lunedì 15 gennaio 2007

Adotta un embrione, anche malato

L’Ufficio Stampa dell’Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII” rilascia un comunicato in data 13 gennaio 2007 dal titolo Primo embrione umano abbandonato accolto con successo.
Don Oreste Benzi ha rilasciato dallo Zambia la seguente dichiarazione:

Il nostro progetto di adozione degli embrioni umani abbandonati, in tre cicli diversi, ha sottratto dai congelatori spagnoli 8 piccoli cuccioli d’uomo ingiustamente prodotti in laboratorio, congelati e abbandonati dai loro genitori biologici.
7 di questi hanno potuto sperimentare il calore materno e l’amore di un papà solo per poche ore prima di salire al Cielo fra le braccia del Creatore con un nome, dato da chi li ha rigenerati nell’amore, che resterà loro per l’eternità.
Gioia grande per l’ottavo che invece sta crescendo nella pancia della nuova mamma adottiva.
È la prima volta che embrioni umani abbandonati vengono accolti non per avere un figlio ad ogni costo ma per dar loro una possibilità di vita e una famiglia che li ami per sempre.
Il nostro progetto prevede che tutti gli embrioni umani scongelati vengano trasferiti in utero, anche quelli considerati “non impiantabili”, cioè con meno del 50% di cellule vive, o col rischio di ammalarsi.
È un obbrobrio pensare di poterli usare per la ricerca, a maggior ragione ora che si sono trovate staminali simili nel liquido amniotico.
Facciamo appello al min. Livia Turco affinché dichiari subito adottabili i 2527 embrioni umani abbandonati in Italia, in attesa di una mamma e un papà, prima che per tanti di loro sia troppo tardi.
Ogni bimbo salvato è il sorriso di Dio sull’umanità.

Presidente Dell’Associazione Papa Giovanni XXIII
Don Oreste Benzi
(I corsivi sono miei.)

2 commenti:

  1. Benissimo: per voi i malati sono esseri umani di serie B. Non vale la pena proteggerli vero?
    A me sembra che adottare gli embrioni abbandonati sia un gesto d'amore e di cura. E spero che saranno altri e molti gli embrioni adottati.

    Marco

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  2. Ho scritto tre diverse risposte, sia all'articolo che al commento.
    Ma ripensandoci è meglio il silenzio.
    Le parole non sono abbastanza.

    Leilani

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