E a proposito di parole, di difesa ad oltranza dell’embrione e di cattivi argomenti, un articolo di oggi di Lucetta Scaraffia (Embrioni orfani, che fare? I cattolici si dividono, “Il Corriere della Sera”, 31 agosto 2006, p. 39) ripropone alcune delle disattenzioni lessicali e concettuali che infestano il dibattito bioetico. Prima tra tutte la sovrapposizione tra essere umano e persona (o tra vita personale e vita umana). Termine descrittivo, il primo, che chiarisce l’appartenenza di un individuo a una determinata specie; termine morale, il secondo, che attribuisce ad un individuo alcuni diritti in base a determinate proprietà.
Scaraffia definisce come poco felice l’aggettivo residuale per denotare quegli embrioni crioconservati che tanto scandalo hanno suscitato in questi mesi. E preferisce chiamarli ‘abbandonati’ dai genitori che hanno intrapreso la fecondazione artificiale (abbandonati, si badi, così come adottabili sono termini che nel senso pieno si riferiscono alle persone. Come sostiene George Lakoff le scelte lessicali nascondono scelte concettuali precise). Riportando il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica sull’adottabilità di questi embrioni, Scaraffia ne mutua le imprecisioni: l’adozione per la nascita (così il CNB) “non solo salverebbe delle vite umane, ma sottolineerebbe, dal punto di vista giuridico e simbolico, lo statuto di vita umana degli embrioni, rendendo più difficile, se non impossibile, il loro utilizzo a fini di ricerca”. E prosegue: “Come ha sottolineato D’Agostino nella presentazione del documento «il diritto alla nascita non può che prevalere su ogni considerazione etica e giuridica in senso contrario»”.
Naturalmente, Scaraffia non si prende il disturbo di giustificare simili affermazioni, dando per scontata una serie di premesse che invece dovrebbero essere discusse: l’equivalenza di essere umano e persona, appunto, l’attribuzione dei diritti fondamentali e le ragioni di tale attribuzione.
“Confermare l’identità di esseri umani” agli embrioni è superfluo: chi negherebbe loro l’appartenenza alla nostra specie? Come è possibile convincere Scaraffia e compagni che la questione centrale non è assolutamente questa? È malafede o ignoranza? Oppure distrazione?
Ah, D’Agostino, cara Scaraffia, è ex presidente del CNB, scaduto il 12 giungo scorso e non ancora rinnovato. Mi si perdoni la pedanteria, ma è importante essere precisi, soprattutto se il parere di D’Agostino è usato come una spada per tagliare i dilemmi. Non che l’argomento di autorità funzionerebbe meglio se il presidente fosse ancora in carica…
La difesa dell’essere umano, pertanto, è espressione vaga e imprecisa. Chissà che non faccia comodo non diradare l’approssimazione, perché a parlare di ‘persona’ ci si complica la vita (umana?).
Il secondo autorevole parere riportato da Scaraffia è quello di Adriano Pessina, che partendo dalla coincidenza di madre con gestante e partoriente (davvero, Pessina, la maternità si riduce ai dati biologici e materiali quali la gestazione e il parto? Bistrattato amore materno...), giunge a una conclusione molto diversa dall’adozione. Gli embrioni prima del trasferimento in utero “non si capisce di chi siano figli (verrebbe da chierere: e allora?). Egli [Pessina] va alla radice del problema, che sta nel «significato proprio, antropologico e, quindi, simbolico e non solo funzionale, della procreazione umana e dell’identità femminile» che consiste in un processo unitario: «La procreazione umana, infatti, non è soltanto l’atto sessuale, o la fecondazione, oppure la gestazione o il parto (…) la procreazione è quel processo unitario che lega in una relazione esistenziale, morale e corporea, un padre, una madre e un figlio»”.
In base a questo l’adozione degli embrioni ‘abbandonati’ sarebbe insoddisfacente, perché spezzetterebbe questo processo. Viene da domandare: che male c’è? O meglio, è necessariamente un male? Adottare quegli embrioni sarebbe una legittimazione della frantumazione del processo di maternità, secondo Pessina. Non va bene, meglio la loro morte (!!). Meglio considerare “la loro esistenza nel ghiaccio come una sorta di accanimento terapeutico, che si può interrompere staccando la spina”. Si può, o si deve? E perché si può staccare la spina agli embrioni, e non agli adulti (dobbiamo ricordare per tutti il caso di Eluana Englaro?)? Ma soprattutto, non dovevano essere salvaguardati e difesi gli embrioni-persone? La frantumazione del processo di maternità legittima un omicidio, secondo Pessina? Attenzione: se è legittimo staccare la spina per gli embrioni-persona, perché non sarebbe legittimo staccare la spina per quei figli (quelli già nati e cresciuti, per intendersi) le cui figure parentali sono frantumate? L’esistenza finisce per avere meno valore della compattezza della procreazione umana. Ben grottesco esito!
Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano
John Stuart Mill, La libertà
giovedì 31 agosto 2006
Nata in cattività
Un metro e settanta per settanta chili. Non è una fanciulla, bensì una cucciola di giraffa nata nel Bioparco di Roma il 13 agosto scorso. La piccola sarà presto trasferita in una riserva africana (Vivrà in Africa la giraffa nata al Bioparco di Roma, IGN, 30 agosto 2006).
Il caso Lanza, 1
Prima l’annuncio clamoroso: è possibile ottenere cellule staminali senza danneggiare gli embrioni dai quali sono state tratte, superando così gli ostacoli ‘etici’ al loro uso. Poi la gogna mediatica: si tratterebbe di un falso, simile almeno in parte a quelli del famigerato coreano Hwang Woo-Suk, visto che nel procedimento gli embrioni sono stati in realtà tutti distrutti. I lettori di Bioetica sanno bene che in questo campo le deformazioni operate dai media sono la regola; e il caso di Robert Lanza, che ha condotto queste ricerche, non fa eccezione. Cerchiamo di capirne un po’ di più.
Manipolare un embrione...
Circa quattro giorni dopo la fecondazione dell’ovulo, l’embrione umano entra nella fase di sviluppo della blastocisti. Si tratta di una sfera cava, delimitata da uno strato di cellule detto trofoblasto (che andrà a formare la placenta), al cui interno si trova una cavità ripiena di liquido detta blastocele e, annidata in un punto della parete interna, una masserella di alcune decine di cellule, l’embrioblasto o nodo embrionale o bottone embrionale (il primo termine è usato talvolta per indicare uno stadio più precoce), che andrà a formare l’embrione vero e proprio. La procedura normalmente seguita per ottenere cellule staminali embrionali consiste nell’estrarre l’embrioblasto, formato da cellule pluripotenti, capaci cioè di dare origine indifferentemente a qualsiasi tessuto del corpo umano. Ovviamente, in questo modo lo sviluppo dell’embrione si arresta; e ciò crea ad alcuni un problema morale che, negli stati imperfettamente laici dell’Occidente, diventa un problema anche per chi ha una morale differente.
La nuova tecnica messa a punto dal dottor Robert Lanza della Advanced Cell Technology, una azienda californiana, cerca appunto di evitare questo problema. Essa si basa su una tecnica pre-esistente e ben sperimentata, l’analisi genetica di preimpianto. Nei paesi in cui questa è legale (diversamente che in Italia), genitori portatori di certe malattie ereditabili, o che a causa dell’età della donna o di altri fattori corrono un rischio elevato di concepire figli con anomalie nel numero dei cromosomi, possono decidere di effettuare una biopsia dell’embrione. A questo scopo si ricorre alla fecondazione in vitro: vengono creati diversi embrioni, che raggiungono lo stadio di otto cellule (antecedente a quello di morula, in cui le cellule si compattano strettamente, stadio a sua volta anteriore a quello di blastocisti). Si perfora allora la zona pellucida, che è una membrana che circonda l’embrione nelle primissime fasi di sviluppo, e con una pipetta si aspirano una o due cellule (dette blastomeri), da sottoporre a diagnosi. In genere gli embrioni sopportano senza danni il trattamento, e anzi la percentuale di quelli che si impiantano con successo sul totale dei trasferiti in utero è talvolta leggermente maggiore della percentuale corrispondente, ceteris paribus, nella fecondazione in vitro normale (visto che le coppie che ricorrono all’analisi di preimpianto non sono in genere infertili). Tuttavia, se si va a vedere la percentuale delle gravidanze per prelievo di ovociti, i risultati sono deludenti, attorno al 20% in media (le nascite sono il 15%), cioè meno della metà di quello che si riesce tipicamente ad ottenere nella fecondazione in vitro semplice. Le ragioni sono riconducibili in parte al fatto che la diagnosi genetica talvolta non dà risultati, e bisogna quindi scartare l’embrione da cui sono stati tratti i blastomeri esaminati; ma soprattutto, è cruciale la difficoltà di congelare gli embrioni sottoposti a biopsia per utilizzarli in caso di fallimento: il perforamento della zona pellucida sembra diminuire di molto la loro capacità di sopravvivere al congelamento.
Per quanto riguarda infine la salute dei bambini nati usando questa tecnica, essa non sembra differire in modo significativo da quella degli altri bambini concepiti in vitro, anche se esiste una certa carenza di dati in proposito. (Per tutti i dati citati cfr. Joyce C. Harper et al., «ESHRE PGD Consortium data collection V: Cycles from January to December 2002 with pregnancy follow-up to October 2003», Human Reproduction 21, 2006, pp. 3-21.)
I blastomeri estratti dall’embrione per la diagnosi genetica vengono distrutti nel corso dell’analisi, ma nulla vieta di farne altri usi; e poiché si tratta di cellule totipotenti, cioè di cellule ancora quasi del tutto indifferenziate, da ciascuna delle quali si può sviluppare in linea di principio qualsiasi cellula della blastocisti, comprese quelle dell’embrioblasto (ma torneremo più avanti su questo punto), ecco che si può ipotizzare di ricavarne una linea di cellule staminali, senza distruggere l’embrione di provenienza. Ed è proprio questo ciò che hanno dimostrato Robert Lanza e i suoi collaboratori, sui topi qualche tempo fa e adesso con embrioni umani: i blastomeri estratti sono stati posti in coltura, l’uno accanto all’altro; dopo qualche tempo una piccola parte delle cellule (2 su 91) ha dato origine a una discendenza di cellule pluripotenti, che appaiono praticamente identiche alle normali cellule staminali embrionali (Irina Klimanskaya et al., «Human embryonic stem cell lines derived from single blastomeres», Nature, advance online publication, 23 agosto 2006).
... e manipolare l’opinione pubblica
Dopo un iniziale sbandamento, dovuto all’accoglienza trionfalistica che i media hanno fatto alla nuova scoperta, le truppe degli integralisti si sono subito ricomposte, e hanno sapientemente montato lo ‘scandalo’. Un tale Richard Doerflinger, della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (Rick Weiss, «Critic Alleges Deceit in Study On Stem Cells», Washington Post, 26 agosto 2006, p. A02), si è impegnato in un calcolo matematico: se Lanza e collaboratori sostengono di aver ricavato 91 blastomeri da 16 embrioni (pp. 1-2 dell’articolo di Nature), questo vuol dire che da ogni embrione sono state estratte in media più di cinque cellule, e che quindi gli embrioni non sono sopravvissuti all’esperimento. La ricerca non ha raggiunto i suoi scopi, dunque, nonostante affermi il contrario, e per giunta a p. 1 dell’articolo compare una foto che mostra una blastocisti in perfetta salute derivata da un embrione sottoposto a biopsia: una prova dell’intento mistificatorio di Lanza e colleghi!
In realtà, se c’è una mistificazione, non è certo Robert Lanza che l’ha compiuta. Per prima cosa, che gli embrioni fossero stati sacrificati era scritto a chiare lettere nell’editoriale che presentava la ricerca («Nel corso dell’esperimento, gli embrioni sono stati fatti a pezzi, cellula per cellula»: Helen Pearson, «Early embryos can yield stem cells... and survive», Nature 442, p. 858). Per il resto, ci aiuta a capire la questione un bel post di Inyqua («Superficialità», 29 agosto): lo scopo della ricerca non era quello di mostrare che è possibile estrarre un singolo blastomero senza danni per l’embrione: come abbiamo visto sopra, questo si sa già, e si fa ogni giorno nella pratica ormai collaudata della diagnosi genetica di preimpianto. Lo scopo di Lanza, invece, era di dimostrare che da un singolo blastomero è possibile derivare cellule staminali; avendo a disposizione solo sedici embrioni ha deciso di massimizzare il numero di blastomeri utilizzati, ma è evidente che se più embrioni fossero stati disponibili, il medesimo risultato si sarebbe ottenuto senza distruggerne nemmeno uno.
Ma a questa semplice verità non tutti sono arrivati. Eugenia Roccella, che sembra costituzionalmente incapace di comprendere (o di riportare onestamente?) la sostanza di qualsiasi notizia scientifica abbia la disgrazia di suscitare la sua attenzione, commenta così («Scienziati che ritoccano le notizie», Avvenire, 29 agosto):
(Continua)
Aggiornamento: in quasi perfetta sincronia con il mio post (il suo è uscito tre minuti prima), Malvino dice la sua sulla questione dello scandalo abilmente montato dalla stampa teocon («Il caso Robert Lanza, ennesima “svista” del Foglio», 31 agosto).
Aggiornamento 2: visto che alcuni non hanno capito, ho provato a spiegarmi con un esempio.
