Il fenomeno riguarda, più specificamente, come i fautori della liberazione animale si siano avvicinati in diversi Paesi, passo dopo passo, grazie a progressivi scivolamenti giuridici e semantici, al loro traguardo principale: che va ben al di là della semplice “tutela” dei viventi, in alcuni casi condivisibile, ma riguarda il superamento della differenza ontologica tra uomo e animale, con relativo riconoscimento al secondo di veri e propri diritti.L’errore logico è evidente: somiglianze specifiche portano all’attribuzione di alcuni diritti comparabili a quelli umani (per esempio, dal fatto che gli animali a sangue caldo soffrono in modo simile agli esseri umani segue, per un ovvio principio di giustizia, che essi godono almeno del diritto di non essere torturati sadicamente), ma questo non implica in nessun modo che salti ogni distinzione e/o che si attribuiscano agli animali tutti i diritti umani (allo stadio attuale delle nostre conoscenze nessun animale si qualificherebbe per esempio per il diritto di voto).
L’imperativo ideologico di scavare un baratro fra la natura animale e quella umana, in ossequio alla concezione reazionaria di un cosmo gerarchico ed ossificato (da cui deriva anche l’imbarazzante rifiuto della teoria dell’evoluzione), fa aggio però sulla logica, e purtroppo spesso anche sulla pietà:
Infine, anche la magistratura ha voluto dare il suo contributo alla causa. Con una sentenza del 5 giugno scorso la Corte di Cassazione ha stabilito, letteralmente, che «l’animale condotto al seguito o trasportato in autovettura richiede la stessa attenzione e diligenza che normalmente si usa verso un minore», respingendo il ricorso di un 27enne che aveva trascinato il suo cane con la macchina perché, ubriaco, non si era accorto che nel ripartire la bestiola era rimasta impigliata nella portiera. Una solerzia quasi superiore a quella della pubblica amministrazione, dove, dal 1994 a oggi, a partire dal Comune di Roma, poi in quello di Genova, Firenze, Milano e via di seguito, sono stati aperti una miriade di «uffici per i diritti degli animali».Pare di capire che pur di non ammettere mai una deroga alla diseguaglianza di cui si è fatto apologeta, Andrea Galli sarebbe dispostissimo a chiudere un occhio sullo strazio di un animale innocente.
Ultima, piccola infamia:
Forse, insomma, se Hiasl [uno scimpanzè di cui un’animalista austriaca aveva chiesto invano l’affidamento] fosse stato dirottato in Italia a quest’ora avrebbe già una mamma. E un vitalizio da parte dello Stato.È l’appello volgare a guardarsi il portafoglio, inventandosi la richiesta di un diritto positivo che nessuno ha seriamente mai avanzato: lasciate torturare gli animali, signori, ché altrimenti un giorno potreste pagare qualche spicciolo di tasse in più...