martedì 16 gennaio 2007

Pacs, ovvero dello snaturamento del senso profondo del matrimonio

Mia nonna mi diceva sempre: “non discutere con i cretini, non vale la pena, non ne caverai nulla. Ma soprattutto potresti rischiare di essere presa anche tu per cretina!”.
Io le rispondevo: “sì nonna” ma poi facevo di testa mia e quasi regolarmente mi torcevo le mani perché alla fine della discussione mi sentivo una cretina.
Non so perché questo ricordo mi sia venuto in mente leggendo un articolo di Giorgio Campanini sul numero 3 di Famiglia Cristiana, il cui titolo Pacs? No, la politica aiuti le famiglie “normali” mi ha sedotto.

Si parte più o meno da qui: il discorso del Papa dell’11 gennaio scorso sarebbe stato strumentalizzato, incompreso, forzato e chissà cos’altro ancora. Al punto da essere stato trasformato in una “sorta di “ennesimo” attacco a quei Patti civili di solidarietà (Pacs) che taluno vorrebbe introdurre nel nostro ordinamento giuridico”. Addirittura? È inaccettabile questa forzatura nell’interpretare le parole del Benedetto Papa. Inaccettabile.
E poi
nessuno più della Chiesa, erede di una lunga tradizione, sa che la salvezza non viene dalla legge (nemmeno la salvezza della famiglia) e che vi saranno sempre famiglie cristiane (come avvenne tanto nel mondo greco-romano del divorzio e del concubinato, quanto nell’Unione sovietica del “libero amore”) che hanno esemplarmente vissuto la loro vita familiare sino, alla lunga, a cambiare la società.
E, tuttavia, il ruolo della legge non è assolutamente marginale, né i credenti possono assistere senza reagire a tentativi di snaturamento del senso profondo del matrimonio.
Una sola parola: rivoluzione! Ecco cosa bisognerebbe fare di fronte al pericolo di snaturamento del senso profondo del matrimonio.
Si è invece voluto isolare, nelle prese di posizione del Pontefice, una parte – anzi, una piccola parte – dal tutto, trasformando in una “priorità” della Chiesa (la questione dei Pacs) quella che in realtà è una falsa priorità di certa cultura radicale che ha larga udienza nel mondo dei mass media. Vi è da domandarsi, oltre tutto, se è giusto che alcune centinaia di migliaia di conviventi debbano dettare l’ordine del giorno della politica, lasciando in ombra le esigenze e le attese di circa 20 milioni di famiglie fondate sul matrimonio.
Non è assolutamente chiaro in quale benedetto modo i Pacs implicherebbero il lasciare in ombra le esigenze delle famiglie (quelle vere, quelle con la F). L’estensore dovrebbe ricordare che garantire la possibilità di stringere un Pacs non costituisce una minaccia per chi vuole sposarsi. Chi vuole sposarsi si sposa, chi vuole un Pacs (se ci fosse) fa un Pacs. Ma è tanto tanto difficile da capire? È idiozia o malafede ripetere come un disco rotto insensate e pretestuose ragioni per condannare i Pacs?
Le priorità della famiglia italiana non sono certo la regolazione delle convivenze o i veri o presunti diritti degli omosessuali, ma i problemi, seri e talora drammatici, delle famiglie, e soprattutto delle giovani famiglie.
Oltre tutto, non le parole della Chiesa cattolica, ma le statistiche dell’Istat e degli analoghi istituti di ricerca di ogni parte del mondo attestano che le convivenze sono nello stesso tempo meno stabili e meno feconde delle unioni fondate sul matrimonio.
I veri o presunti diritti degli omosessuali? Ha memoria, Campanini, che gli omosessuali sono anch’essi uomini (in contrapposizione a bestie e altre categorie) e cittadini? La sua retorica, oltre che poco convincente, è intrisa di razzismo e di pregiudizi fanatici e assurdi.
Si ricorda, Campanini, che anche il matrimonio si può sciogliere con il satanico rito del divorzio? E anche fosse vero che le convivenze sono meno stabili (feconde nel senso letterale di prolifiche?) non sarebbe questo un buon motivo per blaterare.
Ci si deve, dunque, domandare se sarebbe realmente consapevole dei suoi doveri verso il futuro del Paese una società che in qualche modo incoraggiasse instabilità e infecondità, piuttosto che fedeltà e apertura alla vita.
È dunque venuto il tempo di rifiutare l’agenda delle priorità che la cultura radicale, con il sostegno di gran parte dei mass media, vorrebbe imporre al Paese. Al primo posto delle preoccupazioni di pubblici poteri coscienti delle loro responsabilità dovrebbero essere i problemi – i troppi irrisolti problemi, lucidamente richiamati da Benedetto XVI – delle famiglie “normali”.
È tempo che l’opinione pubblica se ne renda conto e che siano dissipate le cortine fumogene che ancora impediscono di dare ascolto alla voce della “famiglia reale”, che non è la falsa “famiglia massmediatica”.
Incoraggiare la fedeltà mi ricorda lo “Stai calma!” dai disastrosi effetti. Incoraggiare l’apertura alla vita? Alla riproduzione? Alla moltiplicazione?
È tempo di tacere Campanini. È facile: basta tenere la bocca chiusa.

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