Nella blogosfera un buon divulgatore di quelle posizioni è Massimo Zambelli, col suo blog Orarel: gli giovano, probabilmente, il mestiere di insegnante di religione da un lato (Orarel è in effetti un bell’esempio di blog concepito per continuare fuori dall’aula il dialogo con i propri studenti), e dall’altro l’essere stato a sua volta allievo di Giuseppe Betori, ora Segretario Generale della CEI, e di altri personaggi di spicco.
Zambelli è anche una persona a modo: qualche tempo fa ha usato espressioni cortesi nei confronti miei e di Chiara Lalli, pur con l’abisso che separa le nostre dalle sue opinioni. Certo, c’è qualche caduta di gusto (il link al sito del più lurido antisemita italiano è imperdonabile), ma insomma è possibile discutere con lui senza vedersi arrivare addosso una valanga di insulti violenti.
In un post pubblicato tre giorni fa, Zambelli cercava di situare la condanna delle unioni civili per gli omosessuali nel contesto del pensiero morale cattolico, prendendo lo spunto da un bell’articolo (bello non per lui, ovviamente) di Michele Serra sul Gay Pride di Roma («Orticolo di Michelle [sic] Serra», 16 giugno 2007). È un post rappresentativo di posizioni diffuse, come dicevo, e un suo esame critico avrà quindi – spero – un valore più vasto. Ne approfitterò anzi, a costo di una maggiore lunghezza (per questo il mio post è diviso in due: a domani la seconda parte), per articolare in positivo qualche argomento liberale.
Vogliono vivere insieme? Che lo facciano. Chi glielo vieta? Ma perché vuoi imporre a me di riconoscerli come sposi e genitori? Il pene è fatto per la vagina, l’uomo per la donna, il maschio per la femmina. Ogni società e Stato si sono aggregati a partire da lì, da quell’incrocio fecondo. Niente di ecclesiastico. Tutto molto darwiniano. Non c’è niente di più ingiusto che trattare in modo uguale cose diverse. […]Troviamo fin da subito il nucleo centrale del pensiero integralista: la derivazione naturalistica delle norme morali. Attenzione: qui la «natura» non è semplicemente il mondo naturale, come vuole l’interpretazione diffusa di questo principio (interpretazione che, benché errata, il magistero ecclesiastico non si cura quasi mai di correggere, per ragioni che mi riescono oscure), ma bensì un ordine razionale intrinseco al mondo naturale. Non si tratta di affermare, per esempio, che l’eterosessualità è naturale, mentre l’omosessualità sarebbe una creazione umana, ma invece di dedurre la finalità sottintesa dall’esistenza di due sessi anatomicamente diversi, e di dichiarare morale solo il comportamento che si accordi a quella finalità.
Questa derivazione sarebbe già dubbia se si concedesse l’esistenza di un creatore la cui razionalità fosse riflessa nella natura; ma crolla del tutto quando si pretende di farne un principio della razionalità autonoma. David Hume ha dimostrato che non è possibile passare da enunciati descrittivi a enunciati prescrittivi: dall’enunciato «il sesso maschile si adatta perfettamente a quello femminile» non deriva logicamente «è giusto che il sesso maschile si unisca solo al sesso femminile».
Zambelli è consapevole dell’obiezione: in un post precedente («Essere e dover essere», 9 maggio) scrive infatti
Si capisce che trovo dogmaticamente riduttiva la tesi di Hume per il quale dall’essere non si può dedurre alcun dover essere. Tesi sbrigativa e di comodo (capziosa). L’uomo parla e si esprime: ne derivano diritti e doveri culturali e sociali; mangia, beve e dorme con necessità vitale: ne derivano priorità politiche; prega e cammina: ne deriva la libertà di culto, di movimento e di autodeterminazione; si riproduce e ama...Purtroppo, dichiarare la tesi di Hume sbrigativa e capziosa non equivale a confutarla, ma soltanto a esorcizzarla a parole. L’argomento proposto da Zambelli non la riguarda: esso esprime soltanto la necessità che le nostre norme e i nostri valori abbiano a che fare col mondo reale. Nessuno perde tempo a interdire agli angeli l’atterraggio e il decollo dagli aeroporti principali, perché gli angeli non esistono (o comunque non pongono rischi alla navigazione aerea). Sarebbe bastato del resto aggiungere del tutto coerentemente alla lista «l’uomo ruba e uccide: ne deriva la legge penale» per rendersi conto dell’irrilevanza degli esempi addotti.