Manipolare un embrione...
Circa quattro giorni dopo la fecondazione dell’ovulo, l’embrione umano entra nella fase di sviluppo della blastocisti. Si tratta di una sfera cava, delimitata da uno strato di cellule detto trofoblasto (che andrà a formare la placenta), al cui interno si trova una cavità ripiena di liquido detta blastocele e, annidata in un punto della parete interna, una masserella di alcune decine di cellule, l’embrioblasto o nodo embrionale o bottone embrionale (il primo termine è usato talvolta per indicare uno stadio più precoce), che andrà a formare l’embrione vero e proprio. La procedura normalmente seguita per ottenere cellule staminali embrionali consiste nell’estrarre l’embrioblasto, formato da cellule pluripotenti, capaci cioè di dare origine indifferentemente a qualsiasi tessuto del corpo umano. Ovviamente, in questo modo lo sviluppo dell’embrione si arresta; e ciò crea ad alcuni un problema morale che, negli stati imperfettamente laici dell’Occidente, diventa un problema anche per chi ha una morale differente.
La nuova tecnica messa a punto dal dottor Robert Lanza della Advanced Cell Technology, una azienda californiana, cerca appunto di evitare questo problema. Essa si basa su una tecnica pre-esistente e ben sperimentata, l’analisi genetica di preimpianto. Nei paesi in cui questa è legale (diversamente che in Italia), genitori portatori di certe malattie ereditabili, o che a causa dell’età della donna o di altri fattori corrono un rischio elevato di concepire figli con anomalie nel numero dei cromosomi, possono decidere di effettuare una biopsia dell’embrione. A questo scopo si ricorre alla fecondazione in vitro: vengono creati diversi embrioni, che raggiungono lo stadio di otto cellule (antecedente a quello di morula, in cui le cellule si compattano strettamente, stadio a sua volta anteriore a quello di blastocisti). Si perfora allora la zona pellucida, che è una membrana che circonda l’embrione nelle primissime fasi di sviluppo, e con una pipetta si aspirano una o due cellule (dette blastomeri), da sottoporre a diagnosi. In genere gli embrioni sopportano senza danni il trattamento, e anzi la percentuale di quelli che si impiantano con successo sul totale dei trasferiti in utero è talvolta leggermente maggiore della percentuale corrispondente, ceteris paribus, nella fecondazione in vitro normale (visto che le coppie che ricorrono all’analisi di preimpianto non sono in genere infertili). Tuttavia, se si va a vedere la percentuale delle gravidanze per prelievo di ovociti, i risultati sono deludenti, attorno al 20% in media (le nascite sono il 15%), cioè meno della metà di quello che si riesce tipicamente ad ottenere nella fecondazione in vitro semplice. Le ragioni sono riconducibili in parte al fatto che la diagnosi genetica talvolta non dà risultati, e bisogna quindi scartare l’embrione da cui sono stati tratti i blastomeri esaminati; ma soprattutto, è cruciale la difficoltà di congelare gli embrioni sottoposti a biopsia per utilizzarli in caso di fallimento: il perforamento della zona pellucida sembra diminuire di molto la loro capacità di sopravvivere al congelamento.
Per quanto riguarda infine la salute dei bambini nati usando questa tecnica, essa non sembra differire in modo significativo da quella degli altri bambini concepiti in vitro, anche se esiste una certa carenza di dati in proposito. (Per tutti i dati citati cfr. Joyce C. Harper et al., «ESHRE PGD Consortium data collection V: Cycles from January to December 2002 with pregnancy follow-up to October 2003», Human Reproduction 21, 2006, pp. 3-21.)
I blastomeri estratti dall’embrione per la diagnosi genetica vengono distrutti nel corso dell’analisi, ma nulla vieta di farne altri usi; e poiché si tratta di cellule totipotenti, cioè di cellule ancora quasi del tutto indifferenziate, da ciascuna delle quali si può sviluppare in linea di principio qualsiasi cellula della blastocisti, comprese quelle dell’embrioblasto (ma torneremo più avanti su questo punto), ecco che si può ipotizzare di ricavarne una linea di cellule staminali, senza distruggere l’embrione di provenienza. Ed è proprio questo ciò che hanno dimostrato Robert Lanza e i suoi collaboratori, sui topi qualche tempo fa e adesso con embrioni umani: i blastomeri estratti sono stati posti in coltura, l’uno accanto all’altro; dopo qualche tempo una piccola parte delle cellule (2 su 91) ha dato origine a una discendenza di cellule pluripotenti, che appaiono praticamente identiche alle normali cellule staminali embrionali (Irina Klimanskaya et al., «Human embryonic stem cell lines derived from single blastomeres», Nature, advance online publication, 23 agosto 2006).
... e manipolare l’opinione pubblica
Dopo un iniziale sbandamento, dovuto all’accoglienza trionfalistica che i media hanno fatto alla nuova scoperta, le truppe degli integralisti si sono subito ricomposte, e hanno sapientemente montato lo ‘scandalo’. Un tale Richard Doerflinger, della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (Rick Weiss, «Critic Alleges Deceit in Study On Stem Cells», Washington Post, 26 agosto 2006, p. A02), si è impegnato in un calcolo matematico: se Lanza e collaboratori sostengono di aver ricavato 91 blastomeri da 16 embrioni (pp. 1-2 dell’articolo di Nature), questo vuol dire che da ogni embrione sono state estratte in media più di cinque cellule, e che quindi gli embrioni non sono sopravvissuti all’esperimento. La ricerca non ha raggiunto i suoi scopi, dunque, nonostante affermi il contrario, e per giunta a p. 1 dell’articolo compare una foto che mostra una blastocisti in perfetta salute derivata da un embrione sottoposto a biopsia: una prova dell’intento mistificatorio di Lanza e colleghi!
In realtà, se c’è una mistificazione, non è certo Robert Lanza che l’ha compiuta. Per prima cosa, che gli embrioni fossero stati sacrificati era scritto a chiare lettere nell’editoriale che presentava la ricerca («Nel corso dell’esperimento, gli embrioni sono stati fatti a pezzi, cellula per cellula»: Helen Pearson, «Early embryos can yield stem cells... and survive», Nature 442, p. 858). Per il resto, ci aiuta a capire la questione un bel post di Inyqua («Superficialità», 29 agosto): lo scopo della ricerca non era quello di mostrare che è possibile estrarre un singolo blastomero senza danni per l’embrione: come abbiamo visto sopra, questo si sa già, e si fa ogni giorno nella pratica ormai collaudata della diagnosi genetica di preimpianto. Lo scopo di Lanza, invece, era di dimostrare che da un singolo blastomero è possibile derivare cellule staminali; avendo a disposizione solo sedici embrioni ha deciso di massimizzare il numero di blastomeri utilizzati, ma è evidente che se più embrioni fossero stati disponibili, il medesimo risultato si sarebbe ottenuto senza distruggerne nemmeno uno.
Ma a questa semplice verità non tutti sono arrivati. Eugenia Roccella, che sembra costituzionalmente incapace di comprendere (o di riportare onestamente?) la sostanza di qualsiasi notizia scientifica abbia la disgrazia di suscitare la sua attenzione, commenta così («Scienziati che ritoccano le notizie», Avvenire, 29 agosto):
Non era vero: il metodo messo a punto da Robert Lanza, prestigioso ricercatore americano, per ricavare linee di cellule staminali dall’embrione senza distruggerlo, era una bufala. Magari non al livello clamoroso della falsa clonazione del coreano Hwang Woo Suk, che potremmo paragonare a un classico di Totò come la vendita della Fontana di Trevi, ma certamente un’altra gaffe internazionale, molto imbarazzante per la comunità scientifica. In effetti, a leggerlo con attenzione, l’articolo pubblicato sulla rivista Nature parla chiaramente di embrioni «dismantled cell by cell», demoliti cellula per cellula, ma in un’intervista Lanza aveva lasciato capire invece che la sua tecnica superava il problema etico della sopravvivenza dell’embrione.Ancora più grave, perché proveniente da qualcuno che, a differenza della Roccella, dovrebbe conoscere l’argomento, è la reazione di Angelo Vescovi, scienziato impegnato nel campo delle staminali adulte e sostenitore dell’astensione ai referendum del 2005 sulla procreazione assistita (Margherita De Bac, «Staminali, falsa la svolta di “Nature”», Corriere della Sera, 27 agosto):
Di sicuro in quest’affare molti hanno voluto fare i furbi. Non so se c’è stato dolo o è stata una involontaria mancanza di chiarezza. Ma certo se le cose stanno così e gli embrioni non sono preservati la ricerca non meritava di comparire su Nature perché non aggiunge molto a quello che già si sapeva.Nella migliore delle ipotesi Vescovi sta parlando a vanvera, senza aver letto l’articolo di Lanza; ma la sensazione – spero sbagliata – è che stia invece difendendo senza tanti scrupoli l’orticello delle sue staminali ‘etiche’, minacciato dalla concorrenza d’oltreoceano.
(Continua)
Aggiornamento: in quasi perfetta sincronia con il mio post (il suo è uscito tre minuti prima), Malvino dice la sua sulla questione dello scandalo abilmente montato dalla stampa teocon («Il caso Robert Lanza, ennesima “svista” del Foglio», 31 agosto).
Aggiornamento 2: visto che alcuni non hanno capito, ho provato a spiegarmi con un esempio.
mercoledì 30 agosto 2006
L’ignoranza è una brutta bestia
«Il lavoro rende liberi. Non ricordo dove lessi questa frase, ma fu una di quelle citazioni che ti fulminano all’istante».
Firmato: senatore Tommaso Coletti, presidente della Provincia di Chieti. Comincia così un messaggio contenuto in un depliant e inserzioni pubblicitarie della Provincia per promuovere i centri per l’impiego.
Il fulminato non si ferma qui, ma prosegue: «le parole hanno un significato in senso assoluto e non in relazione a chi le adopera». (Dunque se è un cretino ad usarle non diventano parole cretine?).
E poi aggiunge di essere dispiaciuto di non aver tenuto conto che quelle parole sono state poste «con ironia» da un dittatore sulla porta di un campo di concentramento. (Con ironia? Coletti, cosa faceva durante le lezioni di storia? O non era una materia compresa nel suo piano di studi?) «Tutto questo, però non può mettere in dubbio il fatto che il lavoro rende liberi: questa frase racconta un’immensa verità. L’ho pensata e pronunciata per il suo significato e per il grande valore che racchiude in sé».
Proporrei di mandare qualche mese il fulminato suddetto a lavorare in miniera (mi perdoneranno, spero, i minatori) per poi organizzare un simposio su La libertà e i mezzi per raggiungerla. E magari otterrebbe anche il risultato, secondario anzichenò, di perdere qualche chilo. Buon lavoro, uomo-libero!
Firmato: senatore Tommaso Coletti, presidente della Provincia di Chieti. Comincia così un messaggio contenuto in un depliant e inserzioni pubblicitarie della Provincia per promuovere i centri per l’impiego.
Il fulminato non si ferma qui, ma prosegue: «le parole hanno un significato in senso assoluto e non in relazione a chi le adopera». (Dunque se è un cretino ad usarle non diventano parole cretine?).
E poi aggiunge di essere dispiaciuto di non aver tenuto conto che quelle parole sono state poste «con ironia» da un dittatore sulla porta di un campo di concentramento. (Con ironia? Coletti, cosa faceva durante le lezioni di storia? O non era una materia compresa nel suo piano di studi?) «Tutto questo, però non può mettere in dubbio il fatto che il lavoro rende liberi: questa frase racconta un’immensa verità. L’ho pensata e pronunciata per il suo significato e per il grande valore che racchiude in sé».
Proporrei di mandare qualche mese il fulminato suddetto a lavorare in miniera (mi perdoneranno, spero, i minatori) per poi organizzare un simposio su La libertà e i mezzi per raggiungerla. E magari otterrebbe anche il risultato, secondario anzichenò, di perdere qualche chilo. Buon lavoro, uomo-libero!
martedì 29 agosto 2006
Verso lo scontro frontale?
Un articolo sul Guardian di ieri (John Hooper, «Pope prepares to embrace theory of intelligent design», 28 agosto 2006) ha gettato lo scompiglio nelle redazioni dei giornali e nella blogosfera: il Papa, in occasione dell’incontro annuale con i suoi ex allievi universitari che si terrà questa settimana a Castel Gandolfo, si appresterebbe a schierare la Chiesa a fianco della dottrina del Disegno Intelligente (DI), secondo la quale la complessità del mondo vivente si spiegherebbe solo con l’intervento di un progettista razionale sovrumano, e non con il caso e la necessità della teoria evoluzionistica neo-darwiniana.
A dire il vero l’articolo del giornale inglese non riporta fatti nuovi, ma si limita a parlare di «growing signs», tra i quali elenca l’allontanamento dalla direzione della Specola Vaticana di George Coyne, difensore della Teoria dell’Evoluzione, le dichiarazioni pubbliche del Cardinale Schönborn (nella foto in alto), aperto sostenitore del DI, e di un certo Dominique Tassot, che definisce «A prominent anti-evolutionist and Roman Catholic scientist», ma che in realtà è un ingegnere minerario fondamentalista che dirige un centro di ricerca sul creazionismo. È quindi legittima una certa prudenza nel considerare la notizia, vista anche la drammaticità di una decisione di questa portata, che porterebbe la Chiesa a uno scontro frontale con il mondo scientifico dal quale uscirebbe prevedibilmente con danni gravissimi. Una bolla di sapone, dunque, o al massimo un ballon d’essai? È sperabile che sia così, anche se non si può escludere che la tradizionale prudenza vaticana sia stata fuorviata da una lettura troppo ottimistica dei progressi del DI, facendo propri gli schemi di certa pubblicistica ‘amica’ (che non è precisamente nota per la sua consistenza intellettuale...).
