lunedì 5 aprile 2010

Cota e Zaia, gli incostituzionali

La costituzionlista Tania Groppi, dell’Università di Siena, interviene autorevolmente sul problema delle competenze delle Regioni riguardo alla pillola RU486 («L’insostenibile leggerezza di Cota e Zaia», L’Unità, 3 aprile 2010, p. 19):
Le dichiarazioni di due neoletti presidenti di Regione che annunciano di voler bloccare la pillola abortiva Ru486 ci porta ancora una volta ad affrontare il rapporto tra politica e diritto. O meglio, tra una politica condotta a colpi di annunci clamorosi da parte di soggetti che si mostrano onnipotenti e le regole che ordinano la convivenza in uno Stato che deve, ancora e nonostante tutto, essere qualificato “di diritto”. Perché non sussiste dubbio che tale decisione esorbiti dalle competenze delle regioni, anche dopo la riforma costituzionale del 2001, che ha riconosciuto loro la competenza concorrente in materia di “tutela della salute”. La Corte costituzionale, interpellata a pronunciarsi su leggi regionali che miravano ad impedire l’utilizzo di una terapia “invasiva” come l’elettroshock, è stata chiarissima: stabilire il confine tra terapie ammesse e non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali, rientra tra i principi fondamentali di competenza dello Stato, in quanto tocca diritti – quello di essere curato efficacemente e di essere rispettato come persona – la cui tutela deve avvenire in condizioni di eguaglianza su tutto il territorio nazionale, di conseguenza, le regioni non possono intervenire direttamente sul merito delle scelte terapeutiche, in difformità da decisioni assunte a livello nazionale. Considerazioni di saggezza, improntate al rispetto della dignità della persona e dell’autonomia del medico, che si applicano perfettamente al caso della pillola Ru486, sulla cui ammissibilità si è già pronunciato, sulla base di considerazioni puramente tecnico-scientifiche, l’organo statale competente, ovvero l’Agenzia italiana del farmaco. Quel che le Regioni possono fare, in base alla normativa vigente, in quanto responsabili dei servizi sanitari nel proprio territorio, è dettare norme di organizzazione e di procedura, secondo quanto la stessa Corte costituzionale ha precisato. Ovvero, scegliere quali tra i farmaci ammessi possano essere inseriti nel prontuario regionale dei farmaci che si somministrano in ospedale, quando siano possibili più scelte alternative: cosa che evidentemente non può dirsi per la pillola Ru486 che, ad oggi, rimane l’unica opzione possibile per l’aborto farmacologico. Considerazioni queste che certo non sfuggono ai due presidenti di Regione. La loro decisione di intraprendere una via chiaramente impercorribile in termini giuridici ma remunerativa in chiave mediatica è un ennesimo preoccupante sintomo del degrado del dibattito politico e un richiamo alla vigilanza attiva di chi crede ancora nelle regole.
Le sentenze della Corte Costituzionale a cui si riferisce Tania Groppi sono, salvo errore, la 282/2002 e la 338/2003.

3 commenti:

  1. scusate, questo commento non è pertinente, ma voglio esprimere tutto il mio disagio di cittadino piemontese per essere rappresentato da un bifolco cafone ignorante baciapile come Cota. Nel contempo esprimo il mio orgoglio di essere di Torino, augurandomi che questa non cada nelle zampe dei lumbard. grazie per lo spazio. Giovanni

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  2. Io mi son fatta l'opinione che la leggerezza dei due neogovernatori sia stata quella di dichiarare, platealmente, le loro intenzioni.
    Il loro collega lombardo, da anni, persegue lo stesso fine, cioè rendere difficile l'accesso all'IVG -sia essa chirurgica o chimica-, svuotando di risorse economiche e professionali i servizi territoriali ed ospedalieri dedicati. Di fatto rendendo inefficiente la 194.
    Qui sta il punto.
    Faranno lo stesso in Piemonte e in Veneto, con buonapace delle lombardo-veneto-piemontesi.
    Di buono c'è che il turismo ne trarrà giovamento. :/
    Saluti

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