Le cose non cambiano invocando il darwinismo (sia pure ironicamente) o la nascita della società. L’evoluzione ci insegna – ma neppure da questo, ovviamente, possiamo trarre insegnamenti morali – che organi adibiti a certe funzioni possono essere riutilizzati per altre diversissime: le zampe del Pakiceto sono diventate le pinne della balena, le penne che servivano a isolare termicamente i dromeosauridi adesso aiutano gli uccelli a volare, etc.; né la selezione naturale ha eliminato nell’uomo e negli animali l’orientamento omosessuale (che pure mostra in modo abbastanza chiaro di essere determinato geneticamente). Quanto alle società e agli Stati delle origini – ammesso, e non dato, che ciò che è successo allora possa essere rilevante per i nostri problemi attuali – alla loro formazione hanno partecipato anche gli omosessuali, per esempio come sciamani (un ruolo fondamentale riservato in moltissime società ai transessuali), o come artisti, o come aedi, e naturalmente anche come comunissimi lavoratori e, perché no?, genitori.
Infine, la frase «Non c’è niente di più ingiusto che trattare in modo uguale cose diverse» suona come uno slogan vuoto, se non si specificano le differenze, e anche pericoloso: anche bianchi e neri sono diversi, o uomini e donne...
Chi vuole avere i privilegi (ma quali poi?) del matrimonio che si sposi, se è maschio e femmina. Matrimonio viene da madre. E tra due gay dov’è la madre, senza l’intervento obbligato di un esterno? Il paragone con chi è sterile non è valido perché qui l’impossibilità *matrimoniale* è congenita.Tralasciamo l’invito derisorio a sposarsi, e la successiva fallacia etimologica (con lo stesso ragionamento le donne non dovrebbero detenere proprietà, o comunque non potrebbero disporne in prima persona, visto che patrimonio viene da padre...), e veniamo all’argomento principale. Perché, esattamente, un’impossibilità costituzionale (mi permetto di interpretare in questo modo il «congenita» di Zambelli) dovrebbe contare di più di un’impossibiltà accidentale? La risposta che si dà di solito è che determinare la fertilità prima del matrimonio sarebbe, in questo secondo caso, un’azione invasiva; ma allora perché non permettere comunque di annullare le nozze, una volta certificata la sterilità? Il diritto canonico consente l’annullamento solo in caso di impotentia coeundi: questo non ci dice proprio nulla su quale sia veramente l’essenza del matrimonio religioso?
Ma soprattutto, perché è permesso il matrimonio tra coppie di ultracinquantenni, la cui unione si sa sterile con certezza già in anticipo? A questo si risponde quasi sempre che comunque le coppie eterosessuali di ultracinquantenni appartengono alla stessa categoria di quelle più giovani; senonché gli insiemi più ampi di cui fa parte l’insieme delle coppie di anziani eterosessuali sono virtualmente infiniti, e tra di essi c'è naturalmente l’insieme delle coppie sterili (che comprende anche le coppie omosessuali – pur con i necessari distinguo sulla presenza di figli esterni alla coppia). Ma se ciò che conta in un matrimonio è appunto la fertilità, allora – più che ovvio è tautologico! – sarà l’appartenenza all’insieme delle coppie sterili a essere davvero cogente. Chi sostiene il contrario rivela il pensiero occulto che a parole vorrebbe negare: che soltanto i rapporti eterosessuali – non importa se fertili o meno – hanno valore in sé.
Il senso primario del matrimonio civile, tra i molti che gli sono propri, è oggi in realtà quello di regolare la convivenza tra due persone legate da rapporti sessuali e affettivi, una delle quali sia economicamente dipendente dall’altra. Nulla di questa descrizione esclude che l’istituto si possa applicare anche agli omosessuali.
