giovedì 1 maggio 2008

Ma perché non paga?

A qualche giorno di distanza dalle elezioni comunali romane conviene forse tornare sul tema affrontato assai sbrigativamente in «Il clericalismo non paga»: perché, esattamente, non paga? In che modo un candidato che ha fatto dell’ossequio alla Chiesa la caratteristica più visibile della propria persona politica (al punto da lasciar passare sotto silenzio persino alcune cose buone fatte come Ministro dei Beni Culturali nell’ultimo governo) ottiene 55.000 voti in meno del candidato – meno incline alle frequentazioni vaticane – a presidente della Provincia dello stesso partito?

Il lamento l’abbiamo sentito spesso, anzi spesso è stato anche il nostro lamento: i diritti civili interessano solo a una ristrettissima minoranza dell’elettorato; l’Italia non è la Spagna, gli italiani sono naturaliter clericali, e parlare di certe cose qui non paga. Manca però in questi discorsi ogni tentativo di quantificare la frazione interessata a questi argomenti – forse è talmente infima da sfuggire ai rilievi statistici? L’uno per mille? L’uno per diecimila? Ma fortunatamente abbiamo un modo per determinarla oggettivamente.
Il 12 e 13 giugno 2005 si sono tenuti i referendum per l’abrogazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Una grave sconfitta per i liberali: solo una minoranza si è recata alle urne, e ancora di meno hanno votato Sì. L’impresa, del resto, era ardua: si trattava di esprimersi su una questione tecnica, che nessuno aveva seriamente tentato di spiegare in modo comprensibile alla gente, sfidando gli inviti pressanti a non votare (che rendevano oltretutto il voto non più segreto). Chi ha votato Sì, insomma, ha mostrato indubbiamente un interesse sentito per la difesa dei diritti civili (sono lontani i tempi in cui si votava in un certo modo solo «perché così ha detto il Partito»); contando queste persone avremo in prima approssimazione la cifra che cercavamo. Ai primi tre quesiti referendari (il quarto, sulla fecondazione eterologa, era più ‘eticamente difficile’ e possiamo trascurarlo) ha votato Sì in media il 22,5% degli aventi diritto. Una minoranza, certo: ma non esattamente una frazione infinitesima. Attenzione, poi: questo è il 22,5% dell’elettorato teorico. Ma in Italia esiste una frazione di persone che non si reca mai alle urne; l’affluenza maggiore degli ultimi dieci anni si è avuta per le Politiche del 2006 ed è stata pari all’83,6% (senza considerare i votanti all’estero). Teniamoci larghi, e non contiamo chi vota sempre scheda nulla o bianca: diciamo che l’elettorato attivo è dell’85%. Rapportato a questa percentuale (prudente), quel 22,5% di elettori – che per definizione fanno parte degli elettori generalmente propensi a votare – diventa il 26,5%: più di un elettore su quattro.
Si dirà: ma allora perché partiti che hanno fatto della difesa della laicità un punto qualificante del proprio programma, come per esempio il Partito Socialista, hanno conosciuto una débacle spettacolare sia alle elezioni politiche che a quelle comunali? La risposta è semplice: essere sensibili ai diritti civili non significa essere sensibili soltanto a quelli, né significa porli necessariamente al primo posto nella scala delle proprie priorità. Oltretutto, un partito che ospita al proprio interno Gianni De Michelis, Ugo Intini e Bobo Craxi può incontrare alcune difficoltà a farsi apprezzare dall’elettorato progressista; e diciamo che alzate d’ingegno come l’offerta di una candidatura a Mastella fatta da Enrico Boselli o la candidatura dell’ex pornostar Milly D’Abbraccio a consigliere del Comune di Roma non hanno propriamente aiutato. La polarizzazione politica e la mancanza di attenzione mediatica hanno fatto il resto.

