Lo scorso 25 febbraio, sollecitato da un quesito del deputato Udc Luisa Capitanio Santolini, al Comitato Nazionale per la Bioetica è stato chiesto di esprimersi riguardo alla possibilità per i farmacisti di fare obiezione di coscienza sulla cosiddetta pillola del giorno dopo, ovvero sulla possibilità di non vendere quei farmaci di emergenza «per i quali nel foglio illustrativo non si esclude la possibilità di un meccanismo d’azione che porti all’eliminazione di un embrione umano». Nel comunicato stampa diffuso tempestivamente dalla Presidenza del Consiglio si legge che «in merito al problema specifico all’interno del CNB sono emersi orientamenti bioetici differenti», tuttavia, «a fronte dell’ipotesi che il legislatore riconosca il diritto all’obiezione di coscienza del farmacista e degli ausiliari di farmacia, i componenti del CNB si sono trovati d’accordo che, nel rispetto dei principi costituzionali, si debbano considerare e garantire gli interessi di tutti i soggetti coinvolti, come generalmente previsto in situazioni analoghe. Presupposto necessario e indispensabile per l’eventuale riconoscimento legale dell’obiezione di coscienza è, dunque, che la donna debba avere in ogni caso la possibilità di ottenere altrimenti la realizzazione della propria richiesta farmacologia e che spetti alle istituzioni e alle autorità competenti, sentiti gli organi professionali coinvolti, prevedere i sistemi più adeguati nell’esplicitazione degli strumenti necessari e delle figure responsabili per la attuazione di questo diritto».
In linea di principio, dunque, il CNB riconosce al farmacista (e persino al suo ausiliario) il diritto di sottrarsi ai propri doveri professionali rimpallando allo Stato il dovere di garantire comunque l’accesso al farmaco da parte della paziente, in totale analogia con quanto già previsto per i medici nel caso dell’interruzione volontaria di gravidanza. Considerato il devastante impatto che il ricorso all’obiezione di coscienza ha avuto sull’applicazione della legge 194 (sono obiettori oltre il 70% dei ginecologi (con picchi dell’85% nel Lazio e in Basilicata), oltre il 50% degli anestesisti e circa il 43% del personale non medico (Relazione del Ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza Legge, 194/78 - Dati preliminari 2009, dati definitivi 2008) e l’importanza di assumere il farmaco il prima possibile (se il farmaco viene assunto nelle 12 ore successive al rapporto sessuale l’efficacia è di circa il 95%, si scende al 60% nelle 72 ore successive), c’è di che preoccuparsi. E dunque, seppure in attesa di poter leggere il documento del CNB (ora disponibile qui), non ancora disponibile nel momento in cui scriviamo, a dieci giorni dalla sua approvazione, cerchiamo di capire a cosa stiamo andando incontro.
Su Sapere di aprile.
Se per questo già adesso i farmacisti italiani fanno "obiezione di coscienza" sui farmaci generici...
RispondiEliminaIn italia è molto diffusa anche l'obiezione di intelligenza...
RispondiEliminaMa se domani fondo una religione che crede che i diabetici debbano essere condannati alla dannazione eterna, se poi apro una farmacia posso poi far morire di iperglicemia un diabetico che mi viene a chiedere l´insulina?
RispondiEliminaLa c.d. pillola del giorno dopo non mi pare assimilabile ad un farmaco abortivo (e pertanto motivare un oggettivo rifiuto alla vendita, per ostativa obiezione di coscienza verso la soppressione della vita umana).
RispondiEliminaLa pillola del giorno dopo, se di quella parliamo, ha il solo effetto di ritardare la discesa dell'ovulo... in modo tale da evitare la fecondazione. Se la fecondazione ci fosse gia' stata, non verrebbe annullata (come invece avviene con la famigerata ru, famigerata per la pericolosita' emorragica verso la donna che l'assume).
La pillola del giorno dopo e' quindi un contraccettivo, artificiale, al pari del profilattico, spirale, cd. pillola...
Quanto facciano bene... non sono in grado di dirlo, evitano sicuramente il diffondersi di malattie e di aborti.
cordiali saluti
francesco sirio
Stando a quello che riporti il CNB rappresenta un immenso esempio di schizofrenia civica, non tanto per le differenti posizioni che al suo interno vi si oppongono quanto per l'incapacita di riconoscere nell'attività di ciascuno quella componente che inerisce al dominio pubblico. In sostanza qui si apre una domanda gigantesca che forse sfugge ai 'bioetici', se il diritto di obiezione è un diritto individuale e quindi valgono sempre oppure è un diritto che vale sono in seno all'esercizio economico privato. Nel primo caso il diritto varrebbe per il farmacista privato e per quello che lavora presso le istituzioni che dovrebbero garantire il diritto della donna ad avere quello che chiede con evidente insanabile opposizione di due diritti. Nel secondo caso staremmo parlando di un diritto 'sui generis'. Ma queste sono sottigliezze che non preoccupano i 'bioetici', vero?
