Assuntina Morresi ha aggiunto oggi un commento lungo e meditato al post «
La theoconette»; poiché la risposta deve essere necessariamente altrettanto lunga e impegnativa, abbiamo pensato di farne – assieme al testo della nostra commentatrice – un post a parte.
AM: La novità di quanto sta accadendo sta proprio nel fatto che chi rimane comunque favorevole alla legalizzazione dell’aborto si pone problemi sulle conseguenze, come ad esempio quello sui feti nati vivi: forse non sai che la legge inglese sull’aborto contempla il feticidio, il che significa che feti vivi sono sempre stati fatti fuori e nessuno prima se ne era mai preoccupato (e comunque il 10% delle donne inglesi vorrebbe fuori legge l’aborto).
Quell’articolo sul
New York Times: è come se in Italia la Bonino avesse scritto su
Repubblica: basta, dobbiamo cominciare a fare in modo che il numero di aborti sia zero. E non come gioco retorico di parole, ma come inizio di dibattito pubblico. È una novità assoluta, tanto è vero che attualmente negli USA sono in ballo progetti per diminuire il numero degli aborti che coinvolgono sia la famigerata Planned Parenthood che movimenti pro-life, fatto impensabile fino a pochi anni fa.
Superare le divisioni pro-choice/pro-life significa questo, e non che una delle due parti cambi idea.
GR: Io sono convinto che la Bonino non avrebbe alcuna difficoltà a scrivere o sottoscrivere quella frase, come del resto chiunque del campo
pro-choice; pensare altrimenti significa credere che qualcuno concepisca l’interruzione di gravidanza come un fine desiderabile in sé. L’aborto è un mezzo per ridurre le gravidanze indesiderate o non più volute, e basta. È per questo che notavo la profonda banalità del pezzo di Saletan sul
New York Times, quando afferma: «I’ve never met a woman who wouldn’t rather have avoided the pregnancy in the first place». Ovviamente per i
pro-choice l’aborto va evitato in quanto è un intervento non esente da rischi e conseguenze indesiderabili, mentre per i
pro-life è prima di tutto un omicidio (e Saletan, nel
dibattito con la Pollitt, mi sembra più vicino ai secondi che ai primi; quanto al feticidio, se inteso come soppressione di un feto vivo che potrebbe altrimenti sopravvivere, rappresenta un problema che in termini numerici relativi è di infima importanza). Identica distanza per i modi con cui si intende diminuire il numero degli aborti (contraccezione/dissuasione): è come se – il paragone non vuole essere irriverente – qualcuno volesse ridurre il numero delle visite dentistiche diffondendo l’igiene orale e la fluorizzazione delle acque, mentre qualcun altro sostenesse che estrarre un molare è un crimine, e che il mal di denti va curato con l’aspirina e l’astensione dai peccati di gola. Direi che la collaborazione si preannuncia difficile...
AM: Sul sondaggio dell’Eurispes, ti rimando a un
link che lo spiega bene. Neanche tu lo hai letto correttamente.
GR: Vediamo. Io ho scritto: «il 74,6% degli Italiani (col 72,9% dei cattolici e l’86,8% dei non cattolici) è favorevole all’aborto in caso di gravi anomalie e malformazioni del feto. Non parrebbe una posizione del tutto coerente con quella delle gerarchie cattoliche...». Nella pagina che segnali si legge: «terrebbe un figlio anche se handicappato grave il 27,1% di chi si dichiara cattolico, da confrontarsi con il 36,8% dei praticanti». Ne deduco che su una questione sensibile – l’opinione manifestata farebbe gridare ad alcuni «dàlli all’eugenista!», no? – esiste una frattura profonda tra le gerarchie e quasi un terzo dei cattolici praticanti, che l’accordo su (alcune) altre tematiche non cancella. Che dire? Grazie della conferma!
AM: Il sondaggio australiano: le notizie spacciate da quel comunicato pro-RU486 sono evidentemente false, come tutta la loro propaganda. Nel sito degli avversari della RU486, infatti, come in tutti i loro comunicati, lettere, articoli e denunce, la mortalità delle donne è stata sempre riportata correttamente. Dov’è la prova delle telefonate con i dati falsi? Potrei snocciolarti la quantità industriale di menzogne dette dai sostenitori della RU486, che hanno dimostrato finora solo malafede e falsità. In base a che il loro sondaggio sarebbe più corretto?
GR: In base alla circostanza che questi hanno reso note le domande fatte («
Majority of Australians Support RU486 Latest NewsPoll Reveals», comunicato stampa, 19 gennaio), e quelli no. Che poi nel sito degli anti-Ru486 i dati siano quelli corretti, beh, la cosa non mi sorprende: non sono così sprovveduti – e non lo siamo neanche noi. Provare che le telefonate offrivano dati taroccati è molto difficile – ci vorrebbe una registrazione; in ogni caso, anche se i dati fossero stati corretti, sparare un’informazione sui rischi dell’aborto chimico a persone che non la possono in quel momento valutare criticamente non mi sembra molto onesto. Ripeto: che in queste condizioni
solo il 66% delle intervistate si sia detto contro la pillola, dimostra una consapevolezza diffusa dei termini reali del problema.