(1 – continua)
"c’è qualche caduta di gusto (il link al sito del più lurido antisemita italiano è imperdonabile)": certo pure il link al sito di Antonio Socci...
RispondiEliminaAnche i link ai siti di creazionisti, se non sono di cattivo gusto, tradiscono un rapporto non proprio sereno con la scienza.
RispondiEliminaRi-cito quanto scritto da Harriet Taylor e John Stuart Mill, originariamente riguardante il "posto" della donna nella società ma che si adatta perfettamente al tema ricorrente dei monologhi cattolici sull'argomento omosessualità:
RispondiElimina"Quando un pregiudizio che abbia una qualche presa sui sentimenti si trova ridotto alla spiacevole necessità di trovare delle ragioni, ritiene di aver fatto abbastanza col riaffermare lo stesso punto che è in discussione con frasi che fanno appello ai sentimenti preesistenti. [...] Noi neghiamo il diritto di una parte della specie di decidere per un'altra, o di un individuo per un altro individuo, che cosa sia la sua «propria sfera». La sfera propria di tutti gli esseri umani è la più ampia e la più elevata che essi siano in grado di raggiungere. In cosa consiste non può essere appurato senza una piena libertà di scelta."
Sono ansiosa di leggere la seconda parte...
Bellissima citazione: per "individuo della propria specie" si intendono tutti o solo quelli che ci piace? Perchè in questa citazione vedo benissimo difesa la dignità di ogni individuo della specie umana anche se nello stadio di embrione, o vogliamo cavillare se J.S.M. intendesse escludere qualcuno? (sul fatto che si tratti di individui della specie umana anche se non ancora - per qualcuno - persone, mi sembrava di aver capito che si poteva essere d'accordo....)
RispondiEliminaUn embrione non è un individuo né una persona.
RispondiEliminaUna domanda invece vorrei portela io: se non siete in grado di riconoscere la dignità di un essere umano completamente formato e già in grado di avere profondi legami sentimentali, un essere umano che prima di un "invertito" è il fratello o la sorella di qualcuno, è figlio, amico e parente di qualcuno, come potete pretendere di saperne riconoscere altrettanta in un individuo potenziale che non ha ancora un volto, un'intelligenza e una capacità di provare sentimenti e sofferenza?
RispondiEliminap.s.
RispondiEliminaquello stesso essere in potenza una volta concretizzato potrebbe rivelarsi proprio omosessuale.
In quel caso smetterete di difenderlo?
Perchè mi attribuisci di non riconoscere la dignità di una persona omosessuale? E perchè non mi rispondi sulla questione principale:hai, forse, "un pregiudizio che si trova ridotto alla spiacevole necessità di trovare delle ragioni, ritiendo di aver fatto abbastanza col riaffermare lo stesso punto che è in discussione con frasi che fanno appello ai sentimenti preesistenti"?
RispondiEliminaSu questo blog si è affermato più volte che essere umano e persona umana non coincidono ma che un embrione E' un individuo della specie umana(http://bioetiche.blogspot.com/2007/03/vita-umana-ai-posteri-lardua-sentenza.html)
Perchè allora la citazione non la si può applicare nel caso di un embrione umano, ovvero di un individuo umano in stadio embrionale?
Ti devo aver scambiato per un altro anonimo, my apologies :)
RispondiElimina(darvi un nome, così non si rischia la confusione?)
Secondo me non è applicabile per il semplice motivo che qui si parlava di "sfere di competenza", mentre un embrione all'inizio della sua vita è in un certo senso neutro. Non si sa ancora che cosa diventerà quando sarà un essere umano deambulante e in grado di prendere decisioni.
Qui il discorso era sulla libertà d'azione di un essere umano rispetto a un altro.
Ora si potrebbe parlare del fatto che se non si da la possibilità a quell'essere umano di passare dalla potenza all'atto non gli viene garantita alcuna libertà, ma fa parte di un altro discorso, quello in cui si cerca di determinare da quale stadio si comincia a parlare di "persona".