Concludo con un commento fulminante di blog.bioethics.net, che con un’allusione ironica ad altre, recenti notizie osserva:
A dire il vero l’articolo del giornale inglese non riporta fatti nuovi, ma si limita a parlare di «growing signs», tra i quali elenca l’allontanamento dalla direzione della Specola Vaticana di George Coyne, difensore della Teoria dell’Evoluzione, le dichiarazioni pubbliche del Cardinale Schönborn (nella foto in alto), aperto sostenitore del DI, e di un certo Dominique Tassot, che definisce «A prominent anti-evolutionist and Roman Catholic scientist», ma che in realtà è un ingegnere minerario fondamentalista che dirige un centro di ricerca sul creazionismo. È quindi legittima una certa prudenza nel considerare la notizia, vista anche la drammaticità di una decisione di questa portata, che porterebbe la Chiesa a uno scontro frontale con il mondo scientifico dal quale uscirebbe prevedibilmente con danni gravissimi. Una bolla di sapone, dunque, o al massimo un ballon d’essai? È sperabile che sia così, anche se non si può escludere che la tradizionale prudenza vaticana sia stata fuorviata da una lettura troppo ottimistica dei progressi del DI, facendo propri gli schemi di certa pubblicistica ‘amica’ (che non è precisamente nota per la sua consistenza intellettuale...).
Concludo con un commento fulminante di blog.bioethics.net, che con un’allusione ironica ad altre, recenti notizie osserva:
The word on the street is that the Pope is about to go from casual affection to an outright embrace of intelligent design.
Shortly thereafter, if ID follows the stem cell pattern these days, a group of defunded paleontologists will form a company and write an article in Nature in which they defend really intelligent evolution, hoping to please the pope.
lunedì 28 agosto 2006
Plan B
A favore della pillola del giorno dopo senza ricetta: Advocates Want More Plan B Pill Access, CBS News, 25 agosto 2006.
“While we are glad to know the FDA finally ended its foot-dragging on this issue, Planned Parenthood is troubled by the scientifically baseless restriction imposed on teenagers,” Planned Parenthood President Cecile Richards said. “The U.S. has one of the highest rates of teen pregnancy in the Western world. Anything that makes it harder for teenagers to avoid unintended pregnancy is bad medicine and bad public policy.”Victor for Plan B!
An estimated 41 countries allow emergency contraceptives to be sold without a prescription, Planned Parenthood said. It wasn’t immediately clear how many, if any, have age restrictions.
Per non sbagliare, condanniamo*
Staminali: il Vaticano boccia le ultime sperimentazioni, ANSA, 26 agosto 2006.
È un fattore negativo da un punto di vista bioetico: cosa significa? Non sembra una spiegazione quella di Sgreccia, ma un dogma che non richiede nessuna esegesi. È un dogma, che pretendiamo? Ad essere condannata forse è, ancora una volta, la tecnica che offende la natura.
* Non somiglia alla storiella: quando torni a casa, dai uno schiaffo a tua moglie; tu non sai perché, ma lei sì?
Il Vaticano boccia il metodo messo a punto dall’Advanced Cell Technologies per prelevare staminali dagli embrioni senza danneggiarli. “Le sperimentazioni annunciate – spiega monsignor Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia della Vita – restano sempre nell’ambito della procreazione in vitro, di produzione di embrioni in vitro o per clonazione o per la fecondazione artificiale. Ciò da un punto di vista non solo cattolico, ma da un punto di vista bioetico è un fattore negativo”.Verificate o no le tecniche per prelevare embrioni senza distruggerli, la condanna ci sta sempre bene!
È un fattore negativo da un punto di vista bioetico: cosa significa? Non sembra una spiegazione quella di Sgreccia, ma un dogma che non richiede nessuna esegesi. È un dogma, che pretendiamo? Ad essere condannata forse è, ancora una volta, la tecnica che offende la natura.
* Non somiglia alla storiella: quando torni a casa, dai uno schiaffo a tua moglie; tu non sai perché, ma lei sì?
Togliere di mezzo il bambino disabile
L’inganno della “qualità della vita”: quando il “miglior interesse” del bambino disabile è toglierlo di mezzo, Zenit, 27 agosto 2006.
Molto interessante l’invocazione della ‘santità’ della vita. Somiglia molto all’invocazione della ‘sacralità’ dell’embrione. Ahimè, entrambi concetti che stridono in uno Stato laico. Ma forse siamo ingenui ad ostinarci nell’attribuire questo aggettivo. L’alternativa, poi, non è tra abbracciare la santità di ogni vita umana (che significa inviolabilità etc.) e abbracciare un’“etica sociale”. Sarebbe come chiedere: vuoi credere in Dio o essere dannato per sempre? Esistono altre alternative.
E poi quale sarebbe lo scandalo del decidere della propria vita?
La riflessione di Claudia Navarini si chiude così (i corsivi sono miei):
(Nella foto, per chi avesse la memoria corta, un giovane e aitante Ronald Reagan...)
Uno studio di Loretta Kopelman, apparso sull’organo ufficiale dell’American Academy of Pediatrics (AAP), la rivista Pediatrics, è tornato di recente a parlare di “qualità della vita” (L. Kopelman, Are the 21-Year-Old Baby Doe Rules Misunderstood or Mistaken? , “Pediatrics” 2005; 115; 797-802). Protagonisti sono i bambini inferiori ad un anno e “nati male”, cioè affetti da varie infermità o deformità. E il concetto si presenta “arricchito” e precisato dalla nozione di best interest standard, che l’autrice ha approfondito nel corso degli anni nel suo Dipartimento di Medical Humanities all’Università dell’East Carolina. Il quotidiano “Il Foglio” ha dedicato in questi giorni uno spazio al tema, cruciale nel dibattito che in Italia e in tutto il mondo accompagna la riflessione sull’aborto e la manipolazione embrionaria, come pure sull’eutanasia (cfr. G. Meotti, Attenzione, i pediatri americani discutono di “qualità della vita”, “Il Foglio”, 23 agosto 2006, p. I).Promettiamo di analizzare il “Meotti”, e di approfondire la questione dei bambini disabili. Per adesso soltanto qualche riflessione più generica.
Le situazioni “limite” all’inizio e alla fine della vita umana sono infatti il banco di prova della bioetica. La visione del mondo – e dell’uomo – implicata dalle diverse teorie può emergere scarsamente nella pratica clinica comune dei paesi occidentali di tradizione giudeo-cristiana, mentre si erge imponente quando si tratta di chiarire il valore della vita umana dei non nati (soprattutto gli embrioni precoci e quelli malformati), dei disabili (soprattutto neonati), dei morenti (soprattutto in coma e in stato vegetativo).
Qui si entra infatti in un ginepraio di distinguo che, anche quando chiari in apparenza o sufficientemente definiti, vengono di fatto interpretati e applicati in maniera contrastante, in relazione all’opzione di senso attribuita alla vita umana. Lo sintetizzava bene, nel 1986, l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, commentando gli emendamenti alla norma costituzionale su Child Abuse and Protection and Treatment, denominati Baby Doe rules (1984): “il vero problema è se affermare e proteggere la santità di ogni vita umana, oppure abbracciare un’etica sociale in cui alcune vite umane hanno valore e altre no. Come nazione dobbiamo scegliere fra l’etica della santità della vita e l’etica della ‘qualità di vita’” (Reagan R., Abortion and the conscience of the nation. In: Butler JD, Walbert, DF, eds. Abortion, Medicine and the Law. 3rd ed. New York, NY: Facts on File; 1986: 352–358).
Molto interessante l’invocazione della ‘santità’ della vita. Somiglia molto all’invocazione della ‘sacralità’ dell’embrione. Ahimè, entrambi concetti che stridono in uno Stato laico. Ma forse siamo ingenui ad ostinarci nell’attribuire questo aggettivo. L’alternativa, poi, non è tra abbracciare la santità di ogni vita umana (che significa inviolabilità etc.) e abbracciare un’“etica sociale”. Sarebbe come chiedere: vuoi credere in Dio o essere dannato per sempre? Esistono altre alternative.
E poi quale sarebbe lo scandalo del decidere della propria vita?
La riflessione di Claudia Navarini si chiude così (i corsivi sono miei):
In definitiva, il dominio sulla vita e sulla morte, anche in funzione dell’aspettativa di “qualità” di una vita umana, carica le spalle dell’uomo di una responsabilità assolutamente sproporzionata alle sue reali forze, che suona pressappoco così: “se nasci, se muori, se soffri, se sei infelice dipende esclusivamente da te”. O da “noi”, gli esperti. Se dipende da noi, allora l’ovvio – nonché vano – obiettivo sarà sconfiggere una volta per tutte la malattia, la sofferenza e la morte. E laddove questo non risulti (ancora, per l’irrazionale ottimismo onnipotente dello scientista) possibile, il dominio sulla morte si “accontenta” di deciderne autonomamente i tempi e i modi, provocandola quando la debolezza, la malattia, la vecchiaia, la disabilità, l’imperfezione, l’anomalia genetica o magari la tristezza la rendono “di scarsa o di insufficiente qualità”.Letteralmente è vero che non si decide di nascere, ma il resto direi che si possa lasciare alla volontà personale. Come vivere, come e se soffrire, come e quando morire. L’obiettivo non è sconfiggere una volta per tutte la morte (via, Navarini, non ci prenda per idioti! e poi, non l’avete già fatto voi con l’immortalità e il regno di dio?), ma ridurre la sofferenza sì (e spero che non sia un obiettivo ritenuto da pazzoidi scientisti) e combattere la malattia anche. Ah, e anche sconfiggere la presunzione di chi vuole imporre a tutti la propria visione della vita e della morte rientra negli obiettivi scandalosi. Chi vuole dominare la vita e la morte e le coscienze delle persone è chi sventola valori e doveri assoluti, senza disturbarsi a porsi qualche domanda, tipo: può essere che qualcuno la pensi diversamente da me e voglia agire di conseguenza?
(Nella foto, per chi avesse la memoria corta, un giovane e aitante Ronald Reagan...)
A lezione di catechismo (2)
Come promesso.
La vocazione alla castità
2337 La castità esprime la raggiunta integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l’unità interiore dell’uomo nel suo essere corporeo e spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta l’appartenenza dell’uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell’uomo e della donna.
La virtù della castità, quindi, comporta l’integrità della persona e l’integralità del dono.
L’integrità della persona
2338 La persona casta conserva l’integrità delle forze di vita e di amore che sono in lei. Tale integrità assicura l’unità della persona e si oppone a ogni comportamento che la ferirebbe. Non tollera né doppiezza di vita, né doppiezza di linguaggio.
2339 La castità richiede l’acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana. L’alternativa è evidente: o l’uomo comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice. «La dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso o per mera coazione esterna. Ma l’uomo ottiene tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù delle passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti».
2340 Colui che vuole restare fedele alle promesse del suo Battesimo e resistere alle tentazioni, avrà cura di valersi dei mezzi corrispondenti: la conoscenza di sé, la pratica di un’ascesi adatta alle situazioni in cui viene a trovarsi, l’obbedienza ai divini comandamenti, l’esercizio delle virtù morali e la fedeltà alla preghiera. «La continenza in verità ci raccoglie e ci riconduce a quell’unità, che abbiamo perduto disperdendoci nel molteplice».
2341 La virtù della castità è strettamente dipendente dalla virtù cardinale della temperanza, che mira a far condurre dalla ragione le passioni e gli appetiti della sensibilità umana.
2342 Il dominio di sé è un’opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare ad ogni età della vita. Lo sforzo richiesto può essere maggiore in certi periodi, quelli, per esempio, in cui si forma la personalità, l’infanzia e l’adolescenza.
2343 La castità conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe segnate dall’imperfezione e assai spesso dal peccato. L’uomo virtuoso e casto «si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita».
2344 La castità rappresenta un impegno eminentemente personale; implica anche uno sforzo culturale, poiché « il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società [sono] tra loro interdipendenti». La castità suppone il rispetto dei diritti della persona, in particolare quello di ricevere un’informazione ed un’educazione che rispettino le dimensioni morali e spirituali della vita umana.
2345 La castità è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una grazia, un frutto dello Spirito. Lo Spirito Santo dona di imitare la purezza di Cristo a colui che è stato rigenerato dall’acqua del Battesimo.
Un paio di dubbi: è possibile rispedire al mittente il dono? O si rimane incastrati in una specie di potlatch divino e infinito?
E poi, ’sto dono è una conquista oppure piove dal cielo?
La vocazione alla castità
2337 La castità esprime la raggiunta integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l’unità interiore dell’uomo nel suo essere corporeo e spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta l’appartenenza dell’uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell’uomo e della donna.
La virtù della castità, quindi, comporta l’integrità della persona e l’integralità del dono.
