Ecco il testo di una bella lettera inviata a Il Corriere della Sera il 28 maggio 2007 da alcuni medici.
Egregio Direttore,
Scriviamo in riferimento alla lettera inviatale da Ignazio Marino il 18 u.s., “Testamento biologico, troppi ritardi” e al precedente articolo di Verderami.
In quanto medici, ci capita spesso che amici, parenti e pazienti alludendo a conoscenti in rianimazione ci chiedano che in simili circostanze possano essere lasciati morire in pace, senza l’intervento della medicina tecnologica. Ma ci capita anche di sentirci dire il contrario, che qualsiasi cosa capiti, non si rinunci a nessuna cura, nella prospettiva d’innovazioni che consentano di continuare a vivere.
Le parole che ci vengono dette, sia in un caso che nell’altro, non hanno alcun valore e non solo perché potrebbero essere altri medici a prendere le decisioni, ma soprattutto perché, anche fossimo direttamente coinvolti, la mancanza di direttive scritte e di una legge che ne riconosca la validità, rende senza valore queste espressioni della libera volontà individuale. È per questo che serve la legge sul testamento biologico, a garanzia che si possa indicare a quali terapie si desidera o non si desidera essere sottoposti in una fase della propria vita in cui non si sia più in grado di decidere. Come diceva il Senatore Marino, le direttive anticipate - o testamento biologico - rappresentano un prolungamento naturale della pratica del consenso informato e sarebbero previste dal nostro Codice Deontologico del 2006 (art 38 “Il medico se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato”) nonché dalla Convenzione di Oviedo sulla Biomedicina del 1997, ratificata dal nostro Parlamento. Sarebbero previste ma non sono legalmente riconosciute, perché manca la legge.
Si continua a sostenere che il testamento biologico può portare all’eutanasia, favorendo da mesi una grande confusione di termini che non giova a nessuno, nella quale i mass media non sempre hanno aiutato a fare chiarezza.
La sospensione delle cure non è eutanasia anche se l’effetto è quello di portare più rapidamente alla morte. Piergiorgio Welby ha scelto che fossero sospese le cure da cui dipendeva la sua vita; Papa Giovanni Paolo II ha scelto di non intraprendere ulteriori cure che sarebbero state l’intubazione e la ventilazione assistita, le stesse che Welby ha chiesto di sospendere.
Papa Wojtila ha detto “lasciatemi tornare alla casa del padre” ed è stato ascoltato; e chi non fosse in grado di dirlo? Chi è in coma? O in uno stato vegetativo? Perché non dovrebbe poter avere chiunque il diritto di decidere di non contrastare il processo del morire, di accettare la morte come un fatto naturale e ineluttabile?
Il clima che si è creato intorno a questo problema non ci consente di sperare che si possa facilmente sgomberare il campo da persistenti equivoci tecnici e faziosità politiche. Ci auguriamo, però, che il nostro contributo serva a manifestare il nostro appoggio al Presidente della Commissione Sanità in questa solitaria battaglia di civiltà che sta conducendo con tenacia e pazienza.
Daniela Tarquini (neurologo, Roma), Mariolina Congedo, (neurologo, Trieste), Maddalena Gasparini (neurologo, Milano), Angelo Giordano (neurologo, Catania), Daniela Sanguigni (nefrologo, Roma), Teresa Anna Cantisani (neurologo, Perugia), Alfonso Ciccone (neurologo, Milano), Stefano Canitano (radiologo, Roma), Riccardo Sonnino (rianimatore, palliativista, Roma), Maria Concetta Altavista (neurologo, Roma), Cristina Cusi (neurologo, Milano), Paola Tortora (anestesista palliativista, Udine), Pierlorenzo Papanti (geriatra , Gorizia), Massimo Musicco (epidemiologo, neurologo, Milano), Guido Rasi (immunologo, Roma), Alfredo Pompili (medico, Roma), Teresa Dastoli (medico, Roma), Carlo Alberto Defanti (neurologo, Bergamo), Vincenzo Tomaselli (chirurgo pediatra, Milano), Francesco Alberti (neurologo, Sanremo), Marcella Gasperini (neurologo, Verona), Arianna Cozzolino (palliativista, Milano), Federico Russo (psichiatra, Roma), Fabio Chiodo Grandi (neurologo, Trieste), Graziella Sacchetti (ginecologo, Milano), Sara Pareo (urologo, Roma), Eugenio Pucci (neurologo, Macerata), Claudio Geraldini (neurologo, Roma), Antonella Peppe (neurologo, Roma), Fabio Massimo Corsi (neurologo, Roma), Ignazio Renzo Causarano (neurologo, Milano), Stefania Meregalli (neurologo, Milano), Sandro Sorbi (neurologo, Firenze), Gian Domenico Borasio (neurologo, palliativista, Monaco di Baviera), Carlo Caltagirone (neurologo, Roma).
Nel sito di Ignazio Marino ci sono altri firmatari.
Chi volesse firmare può inviare una mail a susanna.fancelli@senato.it (addetto stampa di Marino) e per conoscenza a mariolinacongedo@libero.it, specificando la specializzazione e la città. Oppure lasciare queste indicazioni nei commenti a questo post.
Grazie a tutti.
Per capire…
RispondiElimina"che qualsiasi cosa càpiti, non si rinunci a nessuna cura, nella prospettiva d’innovazioni che consentano di continuare a vivere" non dovrebbe essere comunque la condizione di partenza, in assenza di indicazioni diverse?
Luigi Maurizio Castaldi
RispondiEliminaSpecialista in Ostetricie e Ginecologia
via A. d'Isernia, 59 - 80122 Napoli
luigicastaldi@gmail.com
Fabrizia Cioffi
RispondiEliminaSpecialista in Neurochirurgia
Clinica Neurochirurgica
Università di Firenze
Largo Palagi 1 - 50139 Firenze
faci@dada.it
Elisa Valdambrini
RispondiEliminaFilosofa Bioeticista
Comitato Etico ASL 4 Prato
Via Augusto Borgioli 3
59100 Prato (PO)
elisa.valdambrini@gmail.com