Esiste, dunque, un quarto abbondante di elettori sensibili ai diritti civili e alla difesa della laicità; e si può cominciare a sospettare che offendere questi elettori presentandosi costantemente come amico di preti, cardinali, papi e numerarie dell’Opus Dei, mentre oltretutto dura ancora la memoria dei giorni in cui le proprie simpatie erano esattamente opposte, senza offrire su tutto il resto dei problemi all’ordine del giorno niente di significativo (a parte gaffe sesquipedali come quella del braccialetto elettronico contro gli stupri), non costituisca il massimo dell’astuzia.
La risposta convenzionale a questo sospetto è nota: quel quarto di elettori appartiene in massima parte, anche se non totalmente, alla sinistra; ben difficilmente, dunque, darebbe il proprio voto a un candidato ex fascista; oltretutto, chi può pensare anche solo per un attimo che Gianni Alemanno sia meno clericale di Francesco Rutelli? E in compenso l’ossequio verso le gerarchie cattoliche consentirà prima o poi il sospirato sfondamento al centro. Lo sanno tutti che nelle democrazie occidentali di oggi le elezioni si vincono al centro! No, se qualcosa è andato storto sarà sicuramente per un complotto di D’Alema, che ha convinto 55.000 persone a votare per Zingaretti e non per Rutelli...
Alemanno sarà probabilmente un sindaco peggiore di quanto lo sarebbe stato Rutelli da quasi ogni punto di vista, è vero; ma questo non significa che la cosa logica da fare fosse allora votare turandosi il naso (e chiudendo gli occhi, e tappandosi le orecchie) per Rutelli. Un voto dato turandosi il naso non si distingue in nulla da un voto dato con sincera convinzione; avesse vinto, Rutelli avrebbe preso il risultato come una conferma che la strada seguita era quella buona. Ne sarebbero seguiti altri cinque anni di genuflessioni davanti al papa, e poi altri cinque anni di Rutelli o di un altro Rutelli. Il messia laico non sarebbe arrivato a salvarci, mai. La cosa razionale, per chi non sopporta i Rutelli di questo mondo, è di dare subito un segnale netto, anche al costo di cinque anni di Alemanno, sperando che qualcuno ne colga il significato. Oltretutto sono solo elezioni comunali, in cui non si decide il destino del paese: Alemanno non può sospendere la democrazia e manganellare le opposizioni (e ha tutto l’interesse a tenere buoni per i prossimi anni i camerati a cui il successo avesse dato troppo alla testa).
Quanto allo sfondamento al centro, beh... Con le sue prese di posizione degli ultimi anni Rutelli ha strizzato l’occhio soprattutto al cattolicesimo integralista: quella parte di cattolici che pretende di imporre leggi ispirate dal magistero ecclesiastico all’intera società. Ma questa non è una posizione meramente intellettuale, una preferenza astratta che si possa sposare con qualsiasi posizione politica; si tratta invece dell’ideologia di un preciso gruppo sociale, dagli interessi estremamente ben definiti – e opposti drasticamente a tutto quello che anche lontanamente ricordi la sinistra (nonché l’autentico spirito liberale). Un gruppo rancoroso, sulla difensiva, paranoico, che odia la modernità, attaccato ai propri privilegi, e che scambia per cristianesimo il proprio ethos piccolo-borghese e familista. Il Partito Democratico può – almeno in teoria – raccogliere voti ovunque: tra gli elettori di AN, della Lega, in parte persino di Forza Italia; ma per gli integralisti cattolici rimarrà per l’eternità il partito dei «comunisti».
Il tragico errore della classe dirigente del PD (tutta intera: chi ha capito la verità se n’è già andato) è di aver scambiato la mappa semplificata, unidimensionale, del continuum politico destra-sinistra, col suo centro cattolico confinante con le due ali che strizza l’occhi ad entrambe, per il territorio sociale multidimensionale, in cui il «centro» integralista non confina per nulla con la sinistra. Frequentare solo i palazzi non aiuta a interpretare la realtà.