L’integrità della persona
2338 La persona casta conserva l’integrità delle forze di vita e di amore che sono in lei. Tale integrità assicura l’unità della persona e si oppone a ogni comportamento che la ferirebbe. Non tollera né doppiezza di vita, né doppiezza di linguaggio.
2339 La castità richiede l’acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana. L’alternativa è evidente: o l’uomo comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice. «La dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso o per mera coazione esterna. Ma l’uomo ottiene tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù delle passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti».
2340 Colui che vuole restare fedele alle promesse del suo Battesimo e resistere alle tentazioni, avrà cura di valersi dei mezzi corrispondenti: la conoscenza di sé, la pratica di un’ascesi adatta alle situazioni in cui viene a trovarsi, l’obbedienza ai divini comandamenti, l’esercizio delle virtù morali e la fedeltà alla preghiera. «La continenza in verità ci raccoglie e ci riconduce a quell’unità, che abbiamo perduto disperdendoci nel molteplice».
2341 La virtù della castità è strettamente dipendente dalla virtù cardinale della temperanza, che mira a far condurre dalla ragione le passioni e gli appetiti della sensibilità umana.
2342 Il dominio di sé è un’opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare ad ogni età della vita. Lo sforzo richiesto può essere maggiore in certi periodi, quelli, per esempio, in cui si forma la personalità, l’infanzia e l’adolescenza.
2343 La castità conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe segnate dall’imperfezione e assai spesso dal peccato. L’uomo virtuoso e casto «si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita».
2344 La castità rappresenta un impegno eminentemente personale; implica anche uno sforzo culturale, poiché « il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società [sono] tra loro interdipendenti». La castità suppone il rispetto dei diritti della persona, in particolare quello di ricevere un’informazione ed un’educazione che rispettino le dimensioni morali e spirituali della vita umana.
2345 La castità è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una grazia, un frutto dello Spirito. Lo Spirito Santo dona di imitare la purezza di Cristo a colui che è stato rigenerato dall’acqua del Battesimo.
Un paio di dubbi: è possibile rispedire al mittente il dono? O si rimane incastrati in una specie di potlatch divino e infinito?
E poi, ’sto dono è una conquista oppure piove dal cielo?
United States Conference of Catholic Bishops on Plan B (ovvero, la pillola del giorno dopo)
Pro-Life Spokeswoman Protests FDA Approval of “Plan B” Without Prescription, 24 agosto 2006:
Deirdre McQuade, Director of Planning and Information for the Secretariat for Pro-Life Activities at the United States Conference of Catholic Bishops, objected to the approval in the following statement:
“We find the FDA’s unprecedented decision to make Plan B available without a prescription completely unacceptable. Women deserve quality health care, but over-the-counter (OTC) use of this potentially abortifacient drug will compromise informed consent and follow-up care when necessary.
“The FDA describes Plan B as ‘a contraceptive drug’ and equates its side effects to those of ordinary birth control pills. While Plan B can prevent fertilization, the manufacturer admits it may also prevent a newly-conceived embryo from implanting and surviving in the womb. This is properly understood as causing an early abortion.
“Without the benefit of a doctor’s supervision, many women will be unaware of this abortifacient action and the other risks posed by Plan B.
“Plan B is a powerful dose of the artificial hormone, Levonorgestrel – 40 times the amount found in comparable prescription-only birth control pills. Making the more potent dosage available to women upon request simply offends common sense – especially when the drug is not designed to treat a disease or pathological condition.
“According to Plan B’s new packaging insert, the risk of potentially fatal ectopic pregnancy is up to five times higher with progestin-only birth control. But if women take the drug quickly, as advised, they may not take the time to read all the fine print and could put themselves at unnecessary risk.
“Despite exaggerated claims to the contrary, Plan B will not realistically reduce abortion rates. Research in Europe and the U.S. has shown that increased access to ‘emergency contraception’ has a negligible effect on the rate of unplanned pregnancies and abortions.
“The burden now shifts to pharmacies to do the right thing for women’s health. I urge health care providers not to confuse FDA approval with a right to access and refuse to stock this potent drug for distribution on demand.”
Deirdre McQuade, Director of Planning and Information for the Secretariat for Pro-Life Activities at the United States Conference of Catholic Bishops, objected to the approval in the following statement:
“We find the FDA’s unprecedented decision to make Plan B available without a prescription completely unacceptable. Women deserve quality health care, but over-the-counter (OTC) use of this potentially abortifacient drug will compromise informed consent and follow-up care when necessary.
“The FDA describes Plan B as ‘a contraceptive drug’ and equates its side effects to those of ordinary birth control pills. While Plan B can prevent fertilization, the manufacturer admits it may also prevent a newly-conceived embryo from implanting and surviving in the womb. This is properly understood as causing an early abortion.
“Without the benefit of a doctor’s supervision, many women will be unaware of this abortifacient action and the other risks posed by Plan B.
“Plan B is a powerful dose of the artificial hormone, Levonorgestrel – 40 times the amount found in comparable prescription-only birth control pills. Making the more potent dosage available to women upon request simply offends common sense – especially when the drug is not designed to treat a disease or pathological condition.
“According to Plan B’s new packaging insert, the risk of potentially fatal ectopic pregnancy is up to five times higher with progestin-only birth control. But if women take the drug quickly, as advised, they may not take the time to read all the fine print and could put themselves at unnecessary risk.
“Despite exaggerated claims to the contrary, Plan B will not realistically reduce abortion rates. Research in Europe and the U.S. has shown that increased access to ‘emergency contraception’ has a negligible effect on the rate of unplanned pregnancies and abortions.
“The burden now shifts to pharmacies to do the right thing for women’s health. I urge health care providers not to confuse FDA approval with a right to access and refuse to stock this potent drug for distribution on demand.”
A Way Out?
Dal Washington Post di oggi:
[…] As with any scientific breakthrough, the country has to wait for other scientists to successfully repeat the experiment to verify that the procedure will work. Researchers should also be prepared to respond to critics of the landmark scientific report, such as Richard Doerflinger of the U.S. Conference of Bishops. But if this new process is demonstrated to be viable, Mr. Bush can easily articulate rules that would allow federal funding for research on stem cells gathered harmlessly when cells are to be taken for genetic testing anyway. Then stem cell research on a range of debilitating and deadly diseases could finally proceed faster in the United States. On the other hand, sticking to his disappointing rhetoric of last week would unfairly raise the ethical bar Mr. Bush set in 2001 for America’s stem cell scientists and continue to stunt the growth of this valuable field of study.
domenica 27 agosto 2006
The day after
Si fanno sempre più numerosi i commenti sulla decisione della FDA (Christian Groups Condemn Over-the-Counter Plan B, The Christian Post, 27 agosto 2006).
“It’s a sad day for America. Allowing drugs with such powerful physiological and emotional effects to be sold over the counter to adults without a prescription will have significant consequences, none of them good,” said Dr. Richard Land, president of The Ethics & Religious Liberty Commission (ERLC), in a written statement after the drug’s approval.Why, Mr Land? E quali sarebbero le terribili conseguenze? Forse sarebbe d’accordo con quello che dice Earll. Vediamo.
“This decision is a disaster and a danger for girls and their parents,” said Focus on the Family Senior Analyst for Bioethics Carrie Gordon Earll in a released statement. “There are no safeguards, legal or otherwise, to prevent this powerful drug from falling into the hands of teen girls – or, worse, into the hands of men bent on sexually exploiting teen girls by flashing a magic pill as a promise that they won’t have to worry about getting pregnant.”Io non capisco, l’unica ragione per cui una ragazza (minorenne, s’intende) rifiuterebbe di avere rapporti sessuali con X sarebbe la paura di rimanere incinta? Non c’entra nulla che magari X non è un bel tipo oppure che la ragazza non vuole andarci a letto punto e basta? No, che scandalo! Non riesco a decidere se sono scemi o ci fanno...
Land said he is “fearful” that adult men will use Plan B as a “sexual predator’s seduction kit” to lure females under 18 into sexual relationships. The ERLC president further speculates that non-prescription Plan B pills will lead to increased rates of sexual activities in young women outside of marriage that will result in “physical, emotional, and spiritual consequences,” including higher rates of sexually transmitted diseases.
sabato 26 agosto 2006
Cellule staminali clonate da un bovino
Non soltanto topi. Per la prima volta sono state ottenute cellule staminali dall’embrione clonato di un grande mammifero complesso. In questo caso, un bovino.Medicina. Prime staminali dal clone di un grande mammifero. Ricerca italiana apre la strada a nuove terapie, RAI News, 25 agosto 2006.
La ricerca, italiana, è stata coordinata da Giovanna Lazzari, del Laboratorio di Tecnologie della Riproduzione di Cremona, e condotta in collaborazione con Cesare Galli, il ricercatore che ha clonato il toro Galileo e il cavallo Prometea.
[…]
Nella nuova ricerca, gli specialisti hanno estratto le cellule staminali dalla struttura chiamata cresta neurale che, nell’embrione, è destinata a formare il sistema nervoso e le cui cellule possono dare origine a quelle della cartilagine, delle ossa della faccia e del cranio, della muscolatura liscia dei vasi, delle aree pigmentate della cute e di alcune parti del cuore, nonché a quelle del sistema nervoso periferico.
Il nostro studio - osserva Giovanna Lazzari - rafforza il concetto che gli embrioni clonati sono di fatto una preziosa e utile fonte di cellule staminali e restituisce credibilità e fiducia a questo tipo di ricerca dopo la terribile vicenda coreana. Ed è importante anche perché rappresenta un modello di sviluppo precoce del sistema nervoso in embrioni di mammifero, sia clonati che da fecondazione.
Qui l’abstract dell’articolo pubblicato su Stem Cells: Direct derivation of neural rosettes from cloned bovine blastocysts: a model of early neurulation events and neural crest specification in vitro, 24 agosto 2006.
venerdì 25 agosto 2006
Pillola del giorno dopo senza ricetta
La pillola del giorno dopo potrà essere acquistata dai maggiorenni senza la ricetta medica. Lo ha stabilito la FDA (Plan B Pill Cleared for Sale Over the Counter, Los Angeles Times, 25 agosto 2006).
La FDA, è bene segnalarlo, ha classificato il farmaco come contraccettivo, sbarazzandosi del pericoloso paragone con i metodi abortivi.
E in Italia? Meglio non averne bisogno durante il fine settimana.
The decision will not change programs in California and eight other states that already allow pharmacists to dispense the pill to teens and women without a doctor’s prescription, the FDA said.Non sono mancate le polemiche e le proteste: la più gustosa è quella di Wendy Wright, presidente del Concerned Women of America, che avverte: la liberalizzazione potrebbe favorire la copertura di abusi sessuali; gli stupratori avrebbero facilità di acquistare il farmaco per cancellare la violenza sessuale!
But Dr. Tina Raine-Bennett of the Center of Reproductive Health Research and Policy at UC San Francisco said that even in states where the pill was available over the counter, the decision would help improve access to the drug.
Many California pharmacies still do not offer the morningafter pill over the counter because of extra paperwork and training requirements. Women in some rural counties must drive great distances to purchase the drug.
La FDA, è bene segnalarlo, ha classificato il farmaco come contraccettivo, sbarazzandosi del pericoloso paragone con i metodi abortivi.
E in Italia? Meglio non averne bisogno durante il fine settimana.
Libertà di coscienza per gli azzurri
Ricerca scientifica, cellule staminali, uso degli embrioni sono “i temi che attengono alla libertà di coscienza di ciascuno, pensiamo che un partito non possa controllare le coscienze con il proprio programma: gli azzurri hanno libertà di decidere”. È quanto ha affermato l’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel suo discorso al Meeting di Comunione e liberazione.STAMINALI: BERLUSCONI, SU TEMI COSCIENZA LIBERI DI DECIDERE, repubblica.it, 25 agosto 2006.
giovedì 24 agosto 2006
A proposito dei bambini ospedalizzati
È difficile spiegare chi siamo,Così comincia la lettera dei genitori di alcuni bimbi ospedalizzati. Amica Cicogna dedica loro una sezione e un appoggio legale per le loro battaglie.
siamo dei genitori che amano i propri figli e che sono stanchi di dovere lottare con la burocrazia per vedere rispettati i diritti dei propri bambini e i propri.
Il nostro è un gruppo di genitori che hanno in comune una realtà: i propri figli sono ricoverati da troppi mesi presso l’Ospedale Bambino Gesù di Palidoro, tutti affetti da gravi patologie la cui sopravvivenza e garantita da una tracheotomia connessa ad un ventilatore meccanico, alimentati artificialmente mediante una gastrostomia percutanea, nonché da una assistenza infermieristica e medica adeguata e continua.
Bambini ospedalizzati a cui, in alcuni casi, viene privata la gioia di un ritorno a casa nella propria famiglia, e per altri, non domiciliabili, un ravvicinamento in una struttura ospedaliera idonea il più vicino casa.
Il motivo? Le rispettive ASL ad una richiesta di assistenza medico-infermieristica domiciliare, hanno sempre risposto evasivamente o negativamente, in quanto non dispongono di mezzi e risorse necessarie a fornire tale servizio. I bambini sono costretti a restare in ospedale e noi genitori, che lavoriamo, accudiamo i figli, la casa, e andiamo tutti i giorni dai nostri piccoli malati per non privarli di un solo attimo d’amore rinunciando ad una vita normale, per burocrazie e motivazioni a noi sconosciute.
