sabato 29 marzo 2014

Il Documento di Trento, la consulenza etica al letto del malato, e le nuove vie della bioetica cattolica

Il 27 marzo è stato presentato a Roma il Documento di Trento sulla Consulenza etica in ambito sanitario. Ecco il commento di Maurizio Mori al riguardo, pubblicato ieri su Caratteti Liberi.
Negli anni ’80 del secolo scorso nel mondo occidentale è improvvisamente sbocciata la bioetica come riflessione su come affrontare i problemi morali sollevati dalla Rivoluzione biomedica. Nel decennio precedente era cambiata la nozione di “morte” coi trapianti, era stato legalizzato l’aborto e la fecondazione assistita stava aprendo un mondo nuovo in campo riproduttivo. Molto diversi sono stati gli atteggiamenti di fronte a tanto scompiglio: alcuni hanno accolto le nuove sfide con entusiasmo, altri con perplessità, e altri ancora con spavento misto a terrore. Quest’ultima reazione è stata prevalente nei vertici della chiesa cattolica romana, che peraltro era alla ricerca di una normalizzazione dopo lo scossone del Concilio Vaticano II, da alcuni ritenuto una primavera e da altri una buia tempesta. Giovanni Paolo II ha sottolineato la non-negoziabilità dei valori circa la vita umana per attuare una più ampia opera di Restaurazione dell’ordine ecclesiale e morale.

In questo contesto generale, per controllare la nascente riflessione bioetica nel 1990 i cattolici italiani hanno sollecitato il governo Andreotti a creare il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB). Nei primi anni il vento del pluralismo ha imposto una posizione attendista, ma nel 1994, con l’avvento della 2a Repubblica, si è stretto un patto tra Berlusconi e il cardinal Ruini, cosicché per quasi due decenni il CNB è stato l’eco del Vaticano in Italia. L’esito più tangibile di questo patto è stata la Legge 40/2004 o legge Berlusconi-Ruini, che ha utilizzato il parere sull’embrione del CNB del 1996. Un altro parere del 2003 sul fine vita avrebbe dovuto sostenere l’approvazione del ddl Calabrò per completare il disegno: un’opera che avrebbe riportato l’Italia indietro di 30 anni sul consenso informato e sul rapporto medico-paziente. Quest’ultimo obiettivo non è stato raggiunto per svariate ragioni, ma resta che la cosiddetta “moratoria” sulle questioni bioetiche tiene l’Italia ferma al palo: mentre nel resto del mondo e dell’Europa i vari Stati riformano le norme per adeguarle alla nuova situazione storica, da noi tutto è congelato e bloccato.
Ma i processi sociali connessi alla Rivoluzione biomedica sollecitano esigenze che non si bloccano “a tavolino”, e i nuovi diritti bioetici gettano nello sconforto in molti cattolici. Così, dopo aver presieduto il Comitato Nazionale per la Bioetica per dieci anni e aver fortemente condizionata la riflessione italiana attraverso manovre istituzionali, Francesco D’Agostino è giunto a dichiarare il “fallimento della bioetica” (Avvenire, 14 febbraio 2014). Contrariamente alle (sue) attese, D’Agostino ha constatato che la bioetica non ha affatto portato a riaffermare “il principio ippocratico della difesa della vita”: quella che avrebbe dovuto essere la “etica della vita si è trasformata in un’etica del potere: il potere di chi vuole creare artificialmente e a suo piacimento la vita in provetta, di chi vuole artificialmente e a suo piacimento manipolarla, e di chi pretende” di sopprimerla”. Dichiarazioni di questo tipo segnalano la percezione che ormai non è più possibile tenere sotto controllo la bioetica italiana dai “piani alti”, cioè attraverso un controllo politico come quello realizzato negli ultimi due decenni col patto Berlusconi–Ruini. Ormai, pressioni interne supportate dalle aperture europee fatto pensare che in pochi anni anche la situazione italiana evolverà in modo significativo, e che come abbiamo avuto una legge permissiva per l’aborto e il caso Englaro, così non è da escludere che avremo altre novità.
È opportuno tenere presente questo sfondo che caratterizza il contesto attuale della bioetica perché esso offre forse una delle possibili chiavi di lettura per capire l’iniziativa lanciata a Roma il 27 marzo 2014 presso la Sala delle Colonne attuata dal Gruppo Nazionale di Etica Clinica e Consulenza Etica in ambito sanitario grazie alla collaborazione dell’onorevole Paola Binetti. In un’importante sede istituzionale della Camera dei Deputati si è presentato il Documento di Trento teso a sostenere la proposta di istituire un servizio di “consulenza di etica clinica” al letto del malato. Dopo aver ricordato i frequenti dilemmi etici presenti nella pratica clinica e le concrete difficoltà degli operatori sanitari nell’affrontarli, il Documento fa leva su alcune esperienze straniere (soprattutto americane) e sulla diffusa esterofila per sostenere che la consulenza etica svolta secondo “il modello del singolo consulente sia, per ragioni di praticabilità e sostenibilità, da preferirsi” a quello del consulente di gruppo. La conclusione è che le istituzioni sanitarie (ospedali, Asl, Rsa, ecc.) dovrebbero assumere un apposito professionista atto a svolgere il servizio di consulenza etica in maniera stabile e continuativa.
Continua.
Qui un pezzo uscito su l’Unità il 27 marzo 2014.

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