giovedì 9 febbraio 2006

Risate a Volontè


La prosa dei sostenitori della gravidanza coattiva è spesso abbastanza lugubre: termini come «omicidio», «tragedia», «morte» vengono usati senza risparmio. Quasi altrettanto spesso, però, un approccio umoristico alla questione viene ad alleviare tanta grevità. A essere proprio precisi, questo succede solo nella prosa dell’On. Luca Volontè, capogruppo dell’UDC alla Camera dei Deputati; ma la produzione dell’On. capogruppo è talmente copiosa da controbilanciare almeno in parte quella di tutti gli altri anti-abortisti messi insieme. Un look vagamente back to the roaring sixties contribuisce a conferire credibilità e simpatia al Volontè umorista; ma ovviamente un autore va giudicato in primo luogo per i suoi testi; e qui la qualità dell’On. capogruppo decisamente rifulge.
Prendiamo per esempio questo brano tratto da un’intervista al Nostro apparsa su un foglio satirico pochi giorni fa («Sull’aborto Prodi fa l’estremista», Libero, 1 febbraio):

Scusi, ma la gente si chiede: in materia di aborto l’Italia si è espressa attraverso il referendum del ’78, perché parlarne ancora?
Perché ogni legge è perfettibile. Basti pensare che è conquista scientifica recentissima che la vita di un individuo inizia al concepimento.
Non vorrei che chi legge ridesse per la ragione sbagliata, chiedendosi tra gli sghignazzi cosa mai, nell’opinione di Luca Volontè, gli scienziati credessero fino a poco tempo fa, prima della «conquista scientifica recentissima»: che i concepiti non erano individui (perché privi del patrimonio genetico, o perché non unici), o che non erano vivi? Suvvia, non facciamo la figura di chi a teatro ride fuori tempo: vi pare che uno che ha partecipato ai Seminari di Studio Internazionali dell’Accademia Superiore di Filosofia del Principato del Liechtenstein, il direttore dell’Istituto di Studi Giovanni Paolo II, possa davvero credere questo? Si tratta con tutta evidenza di un’iperbole scherzosa del Volontè (e se c’è in effetti qualche spazio per l’equivoco, la colpa va – ne sono certo – all’intervistatore).
Ancora più trasparente l’intenzione comica che anima questo secondo brano («Neopagani all’assalto della Chiesa», Il Tempo, 26 ottobre 2005), redatto quando ancora infuriavano le polemiche sul referendum:
qualche settimana fa mettevo in guardia da questa intolleranza e affermavo che senza atti severi di deterrenza dopo i fischi a Ruini sarebbe toccato a ben altro. Bene, la seconda carica dello Stato, il senatore Pera ha subito la stessa sorte. Una chiesa è stata assalita. Forse non esageravo allora né lo voglio fare oggi. La prossima volta, se l’andazzo rimane questo, troveremo una marmaglia indegna di stivali dei cosacchi, dentro una chiesa a saccheggiare le reliquie.
La progressione comica dell’assalto al Sacro (Ruini - Pera - le scritte sul muro di una chiesa di Torino - i cosacchi, con Pera evidentemente «ben altro» rispetto a Ruini), gli «atti severi di deterrenza» contro i fischiatori (il taglio della lingua?), il tono fintamente drammatico (la «sorte» del «senatore Pera»!), l’italiano intenzionalmente sgangherato («una marmaglia indegna di stivali dei cosacchi»), danno vita a un pezzo di bravura eccezionale.
Non mi posso purtroppo dilungare oltre; è con particolare rimpianto che rinuncio a citare qualche pezzo dell’assoluto capolavoro dell’On. capogruppo («E io dico che Babbo Natale esiste», La Provincia, 8 dicembre 2005), perché fuori tema rispetto a questo blog; ma il lettore che vorrà seguire il link non se ne pentirà.
Certo, quando Luca Volontè si avventura sul terreno più serio dei fatti diventa discutibile; ma bisogna ricordarsi che abbiamo a che fare con un comico, non certo con un pensatore! Un esempio («Volontè: la Ru486 l’aborto peggiore», La Gazzetta del Mezzogiorno di oggi):
Ammesso e non concesso che i signori della Ru486 abbiano un briciolo di coscienza, o qualche barlume di morale, sappiano almeno che questo metodo abortivo è il più rischioso. Non lo dice il Cardinale Camillo Ruini, ma la più importante rivista medica statunitense, il New England Journal of Medicine.
Con un approfondito editoriale, il professor Michael Greene, titolare della cattedra di ostetricia, ginecologia e medicina riproduttiva alla Harvard Medical School di Boston (non la “Luca Coscioni University”) ha potuto illustrare di recente i perché e i per come la Ru486 sarebbe meglio definirla “pillola della morte”, visto l’alto rischio per la salute delle donne che interrompono la gravidanza. Particolari scientifici a parte, ciò che più appare lampante è il dato numerico: la percentuale di mortalità causata dall’aborto chimico è dieci volte più alto di quella procurata tramite aspirazione o raschiamento.
Se andiamo a leggere l’articolo originale, scopriamo che la cifra assoluta su cui si basa l’analisi di Greene è di 4 morti (per una infezione batterica) su 460000 circa pazienti trattati, negli Stati Uniti (un’altra morte per la stessa causa è avvenuta in Canada; nessuna altrove). La percentuale è di meno di un decesso ogni 100000 casi: una «pillola della morte» piuttosto inefficace... Vediamo poi quali sono le conclusioni dello stesso Michael Greene:
Per quanto le morti di queste donne giovani e sane siano tragiche, esse costituiscono un piccolo numero di eventi rari, privi di una chiara connessione patofisiologica col metodo di interruzione della gravidanza impiegato … I regolatori dovrebbero mettere questa rara complicanza in prospettiva, e non avere una reazione eccessiva di fronte a dati sparsi, che porti a cancellare affrettatamente l’unica opzione medica [cioè non chirurgica] approvata per l’interruzione di gravidanza.
Nell’originale:
As tragic as the deaths of these young, healthy women are, they remain a small number of rare events without a clear pathophysiologic link to the method of termination … Regulators should keep this rare complication in perspective and not overreact to scant data by prematurely foreclosing the only approved medical option for pregnancy termination.
Direi proprio che possiamo fidarci del giudizio del «titolare della cattedra di ostetricia, ginecologia e medicina riproduttiva alla Harvard Medical School di Boston», no?
Tengo a ripetere che queste osservazioni nulla vogliono togliere alla qualità dei testi di Luca Volontè: l’On. capogruppo si inserisce a pieno titolo nella gloriosa, lunga, ininterrotta tradizione comica che va dai buffoni medievali fino ai giorni nostri.

2 commenti:

Giuseppe Regalzi ha detto...

È interessante il fatto che nella versione pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno la frase che citi è stata omessa (si trova solo sul sito di Volontè). Forse si sono accorti che in questo caso il nostro umorista non faceva tanto ridere; ma si sa, anche Omero di tanto in tanto dormicchia...

Anonimo ha detto...

Dovrebbe andare a fare cabaret e non l'uomo politico!