Ma che scema il nome ce l'avevi, solo che me lo dava bianco... t'avevo scambiato per tutt'altra persona errore mio
RispondiEliminaAnnarosa, nel post che indichi si parla di "(…) embrione umano [che a]ppartiene alla specie umana(…)"
RispondiEliminaIn questo senso è vita umana, non individuo (persona).
Stiamo parlando da un punto di vista filosofico o biologico? Spesso si fa confusione... Il concetto di persona, essendo filosofico, ha una definizione più complessa: a me la biologia sembra un terreno solido mentre la filosofia è un po' troppo "magmatica" per le mie corde.
RispondiEliminaIo vi dò una definizione tratta da dizionari online (scelti a caso con google) e non riesco a vedere come un embrione umano non possa essere considerato un individuo.
in|di|vì|du|o
s.m., agg.
1 s.m.singolo: organismo vivente considerato distintamente da ogni altro della stessa specie | biol., ogni organismo animale o vegetale che non può essere suddiviso senza che ne vadano perdute le caratteristiche strutturali e funzionali (De Mauro - online)
indivìduo: s. m.
ogni singolo essere organico, specialmente animale, preso come singolo rispetto alla specie (sapere.it)
indivìduo s.m.
essere distinto da ogni altro della medesima specie e formante un tutto che non può venir decomposto senza perdere le sue qualità distintive (dizionario-italiano.it)
p.s.
RispondiEliminacito anche gli autori di questo blog
(http://bioetiche.blogspot.com/2007/03/vita-umana-ai-posteri-lardua-sentenza.html)
Una mia personale illustrazione della questione delle "categorie" (coppie fertili, etc.):
RispondiEliminaImmaginiamo che un membro del Ku Klux Klan apra un bar "riservato a uomini con i capelli biondi". Potrebbe dire: "Ecco, vedete, non ce l'ho con i neri, il mio criterio di selezione non ha nulla a che fare con il colore della pelle."
Tuttavia, interpellato sulla questione se gli uomini dalla pelle bianca ma i capelli castani possano accedere al suo bar, quello risponde: "Eh no, quelli entrano, ma che c'entra, appartengono alla stessa categoria dei biondi!"...
Ecco, basta sostituire "coppie fertili" a "persone con i capelli biondi", "coppie eterosessuali" a "persone di pelle bianca" e "coppie omosessuali" a "persone di pelle nera".
Bellissimo esempio, Anonimo! Me lo sono subito annotato, per ogni futura evenienza... ;-)
RispondiElimina(Se aggiungi un nome ai tuoi commenti saprò anche a chi dare il dovuto credito.)
"a me la biologia sembra un terreno solido mentre la filosofia è un po' troppo "magmatica".
RispondiEliminaTi capisco.
La biologia non "inventa" ma si limita a descrivere o scoprire (numero di cellule, organi, sistema nervoso, ecc…). Quando si incomincia a interpretare, invece, iniziano i dolori.
Comunque, sembra che la nostra "biologicità", non avvezza alla filosofia, abbia un'opinione abbastanza scarsa nei riguardi dell'embrione/individuo (persona?), visto che nella maggior parte dei casi preferisce scartarli spontaneamente.
Pensi che sia lo stesso tipo di rapporto che ha con i bambini africani? Anche quelli campano poco, forse non andrebbero spese tante parole di pietà e solidarietà e pure tempo (quei fissati di medici volontari e missionari vari!...)per individui umani che la natura scarta spontaneamente a centinaia di migliaia!..
RispondiElimina"la natura scarta spontaneamente"
RispondiEliminaIl fatto che la natura non si ponga problemi morali è assodato. Nel caso specifico, però, dire che la fame in Africa sia solo un "prodotto" della natura è assolutamente fuori luogo.
Dico solo che tutta questa evidenza, cioè che l'embrione sia un individuo ( persona), non sia evidente affatto.
@annarosa
RispondiEliminaSenza offesa ma, tutto questo affannarsi per dimostrare, cavillando, l'indimostrabile (cioe' che un embrione sia da mettere sullo stesso piano di una persona "vera", come me o te), e' abbastanza ridicolo.