RispondiEliminaAnonimo, Paolo e Simone, già.
RispondiElimina(I farmacisti oggi fanno obiezione di coscienza per la contraccezione d'emergenza: violano la legge, possono essere denunciati; in pochi lo sanno forse, o comunque quando hai fretta e un problema da risolvere magari cerchi di concentrarti per trovare la soluzione).
Antonio, non esiste alcuna ragione sostenibile per permettere ai farmacisti (che peraltro hanno un monopolio: se non mi vendono il farmaco X dove vado? In una condizione in cui il tempo è importante ovviamente lo scenario della caccia al tesoro peggiora) di fare obiezione perché la loro coscienza si rivolta contro la contraccezione d'emergenza.
Il CNB non è nuovo a pareri strampalati e privi di argomenti razionali.
Già, conosco bene i pareri del Comitato, purtroppo!
RispondiEliminaVorrei sottolinerare che l´obiezione di coscienza prevede che si manifesti il proprio rifiuto di eseguire un data prestazione o un dato atto e che se ne assuma pure la responsabilita'.
RispondiEliminaSe sono contrario alla leva obbligatoria non compio obiezione di coscienza se scappo dal Paese (quella si chiama diserzione) compio obiezione di coscienza se mi presento alla chiamata alle armi e mi rifiuto di obbedire agli ordini.
I farmacisti che "spontaneamente" non vendono alcuni farmaci ad oggi si limitano ad infrangere la legge essendo certi dell´impunita'.
Simone, io sono d'accordo con te sulla interpretazione della obiezione di coscienza.
RispondiEliminaPurtroppo le leggi italiane hanno distorto questo significato e hanno eliminato la responsabilità del singolo che vuole seguire la propria coscienza. Nella legge 194 (così come nella legge 40) fare obiezione non comporta nessun incarico alternativo o compensativo.
Non hai voglia di fare IVG? Fai obiezione e fai pure carriera.
Obiezione è anche (era ai tempi della coscrizione obbligaotria) non presentarsi: era renitenza e come tale punita.
RispondiEliminaIl fatto che il CNB sia scavalcato da Francesco Sirio (commentatore qui) la dice lunga sull'approccio di questo comitato su queste faccende. Non si capirebbe bene, intanto, quale contrasto reale possa avere con la coscienza la materia in questione, se non in un'ottica in cui lo spazio della coscienza venisse allargato a dismisura in proporzione alle esigenze di normale coabitazione tra cittadini e di usufrutto dei servizi essenziali. Se il CNB dovesse usare metri di giudizio analoghi in tutte le materie cui dovesse venire sottoposto arriveremo al collasso della civile coabitazione. Ma sappiamo che questo non accadrà perché in realtà, si può intuire, al CNB interessa prevalentemente un certo tipo unico di sensibilità di coscienza, più insigne delle altre.
RispondiEliminaScioccante anche il pretesto: il foglietto illustrativo non esclude "la possibilità di un meccanismo d’azione che porti all’eliminazione di un embrione umano". Non lo esclude, ma non lo causa di certo nella stragrande maggioranza dei casi (se non addirittura mai).
Ma se anche fosse conclamato il meccanismo abortivo, all'oggi appena ipotizzato come non assolutamente escludibile (come nulla lo è in scienza), resterebbe abnorme che la coscienza potesse estendersi fino a contrastare, secondo la legge, con l'azione della mera vendita di un farmaco prescritto. E come dice Francesco Sirio, arriveremmo all'assurdo, in risposta ad una coscienza individuale sul farmaco, a rischiare di provocare potenzialmente un aumento delle probabilità di un futuro aborto, eppure verso la coscienza della diretta interessata a fronte di questa prospettiva il CNB non si premura di proferire parola.
Aggiungo ed elaboro. Dato che è probabile che il rischio di ottenere un aborto assumendo la pillola contraccettiva "del giorno dopo", in fase peraltro estremamente precoce dello sviluppo, è verosimilmente minore del rischio che verrà effettuato un aborto in una seconda fase, essendosi nel caso alternativo visti negare una pillola, mi domando: primo, che tipo di coscienza può legittimamente e positivamente inclinarsi a ciò; secondo, che tipo di razionalità ispira il CNB, il quale tiene conto esclusivamente del rischio non escludente da "foglietto illustrativo", e per nulla del rischio più realista della seconda ipotesi.
