Sarebbe bene invece tenere a mente che i fedeli cattolici sono sparsi in quasi tutto il globo terracqueo, e che a tutti loro sono rivolte le parole del Papa e dei suoi principali collaboratori, anche nei discorsi pubblici.Non sembra che il contesto internazionale sia sufficiente a sbarazzarsi del problema centrale: l’invadenza papale. Anche nel globo terracqueo ci sarà la distinzione tra potere temporale e spirituale, o no?
La critica di Morresi rispetto alla ammissibilità della obiezione di coscienza rivela tutta la sua malafede.
Paolo Flores D’Arcais, su Liberazione, sostiene che non bisogna permettere l’obiezione di coscienza per i ginecologi per quanto riguarda l’aborto, per esempio, e a maggior ragione per i farmacisti. “Chi trova ripugnante per la propria coscienza l’aborto, scelga una diversa professione (nell’ambito della missione medica, del resto, vi sono infinite altre specializzazioni)”: molto democraticamente Flores D’Arcais suggerisce che ai cattolici siano preclusi certi lavori – ce ne sono tanti altri – un po’ come ai neri d’America ai bei tempi.Il paragone ai neri potrà commuovere, ma è assolutamente fuori fuoco. Discriminare una popolazione è inammissibile (per il colore della pelle o per altre idiozie); nel caso del ginecologo che obietta la storia è ben diversa. Esiste una legge che autorizza l’interruzione di gravidanza; esiste una categoria di medici (i ginecologi) che possono praticarla. Obiettare può essere comprensibile per un breve periodo (nei primi anni di entrata in vigore della legge), ma poi l’emergenza passa e il ginecologo che obietta somiglia al chirurgo che non vuole (per coscienza) fare determinati interventi chirurgici. Mettiamo che non voglia mai e in nessun caso asportare l’appendice, perché ritiene che sia inviolabile e sacra. Gli fareste fare il chirurgo? Che facesse l’osteopata. O quello che più gli piace. Però non venisse a dirci che vuole fare il chirurgo ma che mai e poi mai toglierebbe una maledetta appendice.
Modesta proposta:
RispondiElimina(1) liberalizzare del tutto l'apertura di nuove farmacie (senza le molte restrizioni che sono sopravvissute alle lenzuolate Bersani);
(2) libertà delle farmacie di non assortire certi farmaci o prodotti, sotto la condizione di esporre un avviso molto visibile sull'insegna (tipo "farmacia cattolica").
Grazie a (2), nessuno rischia di entrare in farmacia e scoprire che il farmacista è un obiettore solo dopo avergli chiesto un anticoncezionale. Grazie a (1), è sicuro di trovare l'anticoncezionale altrove.
ma nessuno dei fautori dell'obiezione come diritto si è mai letto bene l'art. 9 della 194?
RispondiEliminaFilter: a patto di garantire l'esistenza di una farmacia che faccia servizio pubblico (al limite in un ospedale) che sia raggiungibile senza troppa difficoltà. Altrimenti nei paesini dove comanda il prete più che il sindaco saranno tutte farmacie cattoliche.
RispondiEliminaMi piace molto la proposta di Filter, mi sembra giustamente "laica".
RispondiEliminaAnche se l'obiezione di Restodelmondo è assolutamente vera...
BUENA VIDA
Restodelmondo: d'accordissimo. Aggiungo (3) obbligo delle ASL di assicurare che tutti i medicinali del prontuario siano disponibili alla popolazione nel distretto di competenza, anche con vendita diretta in ambulatori, consultori e simili.
RispondiEliminaE se la smettessimo con queste, pur meritevoli, elucubrazioni e ci limitassimo a ricordare che, semplicemente, non è prevista e non è prevedibile alcuna obiezione per chi svolge un servizio di pubblica utilità?
RispondiEliminaI medicinali del prontuario sono già disponibili alla popolazione. Nelle farmacie. Appare fuori luogo dare un calcio a tutto il sistema solo per i pruriti ideologici dei capibastone vaticani. Quanto scritto da Chiara è, pertanto, totalmente condivisibile.
Tenderei a essere d'accordo con Filippo. Del resto, non si rispetta di più il libero mercato ponendo qualche modesta condizione da rispettare alle farmacie private, invece che impiantando un sistema complicato di farmacie comunali, dispensari, indicazioni di farmacie cattoliche/islamiche/induiste, eccezioni per le piccole isole, etc.?