Una posizione di principio astratta e velleitaria (la tutela della sacralita' della vita innanzitutto, in ogni sua forma) che fa perdere di vista il bene degli uomini, delle donne e dei bambini che gia' esistono, vivono, provano sentimenti, in favore di "organismi" che forse un giorno potranno essere persone, e comunque solo se a volerlo saranno coloro che li hanno concepiti, e soprattutto colei che lo dovra' ospitare nel suo corpo e che lo dovra' allevare in seguito.
E per portare avanti questa battaglia "cieca", si fa leva sulle inevitabili ambiguita' di un vocabolario molto piu' antico delle questioni che si stanno affrontando, quando poi sappiamo benissimo quali sono i testi di riferimento che non si ha il coraggio di citare a sostegno delle proprie tesi.
(Ho visto argomentazioni ancor piu' sconcertanti, di un riduzionismo radicale, secondo i quali e' il "DNA umano" a rendere un embrione una persona).
in|di|vì|du|o
s.m., agg.
1 s.m.singolo: organismo vivente considerato distintamente da ogni altro della stessa specie | biol., ogni organismo animale o vegetale che non può essere suddiviso senza che ne vadano perdute le caratteristiche strutturali e funzionali (De Mauro - online)
Toh, mi sono appena strappato un capello e non ho perduto nessuna caratteristica strutturale e funzionale. Ergo, non sono un individuo.
E naturalmente hai omesso le varie definizioni della parola "persona", perche' quelle sono meno adattabili all'"individuo" embrione.
P.S.:
Faccio notare inoltre che il post di Chiara Lalli da te citato faceva appunto distinzione tra embrione e persona.
x Marcoz
RispondiEliminaIo non mi affanno...sei tu che rifiuta di vedere quello che hai sotto gli occhi! Infatti citi l'unica definizione su cui puoi fare un'obiezione (come ho spiegato sono definizioni prese a caso da vari dizionari online)..
E non mi sembra il riduzionismo ma la biologia a stabilire che è il Dna a stabilire quale organismo sia di una specie animale o vegetale un altra! Senza offesa, un ripassino in biologia ti servirebbe..
Difendere la vita umana nascente non è certo in contrasto con il difendere la vita di chi è già nato, perchè affermi il contrario? Hai idea di cosa faccio io per le persone nate, come le tratto se mi dedico al volontariato, se sono una sadica o altro? NO, quindi non giudicare quello che non conosci o rischi (?) di comportarti da persona piena di pregiudizi.
E poi, cosa c'entra con questa discussione?
Non sono Marcoz.
RispondiEliminaE ti ripeto che il fatto che esista un termine la cui definizione possa includere allo stesso tempo un embrione e un uomo non implica che siano la stessa cosa, o che da questo fatto ne discendano gli stessi diritti.
Esistono differenze evidenti, palesi, incontrovertibili tra un embrione e una persona, differenze che tu ignori o fingi di ignorare. Tu parli genericamente e astrattamente di specie umana, vita umana, organismo col DNA umano. Io ti parlo di uomini, donne, bambini, persone.
E non mi sembra il riduzionismo ma la biologia a stabilire che è il Dna a stabilire quale organismo sia di una specie animale o vegetale un altra! Senza offesa, un ripassino in biologia ti servirebbe..
Ti servirebbe leggere meglio invece, cosi' non sbagli il nome del tuo interlocutore e afferri cio' che ti sta dicendo:
(Ho visto argomentazioni ancor piu' sconcertanti, di un riduzionismo radicale, secondo i quali e' il "DNA umano" a rendere un embrione una persona).
Difendere la vita umana nascente non è certo in contrasto con il difendere la vita di chi è già nato
Lo e' se serve a frenare la ricerca, ad esempio. Lo e' nel momento in cui quella "vita umana nascente" diviene piu' importante di quella della persona senza la quale, quella "vita umana nascente", non diventerebbe mai un bambino o una bambina.
x joe silver
RispondiEliminami scuso per l'errore di persona.
"il fatto che esista un terminela cui definizione possa includere allo stesso tempo un embrione e un uomo non implica che siano la stessa cosa, o che da questo fatto ne discendano gli stessi diritti."
E' un bell'esercizio di capziosità!
Forse non sono la stessa cosa, forse sì ma non conta...
