È difficile fare i conti con la richiesta di morte da parte di chi non sopporta più la propria esistenza, perché compromessa da una patologia incurabile e invalidante. È difficile emotivamente e umanamente. Perché si vorrebbe trovare una soluzione che non c’è.
Tuttavia questa difficoltà non dovrebbe essere usata per mettere in dubbio la legittimità della richiesta stessa. Giovanni Nuvoli ha chiesto di morire senza soffrire: di essere addormentato e scollegato dal ventilatore meccanico che simula il suo respiro. Il suo desiderio è assolutamente legittimo.
Dopo 14 mesi passati in terapia intensiva e mesi di attesa per avere un sintetizzatore vocale che gli permettesse di recuperare almeno in parte la possibilità di manifestare le proprie volontà, Giovanni Nuvoli è finalmente tornato a casa il 6 aprile scorso. Pochi giorni fa ha convocato alcuni giornalisti: ha ribadito il suo desiderio di morire e ha dichiarato di avere trovato un medico disposto a esaudire la sua volontà.
Nemmeno i dubbi circa la reale volontà di Giovanni Nuvoli, sebbene ora dissipati dalla recente dichiarazione, dovrebbero intaccare la legittimità della richiesta di morire (nelle condizioni in cui il morire è l’unica alternativa ad una caricatura di esistenza. Piergiorgio Welby diceva: “morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche”).
Accertare la volontà di morire può essere difficile, ma ciò non autorizza a considerare quella volontà inammissibile o, peggio, a turarsi le orecchie come in presenza delle Sirene.
Da un lato c’è la difficoltà, in generale, di valutare la capacità di intendere e di volere di quanti vivono una condizione patologica tanto drammatica (capacità aggredita dalla disperazione, dai dubbi, dal dolore) e le ulteriori complicazioni nel caso particolare di Nuvoli (la quasi impossibilità di comunicare senza il sintetizzatore e le insinuazioni sulle tendenze manipolatorie di Maddalena Soro, la moglie).
Dall’altro c’è la legittimità assoluta della richiesta di essere scollegato dal ventilatore meccanico e di essere sedato. Legittimità che poggia su alcuni principi che è difficile contestare. Che è immorale contestare. Primo tra tutti la libertà di decidere circa i trattamenti sanitari cui sottoporsi (o cui sottrarsi). Ogni cittadino ha la possibilità di rifiutare farmaci o terapie che giudica inappropriati. Ogni cittadino può decidere in base ai propri valori, alle proprie idee. Nessuno può obbligarlo, nemmeno in nome del “suo bene”; tantomeno in nome di un valore discutibile e non assoluto come la sacralità della vita. A questo si aggiunge la doverosità di alleviare le sofferenze di un paziente. Qualche volta l’unico modo per calmare il dolore è quello di indurre uno stato di incoscienza: la sedazione totale.
Nuvoli sta chiedendo qualcosa che ha il pieno diritto di chiedere. Sarebbe augurabile che si smettesse di ripetere cantilene insensate (“la vita è sacra”, “Nuvoli è strumentalizzato”, “questo è un omicidio”) e si cominciasse a rispondere ai tanti Giovanni Nuvoli con rispetto. Perché Nuvoli è malato, ma non è scemo. E perché meriterebbe il riconoscimento di un diritto, e non l’ipocrita pietismo di chi si sente detentore delle Verità e delle Soluzioni definitive.
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