Staminali da cordone ombelicale
Qualche giorno fa vicino a Salerno è nata una bambina: gode di buona salute ed è la secondogenita di una famiglia come tante. O forse no. Perché il fratellino è malato di Talassemia major, una malattia del sangue che costringe chi ne soffre a subire frequenti trasfusioni. C’è però una speranza di guarigione per il bimbo: un trapianto di cellule staminali prelevate dal cordone ombelicale della neonata.
Il caso è eccezionale anche per un’altra ragione: il cordone ombelicale, infatti, può essere donato, ma in forma anonima, senza che ci sia la possibilità di indicare il ricevente. La donazione diretta del cordone ombelicale è permessa soltanto nei casi in cui il donatore ha fratelli affetti da patologie curabili con un trapianto emopoietico; il sangue viene prelevato e utilizzato esclusivamente per i consanguinei. Come accade per la donazione degli organi da vivente.
Anche la conservazione del cordone ombelicale per uso autologo è vietata in Italia. In molti altri Paesi, invece, le partorienti possono conservare il cordone del proprio bambino come ‘banca privata’ di cellule staminali, qualora ve ne fosse bisogno in futuro. Chi volesse conservare il cordone del proprio figlio deve rivolgersi a banche estere, deve farlo personalmente e deve pagare dai duemila euro in su per la raccolta e una quota annua per la conservazione (vedi, ad esempio, Swiss Stem Cells Bank).
Quali sono le ragioni del divieto nostrano? Secondo alcuni vi sarebbe una ragione scientifica. La possibilità di dover ricorrere al proprio cordone ombelicale sarebbe tanto ridotta da essere irrilevante: circa un caso su oltre ventimila. L’improbabilità di utilizzo, tuttavia, non sembra sufficiente a motivare un divieto legale. Potrebbe essere una buona ragione per sconsigliare la conservazione del cordone a fini autologhi, ma non per impedirla. E allora? Giampietro Rupolo, coordinatore regionale per i trapianti del Veneto, invoca ragioni etiche. Conservare per sé il cordone costituirebbe una profonda erosione “del patrimonio di sensibilità alla donazione che si è costituito nella nostra società nel corso di questi anni”. Egoismo e rischio di diminuzione delle donazioni, in altre parole. Appare piuttosto discutibile la stretta correlazione tra la possibilità di conservare per sé e il rischio del crollo delle donazioni. Chi decide di donare non lo fa soltanto perché non può tenersi ciò che dona. Ma soprattutto, l’egoismo e il presunto effetto di riduzione delle donazioni non possono ragionevolmente sostenere un divieto legale. “Il giusto equilibrio tra interessi dei singoli individui e bisogni della collettività”, ammesso che si possa tracciare, non può essere imposto da una legge.
(TOMASO MARCOLLA, Cordone ombelicale, 1993, acquerello, cm 30x42, per gentile concessione dell’autore)
Il caso è eccezionale anche per un’altra ragione: il cordone ombelicale, infatti, può essere donato, ma in forma anonima, senza che ci sia la possibilità di indicare il ricevente. La donazione diretta del cordone ombelicale è permessa soltanto nei casi in cui il donatore ha fratelli affetti da patologie curabili con un trapianto emopoietico; il sangue viene prelevato e utilizzato esclusivamente per i consanguinei. Come accade per la donazione degli organi da vivente.
Anche la conservazione del cordone ombelicale per uso autologo è vietata in Italia. In molti altri Paesi, invece, le partorienti possono conservare il cordone del proprio bambino come ‘banca privata’ di cellule staminali, qualora ve ne fosse bisogno in futuro. Chi volesse conservare il cordone del proprio figlio deve rivolgersi a banche estere, deve farlo personalmente e deve pagare dai duemila euro in su per la raccolta e una quota annua per la conservazione (vedi, ad esempio, Swiss Stem Cells Bank).
Quali sono le ragioni del divieto nostrano? Secondo alcuni vi sarebbe una ragione scientifica. La possibilità di dover ricorrere al proprio cordone ombelicale sarebbe tanto ridotta da essere irrilevante: circa un caso su oltre ventimila. L’improbabilità di utilizzo, tuttavia, non sembra sufficiente a motivare un divieto legale. Potrebbe essere una buona ragione per sconsigliare la conservazione del cordone a fini autologhi, ma non per impedirla. E allora? Giampietro Rupolo, coordinatore regionale per i trapianti del Veneto, invoca ragioni etiche. Conservare per sé il cordone costituirebbe una profonda erosione “del patrimonio di sensibilità alla donazione che si è costituito nella nostra società nel corso di questi anni”. Egoismo e rischio di diminuzione delle donazioni, in altre parole. Appare piuttosto discutibile la stretta correlazione tra la possibilità di conservare per sé e il rischio del crollo delle donazioni. Chi decide di donare non lo fa soltanto perché non può tenersi ciò che dona. Ma soprattutto, l’egoismo e il presunto effetto di riduzione delle donazioni non possono ragionevolmente sostenere un divieto legale. “Il giusto equilibrio tra interessi dei singoli individui e bisogni della collettività”, ammesso che si possa tracciare, non può essere imposto da una legge.
(TOMASO MARCOLLA, Cordone ombelicale, 1993, acquerello, cm 30x42, per gentile concessione dell’autore)
E adesso quali obiezioni si inventeranno?
Biologists have developed a technique for establishing colonies of human embryonic stem cells from an early human embryo without destroying it. This method, if confirmed in other laboratories, would seem to remove the principal objection to the research.
Scientists said the new method, which is being reported by researchers at Advanced Cell Technology today on the Web site of the journal Nature, could provide a reason to ease restrictions on federal financing of human embryonic stem cell research.
But critics of such research raised other objections, including the possible risk to the embryo and the in vitro fertilization procedure itself, in which embryos are generated from a couple’s egg and sperm.
The new technique would be performed on a 2-day-old embryo, after the fertilized egg has divided into eight cells, known as blastomeres. In fertility clinics, where the embryo is available outside the woman in the normal course of in vitro fertilization, one of these blastomeres can be removed for diagnostic tests, such as for Down syndrome.
The embryo, now with seven cells, can be implanted in the woman if no defect is found. Many such embryos have grown into apparently healthy babies over the 10 years or so the diagnostic tests have been used.
Up to now, human embryonic stem cells have been derived at a later stage of development, when the embryo consists of about 150 cells. Both this stage, called the blastocyst, and the earlier eight-cell stage occur before the embryo implants in the wall of the womb. Harvesting the blastocyst-stage cells kills the embryo, a principal objection of those who oppose the research.
“There is no rational reason left to oppose this research,” Robert Lanza, vice president of Advanced Cell Technology, based in Worcester, Mass., and leader of the research team, said in an interview.
The scientific development could intensify the politics of the stem cell debate and elevate the issue in the midterm elections in which some candidates are already making the research a central theme.
Human embryonic stem cells, which give rise to all the cells and tissues of the body, have caused excitement among scientists and patient-advocate groups as a potential source for new treatments for diseases such as Alzheimer’s, Parkinsons and diabetes.
Continua (Stem cell method saves embryo, Los Angeles Daily News, 23 agosto 2006).
Scientists said the new method, which is being reported by researchers at Advanced Cell Technology today on the Web site of the journal Nature, could provide a reason to ease restrictions on federal financing of human embryonic stem cell research.
But critics of such research raised other objections, including the possible risk to the embryo and the in vitro fertilization procedure itself, in which embryos are generated from a couple’s egg and sperm.
The new technique would be performed on a 2-day-old embryo, after the fertilized egg has divided into eight cells, known as blastomeres. In fertility clinics, where the embryo is available outside the woman in the normal course of in vitro fertilization, one of these blastomeres can be removed for diagnostic tests, such as for Down syndrome.
The embryo, now with seven cells, can be implanted in the woman if no defect is found. Many such embryos have grown into apparently healthy babies over the 10 years or so the diagnostic tests have been used.
Up to now, human embryonic stem cells have been derived at a later stage of development, when the embryo consists of about 150 cells. Both this stage, called the blastocyst, and the earlier eight-cell stage occur before the embryo implants in the wall of the womb. Harvesting the blastocyst-stage cells kills the embryo, a principal objection of those who oppose the research.
“There is no rational reason left to oppose this research,” Robert Lanza, vice president of Advanced Cell Technology, based in Worcester, Mass., and leader of the research team, said in an interview.
The scientific development could intensify the politics of the stem cell debate and elevate the issue in the midterm elections in which some candidates are already making the research a central theme.
Human embryonic stem cells, which give rise to all the cells and tissues of the body, have caused excitement among scientists and patient-advocate groups as a potential source for new treatments for diseases such as Alzheimer’s, Parkinsons and diabetes.
Continua (Stem cell method saves embryo, Los Angeles Daily News, 23 agosto 2006).
mercoledì 23 agosto 2006
Vita di plastica
La plastica è ormai nella catena alimentare. Assorbita da pesci di cui poi ci nutriamo. Ma presente anche in contenitori per la conservazione del cibo, Il Corriere della Sera, 22 agosto 2006.
La plastica è entrata definitivamente nella catena alimentare dell’uomo. Ne sono certi gli scienziati riuniti a Erice (Trapani), dove è in corso, in questi giorni, la 36esima Sessione dei Seminari internazionali sulle emergenze planetarie. Charles Moore, dell’Algalita Marine Research Foundation di Long Beach (Usa), ha spiegato che «L’enorme quantità di plastica dispersa negli oceani a livello globale produce particelle nocive che vengono liberate nelle acque, contaminando i pesci e altri organismi marini che trattengono sostanze come il policarbonatoplastico (Pcb), la diossina e altre molecole teratogene.
Entrando in questo modo nella catena alimentare dell’uomo».
APPARATO RIPRODUTTIVO. «Il bersaglio principale di queste sostanze – ha precisato Frederick S. vom Saal della Divisione di Scienze biologiche dell’Università del Missouri (Usa) – è l’apparato riproduttivo maschile e femminile. E il periodo di maggiore vulnerabilità verso questi componenti è quello della gravidanza. Durante la gestazione, infatti, la donna trasmette al feto questi elementi, che vanno a intaccare gli organi della mamma e il cervello del nascituro provocando effetti permanenti».
LE SOSTANZE ASSIMILATE. A essere assimilate sono soprattutto «la diossina, il Pcb, il Pvc (Polivinilepolidrato) e altre sostanze – ha aggiunto Shanna H. Swan del Centro di Epidemiologia riproduttiva di Rochester – e abbiamo osservato che nei bambini maschi nati da madri nelle quali si registrano alti livelli di questi elementi alcuni caratteri sessuali appaiono alterati». Come ulteriori conseguenze della diffusione di sostanze plastiche nella catena alimentare, gli studi epidemiologici presentati oggi a Erice dimostrano un eccessivo sviluppo del seno, una maggiore frequenza di casi di obesità e asma, ma anche disfunzioni immunitarie. «Sebbene si tratti ancora di cambiamenti ormonali di lieve intensità – ha aggiunto la Swan – quello che ci preoccupa è la diffusione globale di queste sostanze plastiche e dunque l’ampiezza del numero di persone colpite dei loro effetti. E un altro elemento che suscita preoccupazione nella comunità scientifica internazionale è la certezza che queste sostanze plastiche saranno trasmesse di generazione in generazione mutando, sebbene gradualmente, il patrimonio genetico dell’uomo». Purtroppo l’allarme non arriva soltanto dagli ambienti marini. Saal, concludendo il suo intervento, ha avvertito: «le sostanze plastiche sono presenti anche nei contenitori metallici che utilizziamo quotidianamente per la conservazione dei cibi o per la loro cottura a microonde».
Se tutti fossero Volontè
Un post di Ivo Silvestro («La società è finita», L’estinto, 23 agosto 2006) chiosa deliziosamente una nostra segnalazione sul discorso di Luca Volontè al Meeting di Comunione e Liberazione: cosa accadrebbe se tutti fossero suore e preti, o se tutti fossero idraulici? E a chiosa della chiosa, un commentatore aggiunge: «Ma soprattutto cosa accadrebbe se tutti fossimo Volontè?».
In una vera macedonia ci vuole anche la pera...
... da I veri laici dialogano con la fede, di Marcello Pera, Il Giornale, 23 agosto 2006, soltanto un estratto. Chi vuole approfondire.
Sul fatto che l’Europa sia diventata laicista e antireligiosa io non ho dubbi. Lo provano l’ipocrita preambolo alla Costituzione europea, ora defunta e, siccome laica, sepolta senza neppure i conforti religiosi, con la disperazione, immagino, dell’anima del povero De Gasperi, reclamato santo e celebrato perché voleva unificare l’Europa, ma dimenticando che lui l’Europa la voleva cristiana.Avevamo nostalgia di simili dichiarazioni. Sul caso Buttiglione.
Lo prova il celebre «caso Buttiglione», che va inteso come la ghettizzazione della religione non tanto nella sfera privata, ma nella sfera muta. Lo prova tutta la legislazione europea in materia di matrimonio, famiglia, droga, vita, morte. Su tali questioni oggi il Dio laico della Ragione trionfa sul Dio cristiano dell’amore: non ci sono più i «valori non negoziabili» di cui parla Benedetto XVI. E se per caso vuoi ancora affrontarle, quelle questioni, richiamandoti alla tradizione cristiana, non solo non ti prendi una pacca d’affetto sulle spalle, ti danno uno schiaffo sulle mani. E ti dicono: zitto tu, brutto vecchio oscurantista, conservatore, reazionario, retrogrado, e clericale: questa è la post-modernità, la libertà, la migliore laicità che passa la nouvelle cuisine francese.
martedì 22 agosto 2006
Un commento sullo statuto dell’embrione
Riportiamo qui di seguito il commento di un nostro lettore (a un post precedente), che ci sembra degno di essere letto indipendentemente dal thread a cui appartiene. È la risposta a un altro commentatore che sosteneva la tradizionale posizione cattolica.