"Tu parli genericamente e astrattamente di specie umana, vita umana, organismo col DNA umano. Io ti parlo di uomini, donne, bambini, persone."
Basta aggiungere alla lista "embrioni" e parliamo di casi concreti tutti quanti! Perchè, un embrione non è concreto? Ha il suo bel corredo genetico completo e tutto quello che gli occorre per continuare a svilupparsi....
E' un individuo completo della specie umana non completamente sviluppato; definizione che si può adattare anche a un/a bambino/a che non ha ancora raggiunto la maturità sessuale quando un qualunque essere vivente raggiunge il pieno sviluppo.
Prima sono tutti individui in diverse fasi del loro sviluppo.
"E' un bell'esercizio di capziosità!
RispondiEliminaForse non sono la stessa cosa, forse sì ma non conta..."
Ma quale capziosita'. Ma come si puo' solo pensare che siano la stessa cosa? Un uomo e una mosca rientrano entrambi sotto la generica definizione di essere vivente: per questo motivo sono la stessa cosa?
Basta aggiungere alla lista "embrioni" e parliamo di casi concreti tutti quanti! Perchè, un embrione non è concreto? Ha il suo bel corredo genetico completo e tutto quello che gli occorre per continuare a svilupparsi...
Aggiungiamo le mosche e le lattughe, allora. Perche' vuoi tener fuori le mosche e le lattughe? Non sono forse concreti? Hanno il loro bel corredo genetico completo e sono gia' belli e sviluppati, al contrario dell'embrione.
E' un individuo completo della specie umana non completamente sviluppato; definizione che si può adattare anche a un/a bambino/a che non ha ancora raggiunto la maturità sessuale quando un qualunque essere vivente raggiunge il pieno sviluppo.
L'embrione non e' persona: non e' senziente, non soffre, non gioisce, non pensa, non comunica... prima di ogni altra cosa perche' non puo' farlo, perche' non ha nemmeno le strutture per farlo! E non le ha mai avute... giusto per prevenire l'obiezione, solita, che mi aspetto: "ma anche i comatosi non pensano e non provano nulla" (forse)
Annarosa, ho l'impressione che per essere una persona che non sente nelle proprie corde la filosofia, come hai precedentemente dichiarato, tu ne faccia un uso abbondante. Chiariamo, non c'è nulla di male in questo e, sostanzialmente, non c'è nulla di male neppure nel considerare un embrione già una persona, se lo usi come tuo personale punto di riferimento. Però, questa posizione, per una serie svariata di motivi già ampiamente elencati, non è supportata dall'evidenza; anzi, l'evidenza è che materialmente l'embrione non risponde ai requisiti con i quali definiamo la persona.
RispondiEliminaAlcuni pensano che la persona abbia inizio quando avviene la fecondazione (forse, la sentenza inappellabile di un disegno del… destino?). Bene. Altri, invece - oltre all'evidenza contraria di cui sopra-, sono dell'avviso che la fusione tra uovo e spermatozoo sia condizione necessaria ma non sufficiente perchè si determinino nuovi individui. Come dice bene Joe Silver (che, tra l'altro, ha la fortuna di non essere me), non dobbiamo dimenticare "coloro che li hanno concepiti [desiderandolo, aggiungo io], e soprattutto colei che lo dovra' ospitare nel suo corpo e che lo dovra' allevare in seguito".
Credo che un qualunque razzista bianco dell'Alabama userebbe gli stessi argomenti (parlare di "accidenti" e non di "sostanza" - mi tocca fare la filosofa, alla fine!) per dire che, sì i niggers possono essere qualificati esseri umani ma, non avendo la pelle bianca non possono essere detti proprio persone...
RispondiEliminaLa capacità di provare sentimenti, comunicare, soffrire non sono una caratteristiche specifiche che determinano l'"umanità" di un individuo umano...io lavoro nella riabilitazione e vi assicuro che molte persone gravemente handicappate non hanno queste caratteristiche più sviluppate rispetto a un cane, ad esempio: vogliamo dire che non sono persone perchè "non e' senziente, non soffre, non gioisce, non pensa, non comunica... prima di ogni altra cosa perche' non puo' farlo, perche' non ha nemmeno le strutture per farlo! E non le ha mai avute."?
a joe silver, questa volta proprio lui, rilancio l'invito a ristudiare un po' la biologia o a leggere meglio quello che scrivo: tra essere vivente (lattuga compresa) e essere umano io vedo ancora qualche differenza (e il Dna ce lo può dimostrare, credo)..