RispondiEliminaOrbene, si potrebbe obiettare che la prestazione di vendita del farmaco, nelle stesse intenzioni del CNB, verrebbe garantita e che l'intenzione dell'obiettore non è quella di indurre né evitare un aborto, ma solo di non partecipare al processo in itinere. Ma se il CNB sancisce che la partecipazione indiretta all'assunzione del farmaco, tramite la sola sua vendita, è sufficientemente coinvolgente da stridere con una coscienza pur se la effettiva operazione verrà compiuta dalla sola interessata, allora esso non può che stabilire che anche un eventuale aborto della donna, altrettanto calcolabile, è altrettanto partecipato dal farmacista (o ausiliario) obiettore. Questa obiezione la ritengo non rimovibile e quindi il parere del tutto privo di fondamento logico.
La illlogicita' della posizione del CNB si evince dal fatto che si restringe a una sola categoria.
RispondiEliminaIl farmaco in questione non e´ un emazione dell´attivita' lavoratiova del farmacista e´solo venduto dal farmacista, ma anche viene prodotto da altri e trasportato e resoi disponibile al farmacista da altre persone ancora.
Dobbiamo supporre che esista un diritto all´obiezione di coscienza anche per l´operario/a delle compagnia faramnceutica che produce il famraco o al fattorino/a che lo trasporta???
@ Simone
RispondiEliminaMi pare che fosse stata proprio una riflessione di Giuseppe ad essere stata svolta in tal senso, in un precedente post.
Ma ammettiamo per ipotesi scolastica che questo sia il primo di una serie di casi in cui la partecipazione passiva venga tramutata in attiva, per allargare a dismisura lo spazio della coscienza personale, fino ad arrivare un domani ad avere cittadini pacifisti cui sarà concesso di rifutersi di pagare le tasse per non partecipare a quella porzione di spesa pubblica destinata alla produzione di armi. Resterebbe comunque questa incoerenza logica interna: sulla base di un calcolo razionale, il farmacista si tramuterebbe in parte attiva di un processo orientato nel complesso a favorire quell'eventualità di aborto che si vorrebbe allontanare da sé. Né potrebbe farsi valere l'argomento che ciò non accadrebbe perché ci sarà un altro farmacista a scongiurare il rischio, vendendo il farmaco, perché nella previsione delle possibili azioni degli altri attori figura ovviamente, ma viene trascurata, l'eventualità che la richiedente in seconda battuta decida anche di non assumere il farmaco.
@ Paolo
RispondiEliminaNon mi pare convincente la logica per cui si dovrebbe non riconoscere l'obiezione di coscienza al farmacista per la pillola del girno dopo perche' si avrebbe un aumento del "rischio" di aborto, sia perche' questo andrebbe dimostrato nei fatti (e non abbiamo dati in merito) ma soprattutto perche' per il farmacista obiettore l´aborto non dovrebbe essere legale quindi e´fuori dai calcoli di un possibile comprotamente da adottare.
@ Simone
RispondiEliminaSulla prima faccenda, che non abbiamo dati in merito. Ritengo che si possa non accogliere l'obiezione operando banalissime deduzioni con i dati noti. Inoltre la carenza di quantificazione in questo caso discende principalmente da quell'affermazione sulla "non esclusione" dell'effetto abortivo, quantificazione certamente non incompatibile con lo zero assoluto ma che, casomai, dovrebbe essere a tutto detrimento di chi sostiene la tesi che sto opponendo (perché se io replico che la pillola non causa mai aborti, l'interlocutore non avrà alcun elemento quantitativo per replicarmi).
Detto ciò, possiamo senz'altro affermare che il rapporto tra nascite e aborti volontari è compreso tra quelli di quattro e di cinque a uno. Mettendo quindi da parte gli aborti spontanei, questo corrisponde ad una probabilità di aborto volontario di un embrione concepito all'incirca tra il 15% e il 20%.
È più che ragionevole prevedere che, essendo questa statistica comprendente in modo sostanzioso i figli nati da coppie che stanno cercando una gravidanza, la percentuale di propensione all'aborto volontario sarà probabilmente anche superiore tra le donne che concepiscono nel momento che non stanno nemmeno cercando un figlio. Ma ci accontentiamo qui tranquillamente di quel 20% come stima dal basso.
Orbene, sostenere che la pillola del giorno dopo causi aborti in più del 20% dei casi in cui viene assunta è ormai contrario alle conoscenze acquisite in materia: si tratterebbe altresì di un meccanismo pienamente competitivo rispetto a quello contraccettivo, quest'ultimo sì riconosciuto clinicamente e statisticamente e non, come effettivamente è ormai conclamato, assente o del tutto trascurabile nell'altro caso. Anzi, visto che il parere del CNB si vuol basare su quello che dicono i foglietti, allora l'assenza della dicitura "causa aborti" come meccanismo alternativo d'azione taglia per noi la testa al toro.
