venerdì 7 agosto 2009

Guzzanti non ha tutti i torti, ma io do ragione alla Carfagna

Va bene, lo confesso subito: l’argomento di questo post non è per niente (o quasi per niente) quello che vi aspettavate che fosse dopo aver letto il titolo. Ma quest’ultimo, lo giuro, è pertinente, come converrete anche voi alla fine.

Tutto inizia dall’articolo di Paolo Guzzanti, comparso sul numero in edicola di Panorama (12 agosto 2009, p. 73), a proposito della legge del doppio cognome. Già dal titolo, «Una legge inutile e furbastra», è evidente cosa pensa Guzzanti di questa innovazione; ed ecco le sue ragioni:
Che trovata, che modernità: un ritorno all’antico costume spagnolo di appiccicare il cognome della madre a quello del padre […]. La notizia è attendibile: dopo un accurato inciucio, l’Italia si prepara a varare una legge politically correct che, d’ufficio e senza opzioni di scelta, applicherà a ogni bambino il cognome della madre accanto a quello del padre. Conseguenza: quando la signorina Maria Rossi si sposerà con il signor Mario Bianchi, metterà al mondo un piccolo Giuseppe Rossi Bianchi il quale poi, caduto nelle pene d’amore per Albertina Verdi Colombo, metterà al mondo con lei Gian Marco Rossi Bianchi Verdi Colombo e così via. Questo scherzo potrà durare un paio di generazioni e poi ci vorrà un’altra legge per tornare come prima o magari assumere la matrilinearità o il sorteggio dei cognomi per i neonati insieme ai numeri del lotto.
In effetti, sulla stessa pagina di Panorama un altro articolo ci informa che la decisione sarebbe stata già presa, e che «non sarà una facoltà [cioè non sarà facoltativo, ma bensì obbligatorio] assumere i cognomi di entrambi i genitori. Una riforma che si limitasse ad attribuire la semplice facoltà difficilmente produrrebbe effetti concreti». Decisione infelice, sia perché inutilmente paternalistica – siamo così sicuri che gli italiani non adotterebbero con favore il doppio cognome? – sia perché potrebbero esserci ottime ragioni a indurre dei genitori, di comune accordo, a chiamare i figli con uno soltanto dei loro cognomi. (Per quanto riguarda invece la moltiplicazione dei cognomi temuta da Guzzanti, mi sembra difficile che la commissione che si sta occupando della questione non ci abbia pensato e non abbia ideato qualche semplicissima contromisura.)
Guzzanti, a quanto sembra, non gradirebbe comunque neppure una legge che lasciasse la più ampia libertà di scelta:
È una legge furbastra, quella del doppio cognome destinato a moltiplicarsi per quattro, otto, sedici, trentadue, fino all’intero elenco del telefono perché, in un momento in cui il femminismo è morto, si costruisce sulla sua tomba la finzione di uno Stato delle false pari opportunità che compensa con metrate, chilometrate di inutili cognomi le donne devastate dall’uso mercantile del loro sesso […].
Ora, che una misura di questo genere non possa neanche lontanamente sostituire la costruzione di un’uguaglianza sostanziale fra i sessi è pacifico; ma questo non autorizza il benaltrismo di Guzzanti. Io ho un metodo empirico per valutare la possibilità delle misure politically correct – che contrariamente a quanto si pensa, non sono sempre inutili e ridicole – di incidere concretamente sul costume: leggo cosa ne pensa la parte più retriva della società e della politica. Se l’opposizione a un provvedimento è isterica e apocalittica, allora quella misura tocca qualche interesse, anche solo simbolico, e non risulterà probabilmente del tutto inutile. Ebbene, il doppio cognome ha appunto suscitato reazioni di quel tipo: si veda cosa ne hanno detto in passato Luca Volontè, Marcello Pera e tanti altri.

Quella che ci vuole è dunque una legge semplice, non burocratica, che lasci la più ampia libertà, e su cui possibilmente non si debba perdere troppo tempo. Dobbiamo scrivercela da soli? Non è detto; di proposte in materia ne sono state presentate tante in Parlamento. Diamo un’occhiata. Troviamo alcune mostruosità normative (diffusissima, per esempio, la stramba ossessione di porre comunque al primo posto il cognome paterno), ma anche proposte di buon senso. Nelle due ultime legislature – non sono risalito più in là – mi pare che la proposta migliore sia il ddl C. 1551 della XV legislatura, «Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli», presentato alla Camera il 1 agosto 2008, e avente come primi firmatari l’On. Maria Rosaria Carfagna e l’On. Enrico La Loggia (sì, sono sorpreso anch’io). Consta di un solo articolo in cinque commi:
  1. L’ufficiale dello stato civile, sentiti i genitori, attribuisce al figlio all’atto della nascita il cognome del padre, ovvero il cognome della madre, ovvero entrambi i cognomi nell’ordine determinato di comune accordo tra i genitori stessi.
  2. In caso di mancato accordo tra i genitori, l’ufficiale dello stato civile attribuisce al figlio all’atto della nascita i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
  3. Ai figli successivi al primo, generati dai medesimi genitori, l’ufficiale dello stato civile attribuisce d’ufficio lo stesso cognome attribuito al primo figlio.
  4. Il cittadino cui siano attribuiti i cognomi di entrambi i genitori può trasmetterne al figlio soltanto uno, a propria scelta.
(Ometto il quinto comma, che si occupa del cittadino maggiorenne che vuole cambiare cognome.)
È quasi perfetto – evita pure la crescita esponenziale dei cognomi nelle future generazioni. Manca solo quello che potremmo chiamare l’emendamento Regalzi, che modifica il quarto comma in questo modo, tanto per coprire proprio tutti i casi: «Il cittadino cui siano stati attribuiti due cognomi può trasmetterne al figlio soltanto uno, a propria scelta; può trasmetterli entrambi solo nel caso in cui l’altro genitore rinunci a trasmettere il proprio».

