L’iniziativa è descritta da Claudio Cia lo scorso 5 giugno. Dopo alcune bizzarre premesse, tra cui le due selezionate,
Cia chiede:
- che i Servizi Sociali del Comune di Trento, individuati sul territorio casi di omogenitorialità singola o multipla, verifichino l’ambiente di crescita del bambino in considerazione dell’assenza di una figura materna o paterna, per deliberata scelta che sottende motivi di illegalità e la segnali immediatamente al Sindaco;
- che il Sindaco di Trento, ai sensi dell’art. 403 del codice civile «a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia», disponga immediatamente la collocazione del bambino in un ambiente che favorisca il suo pieno sviluppo umano «sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione» riferendo nel contempo all’Autorità Giudiziaria;
- che il Comune non sponsorizzi, patrocini o promuova in nessun modo azioni culturali orientate a confondere e a sminuire il significato e il valore del matrimonio tra un uomo e una donna e della famiglia eterosessuale.
Devono essere questi gli esempi di libertà di espressione che il ddl Scalfarotto intende difendere.
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