Chiara Saraceno, «Un ritardo che fa male», La Repubblica, 22 febbraio 2012, p. 1:
Oltre quarant’anni di applicazione della legge sul divorzio dimostrano che […] qualsiasi sia il motivo per cui ci si separa, non si torna mai indietro. Anche se non tutte le separazioni si trasformano in divorzi, pressoché nessuna viene ritrattata. La cosiddetta pausa di riflessione costringe invece ad un lungo limbo in cui non si è più di fatto coniugi, ma legalmente lo si è ancora, mantenendo aperto un contenzioso affettivo ed economico che invece dovrebbe essere aiutato a trovare una soluzione. È un limbo in cui sono costrette anche le eventuali nuove relazioni affettive iniziate dagli ex coniugi, ed i figli che da queste eventualmente nascono.
La proposta di legge in discussione […] riduce il tempo di attesa per le coppie separate senza figli o con figli maggiorenni. È un passo avanti nella concezione dei cittadini come soggetti capaci di decisioni ragionevoli e meditate. […] Ciò che mi lascia perplessa […] è l’idea che invece quando ci sono figli minori un tempo d’attesa lungo per la ridefinizione, non dei ruoli genitoriali, ma di quelli coniugali, sia un bene. In realtà, mentre tutti i consulenti familiari suggeriscono ai genitori separati di aspettare un po’ prima di imporre ai figli un nuovo compagno/a, concordano anche che l’incertezza nello statuto del rapporto tra i genitori, unito ai contenziosi che ne scaturiscono, rende più difficile ai figli l’elaborazione della separazione e la ridefinizione delle relazioni. Tempi di attesa troppo lunghi possono fare male soprattutto ai figli minori.
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