Come è nata la legge del 2004 sulla amministrazione di sostegno e quali scopi si prefiggeva?
È nata sull’orlo della legge 180 (1978). Noi civilisti ci siamo chiesti quale impatto avesse questa legge, e abbiamo scoperto che ce ne erano molti discutibili.
Uno di questi è che l’interdizione – come risposta per tutelare i soggetti deboli – è superata, eccessiva, fascista. Ci vuole una risposta più morbida e gentile. Ho deciso di buttare giù questo progetto di legge (era l’estate 1986), anche tenendo conto di quanto accadeva fuori dall’Italia.
Dopo pochi anni va in Parlamento, e dopo 15 anni di discussione nel 2003 viene approvata all’unanimità.
La legge sull’amministrazione di sostegno ha un spirito antipaternalistico?
Sì. L’interdizione è una risposta assoluta e totale. L’ideologia del legislatore era: o sei sano o sei malato. Se sei malato non puoi che esserlo “completamente”: psicofarmaci, docce fredde, camicie di forza e interdizione. Non esistono vie di mezzo. Questa è una logica manichea. L’interdizione ti proteggeva ma in cambio della tua esistenza: chi è interdetto non può quasi ordinare un caffè! Se sei scemo puoi esserlo solo del tutto. In cambio ti salverò, ma tu mi darai la tua anima. Una cosa è proteggere, però, un’altra è togliere i diritti: si può proteggere una persone senza toglierle i diritti – se non quando è strettamente indispensabile, quando è chiaro che ci sarebbe un uso autodistruttivo. A parte questi estremi, non si dovrebbero privare le persone dei propri diritti. La legge del 2004 non toglie nulla, ma aggiunge. L’interdizione invece ti toglie tutto in cambio di protezione.
L’amministratore di sostegno fa alcune cose al tuo posto: volta per volta si stabiliscono le condizioni. Non è un pacchetto prefigurato e valido per tutti, ma dal basso, caso per caso si valutano necessità e bisogni.
Quali aspetti dovrebbero essere chiariti o discussi per far sì che la volontà di una persona sia rispettata anche quando quella persona non è più cosciente?
Da un punto di vista generale ci sono molte garanzie: la convenzione di Oviedo, molte dichiarazioni internazionali, l’articolo 32 della Costituzione. Il quadro è già molto eloquente. Cosa aggiunge la legge 2004? L’articolo 408 ha previsto la possibilità di designare, da parte dell’interessato, il suo futuro amministratore di sostegno. Il giudice deve accertare quale sia il più adatto. E l’indicazione dell’interessato è centrale. La sua opinione non sarà vincolante rigidamente: nominare Adolf Eichmann, ovviamente, può suscitare dei sospetti (e la conseguente non vincolatività della suddetta indicazione). Il beneficiario può anche dare indicazioni orali. Non vorrei esaltare la dichiarazione formale e scritta. Anche in assenza di una dichiarazione scritta si deve cercare di ricostruire la volontà e i desideri di una persona, dalla sua vita, dai libri che leggeva, dalle scelte. Anche chi è in coma parla.
Quando abbiamo discusso questa legge nessuno pensava alle situazioni su cui si è espresso il giudice Guido Stanzani (anche se questa non è una assoluta novità): si pensava più a scenari patrimoniali. Ma molte richieste sono state di tipo sanitario, anche se non lo avevamo immaginato. L’amministratore di sostegno, ad esempio, è un figura importante per le situazioni in cui una persona arriva al pronto soccorso in condizioni critiche: non tali da giustificare un intervento automatico e immediato del medico in base all’articolo 54 del Codice Penale (stato di necessità), ma tali da non poter procedere ad un consenso informato, perché magari il paziente è confuso o momentaneamente incosciente.
In attesa di parlare e decidere con il paziente, il medico può avere alcune indicazioni preziose da parte dell’amministratore di sostegno. I casi più tipici sono gli incidente stradali.
Quali sono i punti irrinunciabili di una legge sulle direttive anticipate?
Il valore che deve avere quello che l’interessato esprime. Alcune indicazioni devono essere assolutamente vincolanti: quelle che non entrano in conflitto con nulla (per esempio la richiesta di non somministrare una aspirina o un altro trattamento sanitario). Ci sono poi delle richieste assurde che non possono essere eseguite: sparatemi o altre richieste simili.