Quanto al fatto che siano "ben sviluppati" mosche e lattughe ribadisco che neanche un lattante è "ben sviluppato"... e certi handicappati gravissimi sebbene sviluppati al massimo sono molto, molto "carenti"...allora possiamo farli fuori?
a marcoz
Rispettare un embrione o un feto non vuol dire mancare di rispetto a chi li ha concepiti! Vuol dire allargare la capacità di rispettare ad altri...esattamente come è successo in Alabama..
L’embrione è un aggregato paucicellulare, e non potrà essere promosso al rango di individuo soltanto perché si continua a ribadire aprioristicamente un tale concetto, senza preoccuparsi di corroborarlo con niente altro se non una interpretazione molto soggettiva del principio di precauzione ed alcune bolle papali che, dal nostro punto di vista, possono tornare utili soltanto per l’igiene intima. Siamo però dispostissimi a tornare sui nostri passi qualora ci venisse indicata una qualche caratteristica sostanziale, una proprietà posseduta dall’embrione che ne rendesse obbligatorio decretarne l’appartenenza “alla grande famiglia umana”, come diceva un tale che avevamo, troppo affrettatamente, eletto a nostro maestro. E che, purtroppo, non ci ha risposto quando gli abbiamo chiesto in base a cosa sia possibile affermare che i tizi che incontriamo per strada e noi stessi che ci guardiamo allo specchio ed i nostri “fratelli” embrioni si appartenga tutti alla famiglia degli uomini e non a quella degli alberi o dei sassi.
RispondiEliminaO delle bertucce…
"Rispettare un embrione o un feto non vuol dire mancare di rispetto a chi li ha concepiti"
RispondiEliminaNon è una esclusiva questione di rispetto, Annarosa.
Il ruolo del genitore, di chi desidera, cerca un figlio (anche attraverso gli strumenti della fecondazione assistita) o fa sua l'eventualità che gli si presenta, contribuisce a dare "significato" all'embrione e a collocarlo nell'ambito di un "progetto" consapevole; progetto senza il quale l'embrione resta quello che è: una mera sostanza biologica.
Mi dispiace, ma che sia qualcuno che con una sua scelta decreta la "significatività" di una vita umana è un concetto molto pericoloso perchè fa dell'arbitrarietà del più forte un criterio per decidere della dignità e vita altrui.
RispondiEliminaRipeto, semplicemente, che un individuo biologico con DNA umano (qualità "sostanziale") è un essere umano, tante o poche cellule lo compongano(qualità "accidentale"). Riconoscerlo come persona è un passo sicuramente culturale e non scientifico (per la scienza non ci sono dubbi su quanto affermo, o avete testimonianze in contrario?) che non tutti sono ancora in grado di fare. Speriamo che le genarazioni future facciano un passo avanti ed estendano anche a tutte le fasi dell'uomo lo status di persona come nel passato è stato fatto a tutte le "razze", al sesso femminile e ai bambini.
Ho detto "contribuisce" e non "decreta", la differenza è sostanziale e non ho usato il verbo casualmente. Chiaramente, io parto dal presupposto di qualcosa che non c'è: la persona, appunto.
RispondiEliminaRiguardo al riconoscimento dell'"essere umano" (ché qui nessuno nega che l'embrione lo sia, ma inteso come "natura umana"), trovo curioso un fatto: tu utilizzi le conoscenze scientifiche per affermare, giustamente, che l'embrione ha DNA umano, è biologicamente umano eccetera; poi, ignori la scienza quando ti dice che questa "unità" biologica non ha nessuna delle caratteristiche che lo possono assimilare al concetto di persona, se non le potenzialità. Usi i dati di fatto solo quando si adeguano al tuo sentire?