Sulla seconda parte: che il farmacista sia contrario all'aborto legale pare francamente irrilevante. Se sa leggere, saprà che in certe circostanze è legale e ciò è per noi quanto basta. L'obiezione non è un'obiezione alla legge, che sarebbe disubbidienza civile: l'unica questione eventualmente in gioco è la questione partecipativa e di coscienza.
Quindi, se secondo il CNB il farmacista aspirante obiettore è tanto accorto da potersi fare una stima a priori dell'effetto che può causare la sua azione di vendita del farmaco richiesto, pur rimanendo egli totalmente estraneo all'azione diretta di intervento sull'embrione che mai gli è mai stata richiesta, non potrà che essere ritenuto capace tale anche rispetto alla sua azione di non vendita del farmaco. A meno di voler sostenere, tra le tante, che sappia leggere cosa c'è scritto in un foglietto illustrativo ma diventi analfabeta se gli viene messo innanzi un testo di legge o uno studio statistico.
@ Paolo
RispondiEliminapremesso che stiamo discutendo giusto per amore di discussione essendo entrambi contrari al fattoc he la famrcacista sia permesso di obiettare,
non credo aver seguito il suo ragionamento sul primo punto (ma e´colpa mia), quello di cui dubito fortemtne e' che si possa a priopri determinare in risultato di un fenomeno sociale cosi complessom a evidentemente sbaglio
Sull´altro punto, certo che l´aborto e´legale, ma e´anche legale l´obiezione di coscienza dei medici e in alcune regioni il tasso di obiezione e´ "spaventososalmente" alto e mi pare evidente che i governo/parlamento si disinteressi altamente della questione (anzi e´ben contento), inoltre gia' oggi i farmacisti violeando la legge fanno "obiezione". Infine , non sfugge a nessuno che l´obiettivo ultimo dell´obiezione e dei suoi "promotori" (=Chiesa) non e´certo quella di lasciare la liberta' a chi vuole abortire ma quello che cambiare la legge, fine lecito ma che credo debba essere tentuno in considerazione quando si discute del problema.
@ Simone
RispondiEliminaPremessa: il CNB, se non altro, non asseconda una obiezione verso l'anticoncezionale, né dà legittimità alla posizione personale di ritenere di poter favore con l'obiezione l'incremento delle nascite. Afferma di guardare al rischio di causare un aborto. Lo dico sennò quello che dico non si capisce.
Riformulo il primo punto: sulla base del fatto che la probabilità che un embrione concepito da una ragazza che non sta cercando di rimanere incinta venga volontariamente abortito sia almeno, e probabilmente superiore al 20% (secondo me "ben" superiore), e del concomitante fatto che è del tutto inverosimile scientificamente che la pillola del giorno dopo provochi aborti dell'embrione con pari incidenza, si può comodamente dedurre che non vedersi per ipotesi concessa la pillola farebbe aumentare il numero di concepiti abortiti.
Sul secondo punto: è senz'altro vero, come dice, che la possibilità dell'obiezione già esiste per il medico. Ma in questo caso è l'intervento diretto del medico a procurare l'aborto. Quindi la partecipazione è diretta, è causale. In questo caso non si può certamente dire che un suo mancato intervento rischierà in qualche modo di far aumentare il numero degli aborti o l'inclinazione ad essi, non avrebbe senso dirlo e il mio ragionamento naturalmente decadrebbe.
Il farmacista, invece, col suo rifiuto di fornire la pillola può senz'altro ottenere tale effetto, in linea di principio.
Sono poi condivisibili le Sue osservazioni su cosa ci sia "dietro", ma il CNB dovrebbe essere chiamato ad esprimersi svolgendo ragionamenti razionali, di buonsenso e un minimo logici, privi di influenze esterne di carattere autoritario o dogmatico (come il qui discusso problema dell'accettabilità delle considerazioni sul male minore, che per buonsenso dovrebbe informare positivamente un comitato tecnico, a prescindere dal fatto che per alcune "filosofie" dogmatiche sia preferibile anche un male sproporzionato, al peccato). Vi sono persino persone "acculturate" che sono lì presumibilmente per questo stesso motivo, mantenere la discussione su piani neutri e razionali.
Esso dovrebbe correggere allora l'illogicità di chi vuole astenersi da un'azione per non procurare un effetto, se al contrario l'astensione stessa favorisce in principio quell'effetto. Altrimenti il CNB dovrebbe stabilire che è ammissibile che un anestesista possa astenersi dall'entrare in una data sala operatoria dove ci fosse un paziente più o meno grave, facendo al massimo posto ad un collega, perché egli afferma che non è escluso che l'operazione possa uccidere il paziente. La logica, per me, è esattamente la stessa, cambia solo la scala del quadro. Il fatto che l'anestesista "possa" affermare come legittima e sensata la sua posizione non la rende accoglibile solo per il suo essere stata formulata, ma deve essere valutata.