Le leggi contro l’aborto violano il diritto costituzionale fondamentale alla privacy. Questa è stata la motivazione della sentenza della Corte Suprema nel caso Roe vs Wade; da allora, era il gennaio 1973, negli Stati Uniti è legittimo ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza.
Ma circa un mese fa è stata firmata dal governatore del South Dakota una legge per consentire la possibilità di abortire soltanto nei casi in cui la vita della madre sia minacciata dalla prosecuzione della gravidanza. Stupri e incesti esclusi. Come con amaro sarcasmo sottolinea Edward M. Gomez, un giornalista del San Francisco Chronicle, agli stupratori è stato riconosciuto il diritto di diventare padri. E i padri che violentano le proprie figlie godrebbero di uno strampalato diritto di diventare al contempo padri e nonni della stessa creatura (che ne sarà del destino del nascituro e della volontà della madre, poco importa). I medici che infrangono il divieto rischiano fino a cinque anni di prigione. Un finanziatore anonimo ha donato un milione di dollari per la causa della restrizione legale dell’aborto.
Stati come il Mississippi, la Georgia, l’Ohio, il South Carolina, il Tennessee e l’Indiana sono pronti a seguire l’esempio del South Dakota, a formare una cintura di difesa della vita degli embrioni (gli Unborn Children; per chi ha il fegato: Unborn Victims of Violence Act of 2004) minacciati dall’aborto. Le foto dei sostenitori del governatore Mike Rounds, primo firmatario della legge, ritraggono spesso e volentieri bambini che sostengono cartelloni più grandi di loro e ostentano ringraziamenti a lettere cubitali per l’impegno a difendere della vita. Il messaggio veicolato dai fanciulli è all’incirca: “grazie governatore Rounds, noi abbiamo rischiato di non nascere, e in futuro sarà giusto che nessuno correrà questo rischio!”. Spesso le campagne ‘pro-life’ sono connotate da simili argomenti fragili e potenzialmente commoventi. Io non sarei nato, la vocetta flebile di un bambino roseo a rafforzare l’effetto emotivo.
Gloria Steinem ricorda che la maggioranza degli americani è a favore della libertà di scelta (‘pro-choiche’) e contraria alla gravidanza coercitiva, ma che questa non è ovviamente una garanzia sufficiente. Come la pensano i legislatori? La studiosa ha asserito che la libertà riproduttiva delle donne è un diritto inviolabile. E ha accusato la legge del South Dakota di renderle prigioniere politiche, forzandole a portare avanti una gravidanza di uno stupro, e di nazionalizzare il corpo femminile obbligandole a partorire.
In questi giorni è cominciata la raccolta delle firme per un referendum (Abortion ban foes gain steam, Chicago Tribune, 10 aprile 2006). Ne servono 17.000 entro il prossimo novembre. Per ora siamo ad un terzo. In bocca al lupo!
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