venerdì 9 febbraio 2007

DiCo’s mother

Ve la ricordate? Certo che sì. Ebbene, è terribilmente somigliante ai 14 articoli dei DiCo (esiste acronimo più ridicolo?).
Sembra un testo normativo che dovrebbe tutelare i diritti delle persone conviventi e tutto il resto, invece è una mummia, una caricatura di un organismo vivente. Un impostore che indossa gli abiti di qualcun altro
Al cinema funziona, i colpi di scena sono assicurati, la sorpresa innegabile.
Ma in tema di diritti è un disastro. Scimmiottare il riconoscimento dei diritti è imperdonabile. E vergognoso.
A proposito, mi rifiuto di aggiungere l’etichetta DiCo. Continuo a chiamarli diritti civili o per semplificare Pacs. Ma DiCo, no, DiCo mi rifiuto.

3 commenti:

  1. Quasi mi è più simpatico Hannibal Lecter.

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  2. Vorrei riflettere su un aspetto che mostra quanto blando sia questo Dico (forse sarebbe meglio: Pacs-simile...). I Dico non sono uno strumento di tutela dei diritti delle coppie non sposate, omo o etero, per il semplice fatto che ad esso possono accedere, volendo, persone legate da semplici rapporti di amicizia, purché dimostrino di convivere. Anche due castissime "suore laiche" possono farvi ricorso. Ovviamente questo va benissimo, nulla di male. Ma dimostra come la fonte dei diritti previsti dalla legge non sia la "coppia" di fatto, l'unione di due persone, omo o etero, che si amano, ma il semplice concetto di convivenza stabile caratterizzata da vincoli affettivi. Concetto più vago, che toglie l'imbarazzo (ad alcuni) di veder riconosciuti testualmente i diritti delle COPPIE NON SPOSATE (come prova anche la pagliacciata della dichiarazione non congiunta), e che quindi rimanda a data da definirsi una vera svolta progressista.

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  3. Ma scusate, non riesco a capire cosa c'è che non va, sul serio. Se questa è una legge che regolamenta i diritti e i doveri di due persone che vogliono vivere insieme senza vincolo matrimoniale, qual'è il problema?

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