giovedì 6 agosto 2009

Zichichi e l’equinozio

Ho la sensazione che Antonino Zichichi scriva meno di un tempo; e questo è un peccato, perché i suoi articoli costituiscono quasi sempre un piacevolo stimolo intellettuale. Prendiamo per esempio quello pubblicato ieri su Avvenire (quotidiano che già di suo è un’altra fonte generosa di riflessione, come ben sanno i lettori più fedeli di Bioetica): «Se la scienza nasce dal cuore della fede», 5 agosto 2009, p. 27, dove possiamo leggere queste parole:
Nasce così l’esigenza di conoscere la data esatta dell’equinozio di primavera che non può essere né in ritardo né in anticipo, rispetto alla data che indica il calendario. […] Oggi l’equinozio è sempre il 21 marzo e così resterà nei secoli grazie al calendario gregoriano, che tiene conto del terzo movimento della Terra [cioè la precessione degli equinozi, ndGR].
Chiunque ricordi le lezioni di geografia astronomica alla scuola superiore rimarrà un poco perplesso: l’equinozio di primavera (cioè il primo dei due giorni dell’anno in cui le durate del giorno e della notte sono praticamente identiche), infatti, non cade affatto sempre nella stessa data, e questa data, negli ultimi anni, è stata solo raramente il 21 marzo.
Per sincerarsene basta dare un’occhiata al sito dello U.S. Naval Observatory, dove c’è una pagina che elenca i tempi precisi in cui si verificano equinozi e solstizi: ebbene, dal 2000 al 2020 l’equinozio di primavera cade per diciannove volte il 20 marzo e soltanto due il 21, rispetto al Tempo Universale Coordinato (che equivale per quel che qui ci interessa al vecchio Tempo del meridiano di Greenwich); in Italia, dove siamo un’ora avanti, l’unica differenza è che l’equinozio si verificherà il 21 marzo anche nel 2011.
Diamo un’occhiata più da vicino, partendo proprio dal 2000. Da un anno a quello seguente, l’istante preciso dell’equinozio di primavera accusa un ritardo variabile, ma che in media sembra essere di circa 5 ore e 50 minuti (la variazione è sempre solo di pochi minuti). Dopo 4 anni, nel 2003, il ritardo accumulato porta l’equinozio a «sforare» al 21 marzo, ma l’anno dopo si ha un balzo indietro alle prime ore del 20 marzo e il ciclo, apparentemente, ricomincia. Apparentemente: perché a guardar bene l’equinozio non si verifica alla stessa ora di quattro anni prima, ma ha un anticipo di circa 45 minuti (il ritardo annuale rimane invece costante attorno a 5 ore e 50 minuti).
A questo punto il lettore più attento si porrà una questione: ma se ogni quattro anni il ciclo riprende spostato indietro di 45 minuti, questo vuol dire che anche lo sforamento al 21 marzo avrà un margine sempre più esiguo, e alla fine non si verificherà più; anzi finirà per verificarsi all’altro estremo, e avremo quindi equinozi di primavera il 19 marzo. In effetti, basta dare un’occhiata alla tabella per accorgersi che il 2007 è stato l’ultimo anno in cui l’equinozio – rispetto al Tempo di Greenwich – poteva verificarsi il 21 marzo (in Italia l’ultimo anno sarà il 2011). Una tabella più completa, per il periodo 1788-2211, ci conferma questa conclusione: il 2007 sarà per moltissimo tempo l’ultimo anno in cui l’equinozio di primavera si sarà verificato il 21 marzo; solo nel 2102 avremo di nuovo un equinozio in quella data, mentre dal 2044 potranno capitare equinozi anche il 19. Altro che «resterà nei secoli»...
La spiegazione di questo curioso fenomeno è in realtà molto semplice. Da un equinozio di primavera al successivo passano in media 365,2424 giorni; ma il calendario di giorni ne ha soltanto 365. La differenza media di 0,2424 giorni equivale a 5 ore e 49 minuti (le variazioni sono dovute al fenomeno della nutazione), ed è appunto questo che causa il ritardo dell’equinozio. Ogni quattro anni l’aggiunta del giorno bisestile fa ripartire il ciclo, ma non esattamente, dato che 5h 49m × 4 = 23h 16m, il che provoca l’anticipo di quasi 45 minuti che abbiamo visto. Il calendario gregoriano rimedia anche a questa discrepanza, sopprimendo il giorno bisestile negli anni divisibili per 100 (ma non per 400), come per esempio il 2100; ma ciò non può impedire che le date di equinozi e solstizi varino nel modo che abbiamo visto.
E Zichichi? Come ha fatto a sbagliarsi? Per prima cosa, tra il 1900 e il 1943 il 21 marzo è stata effettivamente la data più frequente dell’equinozio; Zichichi è nato nel 1929, e all’epoca è probabile che si ripetesse quasi sempre che la data era quella, senza andare tanto per il sottile. Ma soprattutto, allo scopo di semplificare il computo della data della Pasqua la Chiesa considera per l’equinozio di primavera una data fissa, che è appunto il 21 marzo, lasciando da parte la realtà astronomica. Probabilmente è questo che ha tratto in inganno il nostro autore (e non solo lui: nella cultura popolare la data che tutti conoscono è il 21); ma dal suo errore abbiamo tratto lo spunto per un ripasso di astronomia. Appunto dicevo che i suoi articoli costituiscono quasi sempre un piacevolo stimolo intellettuale...

6 commenti:

  1. casimiro6/8/09 18:00

    con un divulgatore scientifico così, ti viene voglia di divenatare talebano

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  2. con un cattotalebano così ti viene voglia di diventare divulgatore scientifico

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  3. Paolo Garbet7/8/09 01:59

    Da non perdere assolutamente:

    http://www.vialattea.net/odifreddi/zichichi.htm

    e anche:

    http://www.vialattea.net/odifreddi/zichichi2.htm

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  4. francamente quando ho visto zichicche speravo in qualche cosa di piu' succoso. Un'approssimazione di 1 giorno possiamo anche concedergliela.

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  5. Il problema non è l'approssimazione di un giorno, ma il considerare una data fissa quella che invece non lo è.

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  6. Il problema, Giuseppe, sta nel nucleo dell'articolo, la cui argomentazione in realtà è così pateticamente inconsistente da fare tenerezza. Cosa del resto implicita nel tuo commento...

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