Inimicarsi i propri sostenitori cercando il sostegno dei propri avversari irriducibili è una ricetta buona solo per il fallimento. Una ricetta, beninteso, che non è stato il solo Rutelli ad applicare: si pensi al sindaco uscente di Roma, che prima ha promesso tra le fanfare un aumento delle licenze dei tassisti, e che poi, di fronte alla protesta violenta (ed illegale) di questi, invece di chiedere l’intervento dei reparti anti-sommossa con lacrimogeni e pallottole di gomma, ha acconsentito graziosamente ad amputare e dilazionare l’incremento delle licenze, e ad aumentare invece da subito le tariffe, con la gioia che si può immaginare dei suoi elettori. I tassisti gli hanno dimostrato la propria commossa riconoscenza lunedì scorso, sbeffeggiandolo in Campidoglio in un tripudio di saluti romani.
Sempre più spesso ho l’impressione che un’occupazione più adeguata ai talenti intellettuali di alcuni che nel nostro paese hanno voluto intraprendere la carriera politica sarebbe stata quella, pur nobilissima, di caldarrostaio...

12 commenti:

  1. Mi ritrovo quasi in toto nel tuo articolato e complesso ragionamento (che potrà anche avere qualche falla, ma la lascio volentieri trovare ad altri commentatori).
    Alla luce dell'aforisma di Churcill in cui egli dice che "la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora", è possibile immaginare un sistema di regime migliore, più evoluto, rispetto a quello democratico?
    Alcuni anni or sono, Guido Ceronetti proponeva (non so quanto scherzosamente) di far valere dieci, cento volte di più il voto di alcune persone universalmente riconosciute come meritevoli (sì, ma chi stabilisce il merito? si può ragionevolemente obiettare); comunque sia, boutade a parte, tocca proprio rassegnarsi a essere governati con questo sistema altamente imperfetto?

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  2. Luca, è possibile che esistano regimi migliori della democrazia rappresentativa (ad alcuni piace per esempio la demarchia di John Burnheim), ma si potrebbe parlare di una loro introduzione, nel migliore dei casi (e comunque senza garanzie di far meglio di adesso), solo nel lungo o lunghissimo termine; e come diceva Keynes, nel lungo termine siamo tutti morti. Meglio cercare di far funzionare la democrazia che abbiamo.
    Il problema più immediato, comunque, non sta nelle regole democratiche ma nel fatto è che gente come Rutelli sembra ignara delle regole elementari della competizione politica, o comunque non ha nessun contatto con la realtà sociale dell'elettorato. Purtroppo il sistema ingessato in cui ci troviamo impedisce un rapido ricambio delle elites, che dopo queste performances sarebbe davvero dovuto. Qui il massimo della novità sembra essere Mario Adinolfi, cioè il peggio del vecchio ma con meno anni...

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  3. C'è un dramma che non riesce spesso a passare: confondere la Binetti come rappresentante dei cattolici all'interno del PD. Bisognerebbe chiederlo ai cattolici se si sentono rappresentati da lei e dal suo movimento in bilico tra setta (vedi commissione parlamentare belga del 1998 - se vuoi ti do i riferimenti) e massoneria.
    A pensar male verrebbe da immaginare che a chi l'ha scelta, interessi tenersi buone le finanze e la protezione dell'Opus dei...
    Cinque anni all'angolo faranno bene. Il problema è che verrà ricandidato di nuovo lui, temo.

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  4. Giuseppe, ma perchè non ti rilassi e ragioni un pò? Se i "sinistri" del PD, fanno la corte ai cattolici, avranno i loro motivi, si saranno fatti due conti....pensi di saperne più di loro? Hai mai fraquentato "la pubblica piazza"? Hai visto chi sono "gli italiani"? Hai mai calcolato il loro Q.I.? NON ESISTE UNA MAGGIORANZA LAICA, mettiti il cuore in pace.....quello che potrebbe esistere è una sinistra che picchia contro i poteri forti: finanza, banche, ecc, che sono i nostri veri padroni....ma la sinistra non lo fà!! viene meno al suo compito! Perchè? Semplice, perchè senza il placet dei poteri forti, non si governa....

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  5. I tuoi "diritti", caro Giuseppe, agli italiani non interessano....e in questo dimostrano di essere più saggi di te & company.....perchè sentono istintivamente che l'importante NON E' IL MATRIMONIO TRA FINOCCHI O LE LINEE GUIDA DELLA LEGGE 40!! Prego, giusè, basta demagogia!!!