Poi c’è una zona di incertezza: in cui le dichiarazioni sono orientative e importanti, ma non vincolanti al 100%, per esempio rispetto alla scelta di una terapia specifica oppure alla insorgenza di qualche controindicazione (una allergia ad un farmaco). Una legge sulle direttive anticipate aggiungerebbe alla legge sull’amministratore di sostegno indicazioni di questo tipo. E potrebbe sottrarre al giudice un potere che qualcuno giudica eccessivo: anche se, nonostante esistano giudici stolidi, la maggior parte è affidabile, attenta e rispettosa delle volontà e dell’interesse dei pazienti.
La chiave di volta della legge sul sostegno, la migliore garanzia, è la sua coralità, la sua trasparenza. Tutto ciò che il giudice fa è scritto, si può discutere, si può chiederne conto. Ogni scelta va motivata e spiegata. Anche il medico, se vuole contestare una richiesta del paziente, deve motivare le sue obiezioni, che saranno discusse da altri. L’onere di motivazione è molto importante. Protegge le persone.
Pensi che l’Italia avrà una normativa sulle direttive anticipate?
Sono sicuro di no. Anche la parte laica della destra è sotto pressione. Chi parla è la feccia. La spazzatura berlusconiana. Se si innescasse una logica un po’ meno becera, forse…
La possibilità attuale è di lavorare dal basso.
Proprio come nel caso di Stanzani. Con questa maggioranza se si prova a cambiare dall’alto ci si scontra contro un muro di impossibilità. Sono invece fiducioso sul movimento dal basso.
Sono stato seduto per molti anni sul bordo di un fiume e ogni giorno ho visto passare cadaveri. Il mondo sta cambiando in questo modo. Il dibattito è sclerotizzato nelle “alte sfere”. Dal basso i piccoli colpi di balestra, incessanti, stanno portando avanti un cambiamento. Rimane un guscio vuoto i cui contenuti sono cambiati. Una legge come questa scava giorno per giorno. Introduce principi irrinunciabili. Porta avanti e veicola la cultura dell’impegno e della solidarietà, del rispetto della volontà. Il percorso che si sta tracciando è importantissimo.
Un controdiritto (uso questa espressione fuori moda) che sposta le cose pezzetto per volta, giorno per giorno. Questa Italia è più forte di tutto, al di là delle contingenze televisive e del mondo elettorale e parlamentare.
La forza delle cose è l’elemento che mi lascia sperare. Questo aspetto femminile, selvaggio forse, ma concreto; non è una consolazione, ma una vera e propria rivoluzione, poco visibile ma inarrestabile.
Sono ancora fuochi sparpagliati, ma se li guardi insieme il bagliore è intenso.
(LibMagazine, 3 giugno 2008)
Davvero un ottimo lavoro Chiara! Non finirò mai di ringraziarti per la tua preziosa collaborazione.
RispondiEliminaMi domando perchè spaventa il cosiddetto potere del medico vitalista ad oltranza.... possibile tutto questo rosicare di certa filosofia cattocomunista che decide che il medico e il giudice devono giustificare e il paziente no? Come se in maniera tetica il paziente avesse il diritto di rifiutare persino un'aspirina solo perchè magari ha letto da qualche parte che gli può venire la gastrite... . La cosa più inquietante è che tutto questo florilegio di rivendicazioni di diritti sul proprio corpo la agiscano filosofi e pazienti (per lo più fobici o depressi) senza che nessuno abbia il coraggio di andare controcorrente.... perchè andare controcorrente, in questo mondo dove morire è uno scandalo, significa essere o fascisti o facinorosi o ottusi. Io rivendico il mio diritto di credere che scienza e coscienza non siano solo parole e che esista piuttosto che una etica e una morale, anche una deontologia che consenta ad ogni uomo di mettere con serenità la propria vita nelle mani di medici preparati e competenti che sappiano aiutarmi a condurre a termine la mia vita secondo la mia unica e irripetibile concezione di dignità.
RispondiEliminaE' con angoscia che sento filosofi e letterati sputare sul giuramento di Ippocrate. Solo chi lo ha avuto nel cuore ne riconosce la infinità umanità che lo permea e lo informa. Lo scalpore di casi aneddotici si alimenta proprio del blasfemo rinnegare un codice deontologico che poggia sul giuramento ippocratico.
Può non piacere che il medico abbia tutto questo potere. Si può discutere sulla poca professionalità e competenza di alcuni singoli medici.... Bisogna impegnare energie e fondi sulla preparazione della classe medica. Ma è necessario rinforzare l'idea che un medico, degno di questo nome, diventa homo hominis deus se conosce i suoi doveri e i suoi limiti.