Lo so: sarebbe meglio avere un paese senza doppio cognome, ma dove in compenso le donne che fanno carriera – fino alle più alte posizioni – non fossero troppo spesso quelle che hanno elargito favori sessuali a uomini potenti. So anche che si potrebbe fare qualche amara ironia su quel disegno di legge e su chi l’ha firmato. Ma siamo proprio sicuri che rinunciando all’uguaglianza nelle piccole cose si affretti l’uguaglianza in quelle grandi?

11 commenti:

  1. calimero7/8/09 17:51

    Sì, quello che più infastidisce è l'obbligatorietà di questo sistema, in un paese dove il cognome è per tradizione di linea paterna istituzionalizzare un doppio cognonismo obbligatorio è assurdo. Mi piacerebbe poi anche sapere se hanno previsto come poi uno dovrà firmare, insomma per perché la firma sia valida: uno dovrà mettere per forza il doppio cognome se ce l'ha oppure, come nel caso dei doppi nomi, basterà soltanto il primo?

    Non so vedo un po' come d'invadenza burogratica come quella pretesa di femminilizzazione della lingua che pretendeva di introdutte avvocata al posto di avvocatessa, perché l' -ess- è visto come una sorta d'insulto

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  2. il problema, a volerlo trovare, e' che di solito in comune ci va il padre, mentre la signora e' ancora degente. Quindi, in caso di contrasto, puo' tirare la fregatura (il che peraltro puo' accadere tranquillamente per il nome). Insomma sarebbe meglio una firmetta della signora, per quanto introdurre nuove procedure burocratiche sia fastidioso.

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  3. a proposito di burocrazia, cos'e' 'sta novita' della moderazione?
    (volevo scrivere cazzo e' ma poi non mi approvi il commento)

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  4. Ben detto Calimero, è l’obbligo che non lascia altre scelte a dare fastidio.

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  5. Paolo C: la moderazione non è una novità, c'è da quasi due mesi, se ricordo bene. E' successo che un commentatore si era lasciato un po' andare, inondando il blog di vaneggiamenti e insulti, e non c'è stato nient'altro da fare. Poi così la qualità dei commenti è più elevata... :-)

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  6. ah ok giuseppe, si vede che eran 2 mesi che non commentavo.

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  7. Che casino, sinceramente, con l'emendamento Regalzi. E immagino diventerebbe davvero un casino anche verificare ad occhio paternità e maternità per tutti gli ufficiali di stato civile sul suo italico, e per quelli ai Consolati.

    Francamente preferisco una legge precisa, che assegni i cognomi in modo rigido, in modo da non poter svicolare i controlli superficiali.
    Se necessario, con quote rosa: prima il cognome della madre, poi quello del padre.

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  8. Scusa, Billy, ma la situazionme attuale in che senso sarebbe migliore, visto che il minore al momento ha il cognome di uno soltanto dei genitori, e che con la riforma del doppio cognome avrebbe nel peggiore dei casi ancora almeno un cognome di uno dei due genitori (con o senza emendamento Regalzi, se ci riferiamo al ddl Carfagna)?

    Inoltre, per poter "verificare ad occhio paternità e maternità" ci vorrà comunque un documento del minore. Non sono un esperto, ma siamo sicuri che su un passaporto per minori non si debbano indicare i nominativi dei genitori, vanificando qualsiasi preoccupazione sulle conseguenze della futura legge?

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  9. Scusate credo di essere vissuto su Marte per alcuni anni perché questa cosa mi è sfuggita. Ma è un pesce d'aprile o sbaglio?
    La legge è stata approvata? Oh dio santo ma è una legge scandalosa!

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  10. Fabristol: no, non è stata ancora approvata, e non è un pesce d'aprile.

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  11. Due cognomi a me pare un ritorno al passato. Poi basta mettere il naso fuori casa che nessuno sa più dove finisce il nome e dove comincia il cognome, creando infiniti malintesi tra uffici in ogni parte del mondo (dove non si è obbligati a sapere che Finzi non è un nome proprio, ma Luigi sì, e dove i doppi nomi sono comuni almeno quanto i doppi cognomi). Nome e poi cognome: semplice, razionale. Fintio, punto.

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