Impronte digitali ai piccoli rom? «Non capisco tutto questo chiasso intorno all’argomento. Per noi è doveroso e normale. Noi lo facciamo regolarmente da anni». Ciro Cascone, pubblico ministero del Tribunale dei minori di Milano, smorza le polemiche sulla proposta lanciata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, esponendo la prassi milanese.L’intervista, a questo punto, potrebbe prendere una piega interessante: perché rilevare le impronte di un minore può avere un senso se si tratta, appunto, di identificare l’autore di un reato, come Cascone ci spiega; ma il senso si perde – o diventa drammaticamente un altro – se le impronte vengono prese a chi reati non ne ha commessi, e per giunta in base all’unico criterio dell’appartenenza etnica. Una violazione dell’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana talmente monumentale, da risultare quasi grottesca.
Davvero prendete le impronte agli zingarelli?
«Certo, lo prevede il codice di procedura penale. È una questione di identificazione di tutte i minori che commettono reati o che vengono denunciati. Questa procedura vale per i rom, per gli stranieri in genere e anche per gli italiani che non hanno documenti».
Ma Ciro Cascone sembra ignorare totalmente la sostanza della proposta governativa; eppure da giorni l’ometto del Viminale va sbraitando che quello che vuole è un censimento generalizzato. Né Enza Cusmai, che intervista il pubblico ministero, glielo ricorda, perdendo una buona occasione per informare i propri lettori. Del resto, lavorando per il Giornale, non di giornalista si tratta, ma tutt’al più di Giornalista...
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