AM: La giornata di mobilitazione. Perché, quella che tu hai descritto non lo è? Il fatto che a centinaia siano andati a sollecitare proteste scritte (che sono arrivate) vale poco perché fatto di fronte alle chiese? C’è stato un grande dibattito pubblico, in Australia, che ha veramente coinvolto la popolazione tutta, come puoi vedere dalla rassegna stampa australiana e dalla relazione dell’inchiesta del Senato. Qui in Italia i radicali protestavano quando i preti “si mobilitavano” semplicemente facendo omelie per il referendum scorso. E adesso parlare alla gente dopo le messe non è una mobilitazione (che coinvolge migliaia di persone)?
GR: Se la Roccella scrive che «in Australia domenica è stata indetta una giornata di mobilitazione contro la Ru486, la pillola abortiva», senza aggiungere nessun dettaglio, la mia impressione è che in Australia un settore ampio e indifferenziato dell’opinione pubblica sia sceso in piazza. Quando poi apprendo che in realtà qualche centinaio di attivisti è andato a fare propaganda nelle chiese (un ambiente cioè a loro favorevole) ho come la sensazione di essere stato preso in giro – anche se poi formalmente non c’è nulla da dire: era «una giornata di mobilitazione», sì.
AM: Senza intento polemico: vedo anche dagli altri post che siete poco informati sulla RU486. Il convegno della FdA riguarda due infezioni da Clostridium, di cui una, quella del Difficile, colpevole di effetti collaterali, ma l’altra, quella del Sordellii, esplicitamente legata anche nel comunicato FdA all’uso del Mifepristone (RU486), che ha causato quattro morti in meno di due anni solo in California. Si dà il caso che il convegno in questione – definito “unusual” - sia stato annunciato dal NYT proprio quando è stato appurato che non era la RU486 californiana ad essere contaminata: è infatti inspiegabile – come potrai leggere anche nella sezione FAQ della FdA dedicata al mifepristone – che siano morte donne per aborto chimico solo in California, tutte per la stessa identica, rarissima infezione, di cui era morta una canadese durante una sperimentazione per aborto chimico nel 2001 (il trial fu interrotto e per questo la RU486 in Canada ancora non c’è).
Il sospetto, invece, che hanno molti in ambiente scientifico, è che i morti siano stati trovati solo laddove cercati. Se non avessero agito legalmente le famiglie delle donne morte in California – una delle quali ha pagato un’autopsia che il coroner si era rifiutato di fare – NESSUNA di quelle morti sarebbe stata associata alla RU486.
GR: Dove avremmo mostrato, esattamente, questa mancanza di informazione? In
questo post dico chiaramente che il convegno della FDA riguarderà anche la Ru486 (per la Roccella
solo la Ru486), e in
quest’altro parlo delle quattro morti in California. Secondo te, a proposito, per quale ragione i morti sarebbero stati cercati solo in California? Nel resto degli USA e del mondo le famiglie ci tengono di meno? O non ci sarà stata più verosimilmente una causa locale, per quelle morti?
AM: Gli eventi avversi. Devi sapere che gli eventi avversi spontaneamente denunciati sono stimati essere, in genere, dall’1 al 10% di quelli effettivamente verificatisi. Per questo quei dati sono sconvolgenti.
GR: Quei dati non hanno senso senza il totale dei casi trattati. Che i farmaci abbiano effetti collaterali è cosa nota. Persino un Tampax può provocare uno shock anafilattico.
AM: Le undici morti sono tutte documentabili. Soprattutto è documentato il fatto che, solo dopo pressioni dei familiari e interpellanze parlamentari i governi le hanno dichiarate. Il che fa legittimamente pensare che le morti siano state effettivamente molte di più, anche considerando quanto accaduto in Cina.
GR: Di nuovo: i dati cinesi, se fossero noti, farebbero aumentare non solo il numeratore degli effetti avversi, ma anche il denominatore dei casi totali. Quanto alla supposta reticenza dei governi: è il frutto di una cospirazione, o è dovuta semplicemente al fatto che si tratta di eventi rarissimi, con cause che è difficile accertare?
Un’ultima osservazione. Dipingere i fautori della Ru486 come dei mostri che occultano dati e mettono allegramente a repentaglio la vita e la salute delle donne appartiene più al campo della demonizzazione (e della diffamazione, eventualmente) che a quello della corretta informazione. Forse è bene ripeterlo ancora una volta: nessuno pensa che le donne debbano servire a moltiplicare gli aborti; sono gli aborti che debbono servire alle donne.