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  6. Anonimo, non hai capito praticamente nulla di quello che ho scritto.

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  7. "Alemanno sarà probabilmente un sindaco peggiore di quanto lo sarebbe stato Rutelli da quasi ogni punto di vista, è vero."

    Non è detto. Io sono per l'alternanza politica soprattuto nei casi in cui una parte politica mette le radici per più di 15 anni. Rutelli ormai si era fatto la sua mafietta locale e appaltava ad amici e alla moglie senza concorsi pubblici buttando soldi in manifestazioni per accontentare i suoi amichetti attori della roma bene, senza rendersi conto che strade e metro stavano crollando.
    Io credo che questa batosta rappresenti aria fresca per roma.
    E comunque per quanto estreme siano le posizioni di Alemanno (e ormai non lo sono più) è pur sempre un sindaco che deve render conto al consiglio comunale e alla costituzione italiana.
    Le paure sollevate stupidamente da Rutelli e co. sono infondate e non sono servite a nulla.
    Ah dimenticavo Alemanno è grande amico di Capanna ed è anti-OGM, ma questa è un'altra storia.
    ;)

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  8. Pensare che Alemanno sarà un buon sindaco solo perché è anti-ogm ha qualche neurone che gli circola nel cervello è un po' azzardato. Chi l'ha detto che l'alternanza è un valore in sé? Lo abbiamo visto in questi ultimi decenni, su un tema a caso: la destra fa aumentare il debito pubblico e la sinistra lo risana, poi torna la destra che lo fa riaumentare e la sinistra lo risana (e a forza di risanare perde sempre più voti).

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  9. "Pensare che Alemanno sarà un buon sindaco solo perché è anti-ogm ha qualche neurone che gli circola nel cervello è un po' azzardato."

    Anonimo rileggiti il mio commento perche' non ne hai capito il senso.

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  10. Ma non è più semplice pensare che le elezioni amministrative di Roma, tipicamente, siano decise soprattutto dagli interessi di certe categorie imprenditoriali fortemente legate ai traffici locali?

    ...e in particolare a quelle dell'edilizia (i famosi "palazzinari"), dei servizi pubblici appaltati al privato (vedi il giro delle cliniche private e quello delle mense), e della distribuzione editoriale?

    Non so, io ci ho vissuto e l'impressione è quella, anche se ormai si tratta di parecchi anni fa.

    Lisa

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  11. Lisa, questi interessi ci sono e sono forti, è vero, ma direttamente non controllano moltissimi voti: non siamo a Corleone. Per quello che ne so possono difendere i loro interessi o con i contributi ai candidati (ma non mi è sembrato che la campagna di Rutelli fosse meno finanziata di quella di Alemanno) oppure facendo leva sui mezzi di comunicazione - e anche qui, non è che tutti i giornali e le tv fossero compatti dietro Alemanno. E' noto peraltro che Rutelli e Veltroni non fossero propriamente nemici dei palazzinari, anzi... Quindi quello che dici tu può dar conto del perché ci siamo ridotti al ballottaggio fra questi due candidati, ma non del perché abbia vinto uno piuttosto che l'altro.

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  12. Premessa: se uno come Rutelli è riuscito ad essere un buon sindaco (così dicono a Roma, mi pare), non vedo come non possa riuscirci perfino Alemanno.

    Per quanto riguarda il post è tutto sicuramente sensato, ma credo che il problema di fondo sia la credibilità: Rutelli non è credibile, ma nemmeno un po', né all'interno del suo ambiente né all'esterno. Alemanno invece un minimo di credibilità ce l'ha, per lo meno tra i suoi.

    Il dramma vero è che uno zero assoluto come Rutelli, uno che davvero nella vita reale molto probabilmente sarebbe un fallito totale o perlomeno lo scemo del villaggio, resta sempre e comunque a galla: si parla di lui come di vice-presidente del senato, o gli affideranno qualche presidenza di qualche commissione... per non parlare del fatto che sarà sicuramnte ricandidato. Questo è il punto, questo...

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