Sancta simplicitas, scriveva Manzoni. La vera domanda da porsi è: come si fa ad affermare che l’essere umano/persona/individuo c’è dal concepimento “perché da lì si origina qualcosa che prima non esisteva, una entità che deve essere protetta”?... Date determinate premesse, non ci si può stupire se si giunge a determinate conclusioni, con buona pace di un interlocutore che continua ad evitare le domande. L’insieme delle cellule che, per effetto di determinati agenti mutageni, detti per l’appunto cancerogeni, danno origine ad una neoplasia, costituisce infatti e senza ombra di dubbio qualcosa “che prima non esisteva”, qualcosa di indiscutibilmente vivo e di inequivocabilmente umano, che quindi meriterebbe necessariamente rispetto e protezione in quanto rispondente per l’appunto proprio a quelle caratteristiche di “individuo” che il nostro amico instancabilmente e meccanicamente continua a propinarci senza minimamente preoccuparsi di portare a sostegno di tale velleitaria definizione almeno uno straccio di argomento con un minimo di valenza obiettiva. A noi il “prima non c’era e adesso c’è” non pare un argomento molto solido, nemmeno per le vecchiette della parrocchia, ma non abbiamo ottenuto altro...
“Non capisco: quel qualcosa diventerà un embrione … se noi lo uccidiamo non diventerà mai niente”. Sull’assurdo del verbo “uccidere” usato in questo contesto ci siamo già espressi, motivando le nostre affermazioni. Oltretutto, ci viene da chiederci in quale contesto ed in quale momento verrebbero compiuti atti specificamente rivolti alla distruzione di questi aggregati cellulari, che non vengono eliminati ma congelati per ritardarne il naturale deterioramento. Sul resto, sul problema del divenire, ricordiamo che non è possibile attribuire ad un ente caratteristiche sostanziali che questo ente non possiede, a prescindere dalla possibilità o meno che queste caratteristiche vengano ad essere possedute in futuro: un seme non è un albero, e sia che lo diventi o meno, non possiamo pretendere che un seme ci faccia ombra. E inoltre, per diventare albero, un seme necessita di un apporto esterno, nel suo caso di un fazzoletto di terra dove essere piantato e nutrito. Una blastocisti non è un individuo, e difficilmente potrà diventarlo rimanendo nel freezer senza una donna che la riceva. Allora la scelta sarà tra sprecare questo prezioso materiale genetico lasciandolo deteriorare oppure utilizzarlo al meglio. Per adesso, imperdonabilmente, abbiamo scelto di sprecarlo.
Non possiamo ad ogni modo concludere senza però sottolineare che, per parte nostra, ci eravamo comunque premurati di accennare sommariamente ai motivi, ad alcuni dei motivi, di ordine scientifico e filosofico che ci consentono di smascherare la mistificazione dell’embrione=persona e ciò, si badi bene, pur non essendovi tenuti, poiché riteniamo infatti che portare argomenti convincenti a sostegno delle proprie affermazioni sia in primo luogo compito di chi vuole imporre ad altri il proprio credo: ci attendevamo delle risposte, abbiamo ottenuto solo un religioso silenzio. Avevamo chiesto anche ragione del perché la tutela di fratello embrione, questa realtà così importante, sia motivo solo di divieti e che, per il resto, la strage degli innocenti non interessi a nessuno e che nessuna voce si sia mai levata per proporre dei rimedi volti ad arginare quella che andrebbe considerata come la prima causa di morte in assoluto: anche in questo caso ci attendevamo delle risposte, e abbiamo ottenuto solo un religioso silenzio.
Che dire allora, dinanzi a questo rifiuto della dialettica ed alla monocorde ripetizione di concetti preformati esibiti dal nostro interlocutore? Quale lezione ricavarne? A nostro avviso, che ci troviamo semplicemente di fronte non tanto e non solo ad un singolo individuo dalle limitate performances intellettuali, ma a quello stesso atteggiamento tenuto dal fronte cattolico integralista in campagna referendaria, atteggiamento ispirato dalla volontà delle gerarchie ecclesiastiche di cavalcare il tema della sacralità dell’embrione tout court, con l’intento di imporre l’abominio della legge 40/04 agli Italiani non perché si fosse particolarmente interessati alla mistica della difesa dell’embrione in quanto tale, ma al solo scopo di conficcare il primo paletto sul corpo del vero obiettivo, quella legge 194/78 che ha tolto il sonno ad ogni fondamentalista di questo paese, e tutto per la difesa della loro, ormai residua, capacità di imporre ad una società fortunatamente sempre più laica il proprio ruolo di dispensatori di verità immutabili. In ultima analisi, uno sporco war game giocato sulla pelle delle coppie sterili, dei malati gravi, dei portatori di malattie geneticamente trasmissibili. E delle libertà costituzionali di tutti noi. Ed a conferma di ciò ricordiamo, per l’ennesima volta, che in settecento anni di pensiero cattolico, da Tommaso fino a Jacques Maritain, principale consigliere spirituale di papa Paolo VI, il prodotto del concepimento non ha goduto affatto dello status di persona dotata di anima e di tutti gli altri simili gadgets religiosi e, coerentemente, non è mai stato considerato meritevole di particolari attenzioni. Ci si può ancora stupire se, in un contesto del genere, da nessuna voce cattolica ci siano mai pervenute risposte intelligenti a domande volutamente provocatorie ma ponderate come quelle da noi poste al nostro malcapitato interlocutore?...
Filippo
Sancta simplicitas, scriveva Manzoni. La vera domanda da porsi è: come si fa ad affermare che l’essere umano/persona/individuo c’è dal concepimento “perché da lì si origina qualcosa che prima non esisteva, una entità che deve essere protetta”?... Date determinate premesse, non ci si può stupire se si giunge a determinate conclusioni, con buona pace di un interlocutore che continua ad evitare le domande. L’insieme delle cellule che, per effetto di determinati agenti mutageni, detti per l’appunto cancerogeni, danno origine ad una neoplasia, costituisce infatti e senza ombra di dubbio qualcosa “che prima non esisteva”, qualcosa di indiscutibilmente vivo e di inequivocabilmente umano, che quindi meriterebbe necessariamente rispetto e protezione in quanto rispondente per l’appunto proprio a quelle caratteristiche di “individuo” che il nostro amico instancabilmente e meccanicamente continua a propinarci senza minimamente preoccuparsi di portare a sostegno di tale velleitaria definizione almeno uno straccio di argomento con un minimo di valenza obiettiva. A noi il “prima non c’era e adesso c’è” non pare un argomento molto solido, nemmeno per le vecchiette della parrocchia, ma non abbiamo ottenuto altro...
“Non capisco: quel qualcosa diventerà un embrione … se noi lo uccidiamo non diventerà mai niente”. Sull’assurdo del verbo “uccidere” usato in questo contesto ci siamo già espressi, motivando le nostre affermazioni. Oltretutto, ci viene da chiederci in quale contesto ed in quale momento verrebbero compiuti atti specificamente rivolti alla distruzione di questi aggregati cellulari, che non vengono eliminati ma congelati per ritardarne il naturale deterioramento. Sul resto, sul problema del divenire, ricordiamo che non è possibile attribuire ad un ente caratteristiche sostanziali che questo ente non possiede, a prescindere dalla possibilità o meno che queste caratteristiche vengano ad essere possedute in futuro: un seme non è un albero, e sia che lo diventi o meno, non possiamo pretendere che un seme ci faccia ombra. E inoltre, per diventare albero, un seme necessita di un apporto esterno, nel suo caso di un fazzoletto di terra dove essere piantato e nutrito. Una blastocisti non è un individuo, e difficilmente potrà diventarlo rimanendo nel freezer senza una donna che la riceva. Allora la scelta sarà tra sprecare questo prezioso materiale genetico lasciandolo deteriorare oppure utilizzarlo al meglio. Per adesso, imperdonabilmente, abbiamo scelto di sprecarlo.
Non possiamo ad ogni modo concludere senza però sottolineare che, per parte nostra, ci eravamo comunque premurati di accennare sommariamente ai motivi, ad alcuni dei motivi, di ordine scientifico e filosofico che ci consentono di smascherare la mistificazione dell’embrione=persona e ciò, si badi bene, pur non essendovi tenuti, poiché riteniamo infatti che portare argomenti convincenti a sostegno delle proprie affermazioni sia in primo luogo compito di chi vuole imporre ad altri il proprio credo: ci attendevamo delle risposte, abbiamo ottenuto solo un religioso silenzio. Avevamo chiesto anche ragione del perché la tutela di fratello embrione, questa realtà così importante, sia motivo solo di divieti e che, per il resto, la strage degli innocenti non interessi a nessuno e che nessuna voce si sia mai levata per proporre dei rimedi volti ad arginare quella che andrebbe considerata come la prima causa di morte in assoluto: anche in questo caso ci attendevamo delle risposte, e abbiamo ottenuto solo un religioso silenzio.
Che dire allora, dinanzi a questo rifiuto della dialettica ed alla monocorde ripetizione di concetti preformati esibiti dal nostro interlocutore? Quale lezione ricavarne? A nostro avviso, che ci troviamo semplicemente di fronte non tanto e non solo ad un singolo individuo dalle limitate performances intellettuali, ma a quello stesso atteggiamento tenuto dal fronte cattolico integralista in campagna referendaria, atteggiamento ispirato dalla volontà delle gerarchie ecclesiastiche di cavalcare il tema della sacralità dell’embrione tout court, con l’intento di imporre l’abominio della legge 40/04 agli Italiani non perché si fosse particolarmente interessati alla mistica della difesa dell’embrione in quanto tale, ma al solo scopo di conficcare il primo paletto sul corpo del vero obiettivo, quella legge 194/78 che ha tolto il sonno ad ogni fondamentalista di questo paese, e tutto per la difesa della loro, ormai residua, capacità di imporre ad una società fortunatamente sempre più laica il proprio ruolo di dispensatori di verità immutabili. In ultima analisi, uno sporco war game giocato sulla pelle delle coppie sterili, dei malati gravi, dei portatori di malattie geneticamente trasmissibili. E delle libertà costituzionali di tutti noi. Ed a conferma di ciò ricordiamo, per l’ennesima volta, che in settecento anni di pensiero cattolico, da Tommaso fino a Jacques Maritain, principale consigliere spirituale di papa Paolo VI, il prodotto del concepimento non ha goduto affatto dello status di persona dotata di anima e di tutti gli altri simili gadgets religiosi e, coerentemente, non è mai stato considerato meritevole di particolari attenzioni. Ci si può ancora stupire se, in un contesto del genere, da nessuna voce cattolica ci siano mai pervenute risposte intelligenti a domande volutamente provocatorie ma ponderate come quelle da noi poste al nostro malcapitato interlocutore?...
Filippo
Tutti contro Francis Collins
Non siamo solo noi di Bioetica a dare addosso a Francis Collins, scienziato credente per cui spasimano al Foglio, e a cui abbiamo dedicato un post ieri – anzi, due. Su TruthDig Sam Harris infierisce a sua volta senza riguardi («The Language of Ignorance», 15 agosto 2006):
Francis Collins – physical chemist, medical geneticist and head of the Human Genome Project – has written a book entitled “The Language of God.” In it, he attempts to demonstrate that there is “a consistent and profoundly satisfying harmony” between 21st-century science and evangelical Christianity. To say that he fails at his task does not quite get at the inadequacy of his efforts. He fails the way a surgeon would fail if he attempted to operate using only his toes. His failure is predictable, spectacular and vile. “The Language of God” reads like a hoax text, and the knowledge that it is not a hoax should be disturbing to anyone who cares about the future of intellectual and political discourse in the United States. …Da leggere anche il resto.
After finding himself powerless to detect any errors in the philosophizing of C.S. Lewis (a truly ominous sign), Collins describes the moment that he, as a scientist, finally became convinced of the divinity of Jesus Christ:On a beautiful fall day, as I was hiking in the Cascade Mountains … the majesty and beauty of God’s creation overwhelmed my resistance. As I rounded a corner and saw a beautiful and unexpected frozen waterfall, hundreds of feet high, I knew the search was over. The next morning, I knelt in the dewy grass as the sun rose and surrendered to Jesus Christ.If this account of field research seems a little thin, don’t worry – a recent profile of Collins in Time magazine offers supplementary data. Here, we learn that the waterfall was frozen in three streams, which put the good doctor in mind of the Trinity...
It is at this point that thoughts of suicide might occur to any reader who has placed undue trust in the intellectual integrity of his fellow human beings. One would hope that it would be immediately obvious to Collins that there is nothing about seeing a frozen waterfall (no matter how frozen) that offers the slightest corroboration of the doctrine of Christianity. But it was not obvious to him as he “knelt in the dewy grass,” and it is not obvious to him now. Indeed, I fear that it will not be obvious to many of his readers.
