Il decreto Milleproroghe scadrà il 30 giugno (prorogato al 29 febbraio 2009) e con esso il divieto di istituire banche private per il cordone ombelicale. Quale sarebbe la soluzione migliore alla polemica sulla conservazione del sangue cordonale?
La soluzione migliore in questo momento? Sarebbe già tanto se ci fosse una soluzione. Quella americana è la via da seguire. Non per esterofilia ma per pragmatismo. Sono di ritorno da Los Angeles, da un convegno dove ero l’unica italiana presente su oltre 500 partecipanti da varie parti del mondo, in cui si è parlato di cordone ombelicale e di trapianti nelle malattie onco-ematologiche. I dati emersi parlano da soli. Fino al 2006 negli Stati Uniti i trapianti di staminali cordonali erano 8mila; nel 2007 ce ne sono stati 10mila con una percentuale di successo del 63% per uso intra-familiare e del 28% per uso eterologo. A questo bisogna aggiungere la capillarità dell’organizzazione della rete di banche di conservazione che, se nel 2006 vedevano 300mila campioni privati di sangue cordonale conservati in banche di staminali, oggi sono circa 700mila passando per i 450mila del 2006, e i 600mila del 2007. Un dato in crescita che si attesta a rappresentare ormai il 4% delle nascite calcolate in un anno negli USA. Ma queste cifre di un successo medico scientifico sono il frutto di scelte politico economiche intelligenti, improntate al liberalismo e al progresso, che hanno visto nascere un rapporto virtuoso e sinergico tra banking pubblico e privato, così come stabilito dalle linee guida della Food and Drug Administration. Per quanto riguarda le scelte italiane, si devono fare alcune precisazioni. La prima e più importante scelta d’indirizzo deve essere quella di creare un sistema di qualità del servizio. Come farlo? Attraverso l’abolizione dei divieti ad operare per le banche private e la creazione contemporaneamente di un’Authority indipendente di settore che garantisca il rispetto di protocolli internazionali e qualitativamente elevati. La seconda è abolire il divieto di conservazione autologa e lasciare la facoltà a chi conserva di optare per la donazione qualora ci sia un paziente che necessita del trapianto, inserendo i dati del campione in un registro internazionale. Terza: favorire una campagna di informazione medica e scientifica, ma anche sociale, sulla conservazione così come sulla donazione. Quarta: aprire il mercato delle biotecnologie a un settore che potrebbe produrre risultati economicamente importanti, favorendo investimenti economici privati a favore della qualità e della capillarità del servizio. Quinta: tutelare con sistemi di intervento pubblico attraverso anche associazioni di settore, il bancaggio autologo per quelle fasce economicamente più deboli. Infine sesta: creare la rete di banche pubbliche che potrebbero gestire prioritariamente il servizio di donazione. Mi sembra una scelta pragmatica ed efficace.
A cosa serve conservare il cordone ombelicale?
A star bene. È una forma di assicurazione sulla vita che utilizza come bene la ricerca scientifica. Sono circa 70 le malattie curabili oggi con le staminali cordonali. Sono soprattutto le malattie del sangue come la leucemia linfoide acuta, la leucemia mieloide, le immunodeficienze e le talassemie. Uno dei vantaggi più grandi del sangue cordonale è la ridotta capacità di dare origine ad alloreazioni. I protocolli sulle modalità di trapianto delle cellule staminali per endovena prevedono una dose minima equivalente a 30 milioni di cellule mononucleate/Kg corporeo e una istocompatibilità di almeno 4/6 loci. I nuovi studi sui trapianti hanno dimostrato che un trapianto per endovena con almeno due unità di sangue cordonale garantisce un miglior attecchimento perché la cellularità (ovvero la concentrazione di cellule trapiantate) è un fattore determinante nella riuscita del trapianto così come l’immediata reperibilità del campione e la sua sterilità (ovvero la non contaminazione delle cellule trapiantate da parte di agenti infettivi). Studi recenti nell’impiego delle staminali per iniezione intramidollare diretta dimostrano un recupero più rapido del numero di cellule mononucleate e delle piastrine con un numero ridotto di cellule trapiantate in situ. La conservazione del sangue cordonale offre inoltre la possibilità di sviluppare indagini diagnostiche retroattive su patologie a carattere ereditario e/o tumorale. Altri protocolli in via di definizione e validazione riguardano l’espansione delle cellule staminali in vitro, il trapianto dopo ridotta chemioterapia, l’infusione di cellule selezionate
(Continua su LibMagazine, 30 giugno 2008)
Irene Martini è direttore scientifico di SmartBank.
una sola domanda: ma cos'è che ci terrorizza tanto in italia nei confronti del progredire della scienza?
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