RispondiEliminaBeh, era un modo di obbligare i cattolici di giocare a carte scoperte e di proteggere i clienti. Non pensate che solo perché la legge non prevede l'obiezione di coscienza i farmacisti benpensanti poi non facciano i predicozzi, le facce storte, le manovre diversive quando qualche giovane donna chiede farmaci che loro giudicano poco morali. Soprattutto adesso che hanno anche l'incoraggiamento del papa.
RispondiEliminaQuesto è vero: ci sono persino quelli che violano allegramente la legge.
RispondiEliminaAppunto. Facciamo una bella insegna "Uroda farmacia cattolica", così ci saranno signore che andranno a complimentarsi e signore che non entreranno neanche per comprare l'aspirina.
RispondiEliminaE in più, grazie alla liberalizzazione, ci sarà una nuova farmacia dall'altro lato della strada che vende tutto ciò che vende Uroda e qualcosa di più.
Beh, allora teniamoci e facciamoci rispettare la legge attuale, e in più liberalizziamo le licenze (che è comunque un'ottima idea): così il paziente saprà di essere sempre in grado di trovare un contraccettivo, anche nel paesino sperduto, e il più delle volte avrà per sovrammercato un farmacista che non gli farà sermoni sulla vita dei poveri embrioncini.
RispondiEliminaIo firmo subito.
RispondiEliminaQuello che mi piaceva del punto (2) (l'insegna "farmacia cattolica") è che mostra uno dei tratti più belli del liberalismo economico: che se allarghiamo la scelta offerta ai cittadini (nel caso, le farmacie) possiamo permetterci lussi ideali altrimenti costosi (nel caso, le pelose obiezioni di coscienza dei farmacisti cattolici).
Certo che solo in un paese scalcinato come questo un miserabile mentecatto come questo tal Uroda può permettersi il lusso di mancare ai suoi doveri, violare la legge, pisciare fuori dalla latrina abbandonandosi a considerazioni e valutazioni che non gli competono, e pure vantarsene a mezzo stampa...
RispondiEliminaSi potrebbe anche concordare con quanto detto da Giuseppe nell'ultimo intervento.
Il punto però è che già adesso si trova quel che serve ovunque serve. E che si debba "liberalizzare" solo per non correre il rischio di trovarsi addosso lo sputasentenze cattolico di turno, non sembra proprio il caso. Che del sig. Uroda si interessi chi di dovere mettendolo in riga come merita, potrà sempre andare a vendere ortaggi al mercato se proprio non riesce a scendere a patti con la sua coscienza.
Se invece si ritiene, liberalizzando, di migliorare l'efficienza del sistema, la faccenda cambia. Ma non sembra questo il contesto per affrontare un simile discorso.
O almeno, il sottoscritto non si attribuisce le conoscenze e le competenze necessarie per affrontare un simile discorso in termini di efficienza del sistema.
RispondiEliminaChe a me comunque sembra efficiente già adesso.
Secondo il mio modestissimo parere la cosiddetta obiezione di coscienza per i farmacisti è più che legittima, ma il punto è un altro: il vero problema della obiezione di coscienza in materia di IVG sono le aberranti (e non poche) frodi allo Stato e soprattutto ai cittadini fatte da ginecologi di interi reparti che dichiarano in toto di essere obiettori...salvo poi consigliare "sottobanco" alle pazienti di rivolgersi a cliniche private conniventi, nelle quali magari operano loro stessi ma facendo PAGARE un servizio che lo Stato annovera tra le prestazioni gratuite. Allora io propongo: lo Stato dovrebbe OBBLIGARE ogni struttura pubblica ad avere un numero minimo sufficiente di medici e personale paramedico NON obiettore, in modo che sia SEMPRE garantita la prestazione al cittadino che la richiedesse, che è ciò che conta. Stesso discorso per le farmacie che operano in un certo territorio, perché anche la semplice liberalizzazione, potrebbe paradossalmente creare intere aree in cui al cittadino che richiedesse aborto, non venga offerto un servizio DOVUTO.In sostanza: sei ginecologo obiettore? Non giudico la tua scelta, ma il tuo ospedale deve garantire sempre anche chi vuole abortire, e non ti deve dare la possibilità di frodare i cittadini. Sei farmacista, ma non vuoi vendere pillole e preservativi? Perfetto, purché il cittadino possa trovare nel raggio di pochi km qualcuno che le vende.
RispondiEliminaIl fatto è che temo che la polemica abbia indotto a fare della filosofia sulla coscienza dei singoli, perdendo però di vista il vero cuore del problema, e cioè l'assistenza al cittadino.