If the beauty of nature can mean that Jesus really is the son of God, then anything can mean anything. Let us say that I saw the same waterfall, and its three streams reminded me of Romulus, Remus and the She-wolf, the mythical founders of Rome. How reasonable would it be for me to know, from that moment forward, that Italy would one day win the World Cup? This epiphany, while perfectly psychotic, would actually put me on firmer ground than Collins – because Italy did win the World Cup. Collins’ alpine conversion would be a ludicrous non sequitur even if Jesus does return to Earth trailing clouds of glory.
While the mere sighting of a waterfall appears to have been sufficient to answer all important questions of theology for Collins, he imagines himself to be in possession of further evidence attesting to the divinity of Jesus, the omnipotence of God and the divine origin of the Bible. The most compelling of these data, in his view, is the fact that human beings have a sense of right and wrong. Collins follows Lewis here, as faithfully as if he were on a leash, and declares that the “moral law” is so inscrutable a thing as to admit of only a supernatural explanation. According to Collins, the moral law applies exclusively to human beings:Though other animals may at times appear to show glimmerings of a moral sense, they are certainly not widespread, and in many instances other species’ behavior seems to be in dramatic contrast to any sense of universal rightness.One wonders if the author has ever read a newspaper. The behavior of humans offers no such “dramatic contrast.” How badly must human beings behave to put this “sense of universal rightness” in doubt? And just how widespread must “glimmerings” of morality be among other animals before Collins – who, after all, knows a thing or two about genes – begins to wonder whether our moral sense has evolutionary precursors in the natural world? What if mice showed greater distress at the suffering of familiar mice than unfamiliar ones? (They do.) What if monkeys will starve themselves to prevent their cage-mates from receiving painful shocks? (They will.) What if chimps have a demonstrable sense of fairness when receiving food rewards? (They have.) Wouldn’t these be precisely the sorts of findings one would expect if our morality were the product of evolution? …
In his role as Christian apologist, Collins also makes the repellent claim that “the traditional lore about Galileo’s persecutions by the Church is overblown.” Lest we forget: Galileo, the greatest scientist of his time, was forced to his knees under threat of torture and death, obliged to recant his understanding of the Earth’s motion, and placed under house arrest for the rest of his life by steely-eyed religious maniacs. He worked at a time when every European intellectual lived in the grip of a Church that thought nothing of burning scholars alive for merely speculating about the nature of the stars. As Collins notes, this is the same Church that did not absolve Galileo of heresy for 350 years (in 1992). When it did, it ascribed his genius to God, “who, stirring in the depths of his spirit, stimulated him, anticipating and assisting his intuitions.” Collins clearly approves of this sordid appropriation, and goes on to say that all the fuss about Galileo was, in the end, unnecessary, because “the claims that heliocentricity contradicted the Bible are now seen to have been overstated...” (And what if they weren’t overstated? What then?) It is simply astonishing that a scientist has produced such a pious glossing of the centuries of religious barbarism that were visited upon generations of other scientists.
If one wonders how beguiled, self-deceived and carefree in the service of fallacy a scientist can be in the United States in the 21st century, “The Language of God” provides the answer. The only thing that mitigates the harm this book will do to the stature of science in the United States is that it will be mostly read by people for whom science has little stature already. Viewed from abroad, “The Language of God” will be seen as another reason to wonder about the fate of American society. Indeed, it is rare that one sees the thumbprint of historical contingency so visible on the lens of intellectual discourse. This is an American book, attesting to American ignorance, written for Americans who believe that ignorance is stronger than death. Reading it should provoke feelings of collective guilt in any sensitive secularist. We should be ashamed that this book was written in our own time.
Fregola teocratica
Dal Tempo di ieri («Il crocifisso a scuola e negli uffici pubblici», 21 agosto 2006, p. 11):
Il crocifisso, «elemento essenziale e costitutivo del patrimonio storico e civico-culturale dell’Italia», a scuola e nelle università per legge. In tutti gli uffici pubblici, nei seggi elettorali, nelle carceri, negli ospedali, nelle stazioni, nei porti e negli aeroporti. E i valori cristiani, «linee guida del vivere civile», nella Costituzione.Non voglio drammatizzare: due proposte di legge così non sarebbero passate nemmeno nella scorsa legislatura, figuriamoci in quella attuale. Sono cose che si fanno per guadagnare qualche benemerenza presso i più forsennati (e meno scaltri) dei propri elettori; ma certo danno il segno del degrado delle istituzioni democratiche. In altri tempi sarebbe stato inconcepibile che un parlamentare della Repubblica vomitasse pubblicamente simili bestialità.
È quanto prevedono due provvedimenti targati Cdl, presentati alla Camera e al Senato. Il primo è del deputato leghista Federico Bricolo, che vorrebbe esporre il crocifisso in tutti gli uffici della pubblica amministrazione e in molti altri luoghi del vivere comune. E guai a gettarlo dalla finestra di un ospedale o rimuoverlo da un seggio a urne aperte: si rischierebbero sei mesi di carcere.
A Palazzo Madama il disegno di legge è opera del senatore di Forza Italia Cosimo Izzo. Rimasti fuori dalla Costituzione europea, sostituiti dopo mesi di dibattito da generiche «eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa», i valori cattolici – secondo la proposta di Izzo – dovrebbero essere sanciti nella Carta costituzionale italiana all’art. 2.
«Nel nostro Paese – spiega Izzo – sarebbe ormai in atto un processo irreversibile di decadenza del sentimento religioso, che lascerebbe il posto ad una cultura laica, orientata ad una visione materialistica ed edonistica della vita». Il «cuore» del nuovo comma allora reciterebbe così: «La Repubblica riconosce la cultura, le tradizioni e i valori cristiani che hanno caratterizzato la storia d’Italia e dell’Europa quali principi fondamentali ispiratori dell’assetto della società civile».
Lo spirito del provvedimento coincide con quello del leghista Bricolo. «Il crocifisso – spiega il deputato – rimane per migliaia di cittadini, famiglie e lavoratori il simbolo della storia condivisa da un intero popolo». E per questo dovrebbe essere esposto praticamente ovunque. Anche all’estero, negli uffici e nelle sede diplomatiche italiane sparse nel mondo.
La proposta di legge, poi, prevede sei mesi di carcere o una multa da 500 a 1.000 euro per «chiunque rimuova in odio ad esso l’emblema della croce o del crocifisso dal pubblico ufficio in cui è esposto». Ma non solo: alle sanzioni sarebbero esposti anche gli incaricati che si rifiutassero di esporlo o che mancassero nel loro compito di vigilanza.
RU486: oltre a Morresi e Roccella, ci si mettono pure le News di Articolo 21
Le posizioni di Assuntina Morresi e di Eugenia Roccella sono ormai piuttosto note. Così come le nostre posizioni al riguardo. Ad aggravare le insensatezze ricorrenti sulla RU486 e altri temi biotecnologici ci si mette questa volta anche un articolo pubblicato su Articolo 21 News, dal titolo Aborto: RU486; meeting, strumento per metter mano a legge 194 (anche la punteggiatura e l’italiano lasciano piuttosto a desiderare...), 21 agosto 2006. Sarà il caldo?
La truffa colossale, poi, sembra essere l’abuso di espressioni volutamente scioccanti, ma prive di qualunque contenuto. Ma andiamo avanti.
Per la storia, il funzionamento e gli effetti della RU486 rimandiamo a RU486, la scienza si aggiorna... la pratica no. Per quanto riguarda l’attacco che la RU486 sferrerebbe alla 194, è utile riportare di seguito l’articolo 15 della legge sulla interruzione volontaria di gravidanza: Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza.
La pillola RU 486 “è una truffa colossale dal sapore squisitamente mediatico-commerciale che ha anche una valenza politica: far esplodere la legge 194 per consentire la privatizzazione dell’aborto”.Liberazione della donna, verrebbe da dire, dalla ragionevolezza e dall’onestà di offrire ‘prove’ delle proprie dichiarazioni. Liberazione riuscita alla perfezione per la Roccella. Chissà che non le abbia barattate per ottenere l’immortalità (non di certo l’onniscienza!). La confusione tra la RU486 e la pillola del giorno dopo è da attribuire verosimilmente agli estensori dell’intervista. Consigliamo loro di documentarsi prima di avventurarsi in campi sconosciuti e misteriosi.
È duro l’attacco contro la ‘pillola del giorno dopo’ mosso al Meeting di Cl da Eugenia Roccella ex leader del Movimento di liberazione della donna durante un incontro con Giancarlo Cesana.
La truffa colossale, poi, sembra essere l’abuso di espressioni volutamente scioccanti, ma prive di qualunque contenuto. Ma andiamo avanti.
“La Ru486 – dice Assuntina Morresi, docente di Chimica dell’Università di Perugia, parlando a circa mille persone – … è una truffa sulla pelle delle donne perché si dice che l’aborto è facile, mentre in realtà è carico di dolore e sofferenza”. E, secondo la studiosa, quello che in Cina viene chiamato il ‘farmaco incubo’ non è una pillola del giorno dopo, ma un composto ormonale letale (mifepristone) che, in sinergia con una prostaglandina, provoca in successione la necrosi dell’embrione per assenza di nutrimento ed un falso aborto spontaneo molto doloroso, e soprattutto emorragico, entro 15/30 giorni dall’assunzione dei farmaci.Roccella o Morresi? Non sarebbe chiaro in modo cristallino per quale ragione adesso a parlare è Morresi (almeno dall’articolo, lo diventa andandosi a guardare il programma: LA FAVOLA DELL’ABORTO FACILE. Miti e realtà della pillola RU486. Presentazione del libro di Eugenia Roccella e Assuntina Morresi), sebbene lo scambio di nomi non è particolarmente grave dal momento che la visione che abbracciano è senza dubbio la stessa. Non siamo comunque in grado di distinguere le genuine affermazioni della/e nostra/e dalle pessime interpretazioni di chi ha riportato le sue/loro parole.
Per la storia, il funzionamento e gli effetti della RU486 rimandiamo a RU486, la scienza si aggiorna... la pratica no. Per quanto riguarda l’attacco che la RU486 sferrerebbe alla 194, è utile riportare di seguito l’articolo 15 della legge sulla interruzione volontaria di gravidanza: Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza.
“Le ricadute sociali di questa privatizzazione dell’aborto, ha continuato la Roccella, rappresentano il lato oscuro della maternità: il rapporto fra madre e bambino rientrerebbe così nella sfera della privacy, mentre nella maggior parte dei casi le morti avvengono tra il tinello e la cucina, nella totale solitudine e nella sottostima dei sintomi da parte dei medici.La descrizione delle morti avvenute tra il tinello e la cucina rievoca decisamente le brutte storie di mammane e aborti clandestini (forse c’è stata una sovrapposizione mnemonica?) piuttosto che il ricorso all’aborto farmacologico. In che modo ci sarebbe un attacco alla maternità non è chiaro. Come tante altre vicende umane, d’altra parte. Rassegnamoci al mistero.
L’attacco alla maternità, con tutti gli strumenti biotecnologici e scientifici, è un attacco al cuore della civiltà, dal momento che il rapporto madre-figlio rappresenta un atto di riconoscimento pubblico e sociale”.
Lo Hobbit esce di scena?
Un articolo di prossima pubblicazione nei Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America sembrerebbe porre la parola «Fine» all’odissea scientifica dell’Homo floresiensis (battezzato più informalmente «Hobbit»), la specie di minuscoli ominidi che, secondo i suoi scopritori, avrebbe abitato l’isola indonesiana di Flores fino a 13000 anni fa.
Per gli autori dell’articolo, i resti dell’individuo meglio conservato (chiamato con la sigla LB1), che sono serviti a delineare le caratteristiche della «nuova» specie, presentano invece anomalie anatomiche (a partire da un’evidente asimmetria bilaterale del cranio) che si spiegano meglio con l’ipotesi di un Homo sapiens affetto da gravi deformazioni fisiche. In particolare, l’estrema piccolezza delle dimensioni cerebrali sarebbe da attribuire a una forma di microcefalia; altre peculiarità sarebbero invece presenti anche nei moderni pigmei della zona.
Ci sono già alcune reazioni: da quella nel complesso positiva di John Hawks («Is this the end for Homo floresiensis?», John Hawks Weblog, 21 agosto 2006), per il quale rimane comunque il problema di spiegare la presenza di H. sapiens così presto (95000 anni fa) in Estremo Oriente, a quella decisamente negativa di Peter Brown, uno degli scopritori di questi fossili umani, che respinge le conclusioni dell’articolo (l’asimmetria del cranio, per esempio, sarebbe dovuta secondo lui alla pressione esercitata dai sedimenti che lo ricoprivano; vedi John Noble Wilford, «Report Reignites Feud Over ‘Little People of Flores’», The New York Times, 21 agosto).
In attesa dell’uscita dell’articolo originale, si può leggere il testo del comunicato stampa della Penn State University.
Aggiornamento: su Scientific American Kate Wong dà spazio alle ragioni di chi ritiene ancora che gli Hobbit costituiscano una specie diversa da H. sapiens («Hobbit Hubbub», 22 agosto). H. floresiensis non è – forse – ancora spacciato.
Aggiornamento 2: l’articolo è ora disponibile online: T. Jacob et al., «Pygmoid Australomelanesian Homo sapiens skeletal remains from Liang Bua, Flores: Population affinities and pathological abnormalities».
