con la presunta pericolosità della RU486? Potrebbe essere una iniziativa del lancio d’agenzia, tuttavia sono parole che non stonano in bocca a Formigoni e che svelano il vero obiettivo della sua critica: l’interruzione di gravidanza, poco importa come sia effettuata. Parlando di RU, senza avere bersagli nascosti, sarebbe infatti più sensato parlare di diritto alla salute (delle donne). È pur vero che il fantasma agitato intorno alla Ru486 è la morte, e allora ben venga anche il diritto alla vita delle donne (ma chi intende negarlo?), molto più controverso quello dell’embrione.
Diritti a parte, veniamo alle accuse.
Diverse voci nell’ambiente scientifico internazionale hanno denunciato gravi pericoli alla salute della donna – aveva detto il governatore nel suo intervento –. Ne fa testimonianzia ciò che è successo in Canada dove la sperimentazione è stata bloccata per un decesso accertato, quanto è accaduto in Australia dove il dibattito è stato vivacissimo o anche lo stesso caso di un paese lontanissimo da noi come la Cina che persegue una politica governativa a favore del controllo delle nascite ma dove è stato deciso il ritiro della pillola per i gravi danni alla salute. […] Il suo “timore” e che da una parte “si voglia eliminare la dimensione del dramma connesso alla decisione dell’aborto che rimane la soppressione di una vita umana” e dall’altra che qualcuno voglia “far esplodere la logica della 194 superandola nei fatti senza impegnarsi alla luce del sole con un dibattito in Parlamento”.
Più volte sono stati commentati tali riferimenti (giudicati come inesatti anche da Viale; tanto per dirne una: non è vero che in Cina la pillola è stata ritirata, ne è stata soltanto proibita la vendita in farmacia). Così come la soppressione di “una vita umana”.
Quanto alla esplosione della legge 194 superandola... non è mai superfluo ricordare l’art. 15 della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza: “Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza”, che legittima il ricorso all’aborto farmacologico proprio in quanto tecnica più moderna rispetto a quello chirurgico (lo stesso Viale richiama questo articolo).

Risponde Viale a un Formigoni in contumacia: la Ru486 [è nell’]
interesse del Servizio sanitario nazionale e delle donne. I rischi sono gli stessi degli altri interventi ostetrici. Io non dico che l’aborto farmacologico è meglio di quello chirurgico […] ma credo che il servizio sanitario nazionale debba avere a disposizione entrambi. Non capisco la scomunica. Non c’è nessun farmaco del demonio.
E infatti la percentuale di donne che rinunciano all’aborto dopo averlo già prenotato è intorno al 12%, la stessa cioè che si registra con l’intervento chirurgico. E i dati della sperimentazione (sospesa dall’ospedale [Sant’Anna di Torino] dopo l’estate) non destano preoccupazione: su 362 donne (era prevista la sperimentazione su 400) l’aborto è avvenuto in 360 casi, in un caso non è riuscito ed in un altro la paziente a rinunciato.
Degli altri, 23 casi hanno richiesto un raschiamento successivo. “Formalmente la sperimentazione è sospesa ma in realtà è da considerarsi chiusa – ha sottolineato – perché 362 casi sono sufficienti”. Su una cosa Viale e Formigoni sono d’accordo: l’importanza del dibattito di oggi. “Riconosco alla Lombardia – ha concluso il medico – di aver organizzato questo dibattito. A Torino non c’è stato”.
A voler essere pignoli nemmeno in Lombardia c’è stato...

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