Io non posso, e non voglio, convincerti a non vedere una "persona" nell'embrione, ma vista la situazione oggettiva, credo che sia un tentativo fallimentare cercare di convincere me del contrario.
"Speriamo che le genarazioni future facciano un passo avanti".
Fare un passo in avanti culturalmente, per me, significa alzare il livello della consapevolezza delle proprie azioni e non omologare il pensiero di tutti (se è questo che intendi) a un concetto opinabile.
Chi può ancora affermare che gli integralisti cattolici che si agitano intorno a noi siano soltanto dei bigotti ignoranti e senza cultura? Ecco che, a distanza di circa cinquant’anni dall’articolo fondamentale di Watson e Crick comparso su Nature, anche loro hanno saputo del DNA, e ne sono rimasti talmente entusiasti da infilarlo dappertutto, senza esitare nel cercare di stiracchiarlo in lungo e in largo per piegarlo ai loro desideri. Anche se un’evidenza scientifica, per sua stessa natura, presenta margini di stiracchiamento alquanto limitati…
RispondiEliminaComunque, una risposta, per quanto ridicola, è sempre meglio di niente. Quindi starebbe tutto nel DNA, questo nuovo surrogato dell’anima, che consente di identificare nei suoi possessori gli appartenenti alla “grande famiglia umana”, prescindendo dal numero di cellule che ognuno di loro potrebbe esibire in un eventuale conteggio. Ma se è la semplice disponibilità di un determinato DNA, DNA umano, a consentirci di riconoscere come uno di noi qualunque entità biologica che ne sia in possesso, imponendoci di estendergli tutte le garanzie ed i diritti relativi connessi allo status di persona, ed a difenderne l’integrità fino all’ultimo istante della sua vita, prescindendo dalla caratteristica “accidentale” relativa al numero di cellule componenti il suo organismo, perché di questo si tratta, e costringendoci quindi ad attribuire alle blastocisti, anche a quelle incollate su un vetrino, diritti almeno pari a quelli dell’adulto, non riusciamo a spiegarci come mai il possesso di un DNA umano non sia invece sufficiente ad impedire che si possa decretare l’espianto di organi da individui "clinicamente morti", individui che, a questo punto ed alla luce di quanto appena affermato, dobbiamo considerare come vittime di una vera e propria esecuzione legalizzata. Ne’ più, ne’ meno. E di cellule ne possiedono parecchie di più di una morula sotto ghiaccio…
Quindi ogni giorno, nei reparti di terapia intensiva, si compiono scelte che decretano la maggiore o minore “significatività” di una vita rispetto ad un’altra. Atti arbitrari? Se ci accontentiamo del DNA, certamente sì. Se pensiamo che siano necessari altri criteri di inclusione, certamente no. E quella scienza che questa persona cita senza alcuna cognizione di causa, chiamandola a difesa di posizioni che sono soltanto sue e di qualche altro mentecatto ben nascosto negli antri vaticani, quella scienza che si preoccupa di provare quanto afferma invece di farlo calare dall’alto della monolitica ed intoccabile dogmaticità propria delle esternazioni clericali, quella scienza che ci parla per bocca dei suoi esponenti di maggiore prestigio, dei Veronesi, dei Dulbecco, dei Levi-Montalcini, quella scienza, invece, non ha avuto problemi ad indicarci dei criteri ben precisi entro i quali stabilire l’inizio e la fine della vita di un individuo, momenti segnati dalla comparsa e scomparsa di un’attività elettrica neuronale rilevabile all’EEG. Criterio oggettivo e misurabile quindi, ben lontano dalla “arbitrarietà” di cui andava farfugliando questa persona.
Beninteso, restiamo aperti a qualunque possibilità, il dogmatismo non abita da queste parti. Ma sarà bene che chi desidera mettere in discussione determinate evidenze oggettive, si presenti con qualcosa di meno risibile dell’idea del DNA trasformato nel nuovo concetto di anima in ossequio ai desideri visionari dei fondamentalisti cattolici del terzo millennio…
Comunque si attende invano la risposta (di Zambelli). Nel frattempo nel suo blog straparla ancora di cose che non capisce.
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