Per gli autori dell’articolo, i resti dell’individuo meglio conservato (chiamato con la sigla LB1), che sono serviti a delineare le caratteristiche della «nuova» specie, presentano invece anomalie anatomiche (a partire da un’evidente asimmetria bilaterale del cranio) che si spiegano meglio con l’ipotesi di un Homo sapiens affetto da gravi deformazioni fisiche. In particolare, l’estrema piccolezza delle dimensioni cerebrali sarebbe da attribuire a una forma di microcefalia; altre peculiarità sarebbero invece presenti anche nei moderni pigmei della zona.
Ci sono già alcune reazioni: da quella nel complesso positiva di John Hawks («Is this the end for Homo floresiensis?», John Hawks Weblog, 21 agosto 2006), per il quale rimane comunque il problema di spiegare la presenza di H. sapiens così presto (95000 anni fa) in Estremo Oriente, a quella decisamente negativa di Peter Brown, uno degli scopritori di questi fossili umani, che respinge le conclusioni dell’articolo (l’asimmetria del cranio, per esempio, sarebbe dovuta secondo lui alla pressione esercitata dai sedimenti che lo ricoprivano; vedi John Noble Wilford, «Report Reignites Feud Over ‘Little People of Flores’», The New York Times, 21 agosto).
In attesa dell’uscita dell’articolo originale, si può leggere il testo del comunicato stampa della Penn State University.
Aggiornamento: su Scientific American Kate Wong dà spazio alle ragioni di chi ritiene ancora che gli Hobbit costituiscano una specie diversa da H. sapiens («Hobbit Hubbub», 22 agosto). H. floresiensis non è – forse – ancora spacciato.
Aggiornamento 2: l’articolo è ora disponibile online: T. Jacob et al., «Pygmoid Australomelanesian Homo sapiens skeletal remains from Liang Bua, Flores: Population affinities and pathological abnormalities».
La mutazione genetica, la malattia della libertà e il matrimonio leggero
Ovvero: considerazioni sulla famiglia e sui PACS nel Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, 21 Agosto 2006, Dalla famiglia ai Pacs: una mutuazione genetica. Mi astengo dal fare commenti, credo sia sufficiente leggere il testo.
A tema oggi pomeriggio al Meeting lo scontro tra famiglia e PACS: ne hanno discusso, introdotti da Caterina Tartaglione, Presidente del Sindacato delle Famiglie, Paola Soave Vice Presidente Forum Associazioni Familiari, Paola Binetti, Senatrice della Repubblica, Luca Volontè, Deputato al Parlamento e Carmen Carròn, di “Plataforma per la Famiglia”.
Assistiamo oggi, ha detto la Tartaglione, all’intento di portare avanti, da parte di molti Paesi dell’Unione Europea, i Patti civili di solidarietà sociale, nati in Francia nel 1999, che non prevedono nessun tipo di fedeltà e dove doveri ed obblighi variano a seconda dei casi. Il fenomeno delle coppie di fatto, secondo i dati ISTAT, coinvolge in Italia circa 500mila persone, a fronte dei 22 milioni impegnati in unioni di tipo tradizionale. Nonostante l’esiguità del numero, il fenomeno è amplificato da una spinta massmediatica molto rilevante, tesa a cambiare la definizione di famiglia.
“La famiglia tradizionale è considerata un retaggio del passato – ha proseguito – e questo accade perché la modernità vuole cambiamenti a tutti i costi, a discapito della durata, della fedeltà e della stabilità familiare”. “La morale diventa slegata dall’ideale”, ha concluso. La mutazione genetica del titolo dell’incontro, ha esordito la Soave, rimanda alla necessità di partire dell’oggettività della famiglia e non dalla soggettività. “La famiglia è un dato, non l’ha creata l’uomo” ricordando la Genesi.
L’uomo si realizza in una relazione con altro da sé: l’uomo è per la donna e viceversa. Per questo motivo il genoma della famiglia è un dato: la reciprocità assicura la discendenza. Oggi, come ha ricordato il Papa a Valencia, prevale l’immagine dell’individuo inteso come soggetto autonomo, che basta a se stesso. Questa immagine tende a cambiare la vita sociale che sembra essere affetta da una lato da una “malattia della libertà”, assenza di legami stabili e definitivi in nome della cultura del mutevole e del provvisorio; dall’altra una “concezione privatistica” della famiglia (la società sembra riconoscerla più come soggetto sociale il cui protagonista è il “coniuge”, che svolge una “funzione generativa” e da protagonista nella società).
Non si tratta, ha ribadito la Soave, di discriminare ma di differenziare: la questione “riguarda l’essere e non l’agire”. Con i PACS si vuole proporre una sorta di “matrimonio leggero”, creando a priori l’illusione di essere liberi perché in grado di scegliere quello che si vuole. Nessuno da cinquant’anni a questa parte, salvo sporadici casi, ha preso realmente in considerazione la promozione della famiglia e tutto dice che “chi è penalizzato è chi è sposato. Nella società di oggi, ha esordito la Binetti, assistiamo a “fenomeni disgregativi” e ad una “patologia del sistema famiglia”, da una parte genitori che si chiudono alla paternità e alla maternità e dall’altra a figli che si chiudono al rapporto con i propri genitori.
Per questi motivi il rifondare la famiglia non è una questione solo a livello di coppia, ma implica numerosi aspetti su cui occorre indagare, in modo da ribaltare i dati ISTAT di cui parlava la Soave. “Io non ho angoscia a pensare ad una coppia omosessuale: quello che mi angoscia sono i limiti, i contorni della vicenda”. Il legislatore deve preoccuparsi del diritto di tutti ma deve essere attento a non favorire la precarietà, l’instabilità e l’incertezza. A questi fenomeni si è arrivati perché viviamo in un contesto dove “volere è potere”, per cui si esigono le leggi. In tal modo ci priviamo della cultura della nostra corporeità che, nei fatti, è da assumere nella sua dimensione reale (sessuata).
Dal canto suo, Volontè, ha detto di voler contribuire ai lavori facendo un intervento da “genitore” e in questo senso si è detto dispiaciuto del fatto che i 9/10 degli italiani vedono calpestati i loro diritti quando pagano le tasse secondo il reddito e non secondo i componenti del nucleo familiare, o quando non si è liberi di educare i propri figli, in barba a quanto scritto nella Costituzione. “Il pericolo vero – ha proseguito – è il terrore della fedeltà”. C’è una regressione dei legami che è funzionale a chi comanda. Se non ci si ribella a questa direzione, supportata tra l’altro anche dai maggiori organi di stampa, si arriva sull’orlo del baratro. I PACS non sono un modello di vita di una società democratica perché in una società con 40 milioni di omosessuali non nascerebbe più nessuno. “Una società che discute di PACS è finita”, ha concluso Volontè.
A lezione di catechismo (1)
Confesso la mia discreta ignoranza in materia di catechismo. Ed allora ho deciso di rimediare con un appuntamento più o meno fisso di vere e proprie lezioni di catechismo. Ho deciso altresì di iniziare con la parte terza del catechismo della chiesa cattolica, sesto comandamento, alla voce Le offese alla castità.
2351 La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione.È interessante che lo stupro violi prima la giustizia e la carità, e solo in un secondo momento il diritto al rispetto alla libertà e alla intergità fisica e morale. Evoca il codice Zanardelli, secondo il quale lo stupro costituiva una violazione del buon nome della famiglia e imponeva come condizione necessaria la verginità della ‘vittima’ per configurare il reato di stupro. Per fortuna da allora il codice penale si è evoluto…
2353 La fornicazione è l’unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla generazione e all’educazione dei figli. Inoltre è un grave scandalo quando vi sia corruzione dei giovani.
2356 Lo stupro indica l’entrata con forza, mediante violenza, nell’intimità sessuale di una persona. Esso viola la giustizia e la carità. Lo stupro lede profondamente il diritto di ciascuno al rispetto, alla libertà, all’integrità fisica e morale. Arreca un grave danno, che può segnare la vittima per tutta la vita. È sempre un atto intrinsecamente cattivo. Ancora più grave è lo stupro commesso da parte di parenti stretti (incesto) o di educatori ai danni degli allievi che sono loro affidati.
lunedì 21 agosto 2006
Eugenetica: il peso dei ricordi (per rispondere a Francis Collins)
Spesso l’eugenetica è usata come spauracchio e come motivo incontestabile per condannare le tecniche di procreazione assistita (si pensi alle motivazioni per vietare la diagnosi genetica di preimpianto) e le innovazioni biotecnologiche in generale.
Il richiamo è sbagliato storicamente e scorretto concettualmente, perché il sottinteso è che “eugenetica” coincida con la politica razziale nazista e perché l’antica eugenetica non ha nulla a che fare con le possibilità che la scienza oggi offre – che potremmo chiamare l’eugenetica attuale o manipolazione genetica migliorativa.
L’eugenetica è oppressa dal ricordo della politica nazista di miglioramento della razza e da quel movimento eugenetico che si sviluppa alla fine dell’ottocento e si diffonde in Paesi insospettabili come Inghilterra e Stati Uniti. Seppure in contesti molto dissimili, lo scopo comune dell’ideologia eugenetica consisteva nel migliorare la razza, attraverso l’eliminazione di tutti gli elementi difettosi: mascalzoni, prostitute, criminali, ma anche insufficienti mentali, pazzi, poveri o appartenenti a presunte razze inferiori dovevano essere eliminati, o almeno dovevano essere cancellati dai processi riproduttivi al fine di estirpare i loro geni difettosi. Il fantasma dell’eugenetica nazista è ben conosciuto; forse è meno noto quello che accadde negli Stati Uniti all’inizio del novecento. Tra il 1907 e il 1940 la caccia agli indegni (the hunt of unfit) causa la sterilizzazione forzata o la castrazione di migliaia di esseri umani: la maggior parte di essi erano deboli di mente, malviventi oppure considerati moralmente degenerati; 700 furono classificati come “altro”. La differenza tra quella eugenetica e l’eugenetica attuale è profonda, e l’assoluta condanna della prima non può essere trasferita, totalmente o parzialmente, sulla seconda. L’eugenetica al servizio di una razza migliore schiaccia l’individuo e la sua libertà in nome di una idea autoritaria; per il benessere dell’umanità non esita a maltrattare, umiliare e perfino a uccidere i singoli uomini. La libertà individuale è spazzata via dalla necessità di raggiungere uno scopo che trascende le persone. Al contrario, la possibilità di intervenire a scopo migliorativo sul genoma del nascituro costituisce l’ampliamento della sfera della libertà degli individui, che in quanto futuri genitori scelgono di conferire un vantaggio al nascituro, allo stesso modo in cui possono scegliere il luogo dove farlo nascere e il pediatra che giudicano migliore. Il nascituro non rischia nessun danneggiamento né alcuna violazione dei suoi diritti, ma gode della possibilità di nascere nelle migliori condizioni possibili. L’orrore dell’eugenetica razziale nulla ha a che vedere con gli interventi di manipolazione genetica migliorativa.
Il richiamo è sbagliato storicamente e scorretto concettualmente, perché il sottinteso è che “eugenetica” coincida con la politica razziale nazista e perché l’antica eugenetica non ha nulla a che fare con le possibilità che la scienza oggi offre – che potremmo chiamare l’eugenetica attuale o manipolazione genetica migliorativa.
L’eugenetica è oppressa dal ricordo della politica nazista di miglioramento della razza e da quel movimento eugenetico che si sviluppa alla fine dell’ottocento e si diffonde in Paesi insospettabili come Inghilterra e Stati Uniti. Seppure in contesti molto dissimili, lo scopo comune dell’ideologia eugenetica consisteva nel migliorare la razza, attraverso l’eliminazione di tutti gli elementi difettosi: mascalzoni, prostitute, criminali, ma anche insufficienti mentali, pazzi, poveri o appartenenti a presunte razze inferiori dovevano essere eliminati, o almeno dovevano essere cancellati dai processi riproduttivi al fine di estirpare i loro geni difettosi. Il fantasma dell’eugenetica nazista è ben conosciuto; forse è meno noto quello che accadde negli Stati Uniti all’inizio del novecento. Tra il 1907 e il 1940 la caccia agli indegni (the hunt of unfit) causa la sterilizzazione forzata o la castrazione di migliaia di esseri umani: la maggior parte di essi erano deboli di mente, malviventi oppure considerati moralmente degenerati; 700 furono classificati come “altro”. La differenza tra quella eugenetica e l’eugenetica attuale è profonda, e l’assoluta condanna della prima non può essere trasferita, totalmente o parzialmente, sulla seconda. L’eugenetica al servizio di una razza migliore schiaccia l’individuo e la sua libertà in nome di una idea autoritaria; per il benessere dell’umanità non esita a maltrattare, umiliare e perfino a uccidere i singoli uomini. La libertà individuale è spazzata via dalla necessità di raggiungere uno scopo che trascende le persone. Al contrario, la possibilità di intervenire a scopo migliorativo sul genoma del nascituro costituisce l’ampliamento della sfera della libertà degli individui, che in quanto futuri genitori scelgono di conferire un vantaggio al nascituro, allo stesso modo in cui possono scegliere il luogo dove farlo nascere e il pediatra che giudicano migliore. Il nascituro non rischia nessun danneggiamento né alcuna violazione dei suoi diritti, ma gode della possibilità di nascere nelle migliori condizioni possibili. L’orrore dell’eugenetica razziale nulla ha a che vedere con gli interventi di manipolazione genetica migliorativa.