Parlando di Livia Turco, Edoardo Patriarca sulle pagine di Avvenire (I colpi di mano, metodo da abbandonare, 1 dicembre 2006) costruisce la sua premessa argomentativa:
in questi primi mesi del nuovo governo si ha la spiacevole sensazione che qualcosa non stia funzionando, e che si sia dimenticata la via maestra del confronto esigente. Avventatezza, o l’illusione che il Paese uscito dalle elezioni sia improvvisamente un altro Paese? Forse un Paese sognato a propria misura, ma irreale e inesistente.A misura di Livia Turco? Non sarebbe di certo un Paese avventato... Un altro Paese? Ma se si ha difficoltà a raccogliere i sintomi di un cambiamento di governo, proprio come un investigatore in un delitto perfetto!
Ma andiamo avanti, perché l’articolo è disseminato da ostinati luoghi comuni.
Sulle “questioni sensibili” l’opinione pubblica è più attenta di quanto si vuol far credere: ha risposto massicciamente all’invito di astensione per la difesa della legge 40, e altrettanto consapevolmente ha partecipato al referendum sulle riforme costituzionali, bocciandolo.Qualcuno affermerebbe seriamente che dal momento che Mario non vi ha risposto dall’altra stanza allora ha detto di no? Magari non ha sentito. O magari non avete sentito voi che ha detto sì. Mario a parte, il non raggiungimento del quorum non costituisce una promozione né una bocciatura del quesito posto: è una invalidazione. Non è un argomento molto complesso da comprendere, ma fa comodo pensare che l’astensione in verità significhi NO.
Altrettanto consapevolmente? Qui non è incomprensione, ma malafede: al referendum costituzionale sono andati a votare il 52,3% dei cittadini, ma soprattutto i referendum costituzionali non richiedono il raggiungimento del quorum. Che paragone è (e mi sono sforzata a tacere una parolaccia)?
Ma torniamo alle questioni di attualità. La Commissione Sanità del Senato, a stragrande maggioranza, ha votato un odg che chiede al ministro Turco di rivedere il decreto sull’uso della cannabis. Dov’è lo scandalo?Lo scandalo è che se ti beccano con tre canne vai in galera...
In queste settimane i leader del centrosinistra, come pure il presidente Napolitano, avevano auspicato una stagione di confronto e di dialogo sulle priorità che riguardano il futuro del Paese: non mi si vorrà dire che le politiche di welfare e di tutela della salute, della vita e dell’educazione non siano – paradossalmente – aree prioritarie su cui costruire convergenze che vadano oltre la maggioranza.Oltre la maggioranza dove? Come? E partendo da quali presupposti?
Non è invece giusto e saggio rispettare le opinioni dei parlamentari, di tutti i parlamentari? Mi permetto alcuni suggerimenti. Sulle questioni sociali, educative ed etiche è noto a tutti che nel Paese esistono posizioni plurali e saperi sociali che chiedono di essere ascoltati, saperi non ideologici ma cresciuti sull’esperienza concreta. Prima di procedere per via legislativa o per decreto, si apra anzitempo un dibattito pubblico: l’ascolto è una virtù sulla quale l’agire politico fonda la propria legittimità. Una parte consistente dell’opinione pubblica sui temi legati all’educazione, alla famiglia e alla vita è particolarmente sensibile: perché non ascoltarla e fidarsi maggiormente dei parlamentari che intendono rappresentarla?Alzo le mani. Rispettare le opinioni dei parlamentari? Fidarsi maggiormente dei parlamentari che rappresenterebbero la maggioranza? Qui si apre una voragine su una lista di questioni tanto corposa da insinuare lo scoramento: laicità e liberalità dello Stato, rispetto delle minoranze, uguaglianza tra gli uomini, fondamento della legittimità politica...
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