mercoledì 29 settembre 2010

Sabato 2 ottobre presidio davanti al Parrelli

Comunicato stampa

Sono quarant’anni che il Parrelli è conosciuto come luogo di sparizione dei nostri amici animali. Sono oltre quarant’anni che ogni volta che qualcuno prova a chiedere giustizia e verità, si alza una cortina di fumo a proteggere questo luogo di misteri.
Sono tanti gli anni in cui quelli che hanno perso il loro amico, chiedono giustizia.
È ora di dire basta.
Basta con i silenzi.
Basta con le menzogne e con le tante, troppe bugie che non portano a niente.
Vogliamo le verità su quanti animali entrano o escono da questo posto.
Vogliamo sapere il perché del fascicolo dentro un cassetto da parte di un magistrato.
Vogliamo sapere perché la LAI manda in giro ragazzi e ragazze vendendo gadget attraverso una società chiamata SIDOS.
Non vogliamo bugie, non vogliamo menzogne, vogliamo verità.
Per ottenere risposte a queste domande, abbiamo deciso di fare un presidio sabato 2 ottobre dalle ore 9 in VIA DI VALLE BAGNATA (Roma).

Comitato promotore:
Alessandro Verga (verità e giustizia sul Parrelli).
Maria Cristina Norelli (comitato giustizia per Aura).
Silvia Petracca (associazione Diritti in movimento).
Elena Dobici (comitato contro la precarietà città storica).

Per chi fosse interessato qui l’evento su FaceBook.

Arrivano i ratt!


Sarà pure una campagna infame, ma ci dovrebbe essere familiare no («Ci rubano lavoro». L’offesa svizzera 
con quel topo anti italiano, Il Corriere della Sera, 29 settembre 2010)?
Ecco allora un esercizio utile: fa effetto sentirsi dire (o sentir dire a un proprio connazionale, per quanti hanno spirito patriottico) che gli italiani rubano il lavoro? Pensate a tutte le volte che è stato detto dagli italiani.
Bala i ratt. A me sembra quasi uno scherzo, ma spesso mi accade che mi sembrino scherzi affermazioni serissime.

venerdì 24 settembre 2010

Mangiar bene?


Se Slow Food si limitasse a rappresentare i buongustai non ci sarebbe nulla da ridire: che c’è di male nel voler mangiare e bere bene? Ma se vuole porsi come soluzione alla fame nel mondo e ideologia salvifica, lo scenario cambia.
L’ideologia di Slow Food è il sottotitolo del libro di Luca Simonetti Mangi chi può. Meglio, meno e piano (Mauro Pagliai, pp. 120, euro 8,00), analisi impietosa e divertente di una associazione che è sintomo e interprete della condizione politica e dell’opinione pubblica italiane.

Che rapporto ha Slow Food con il linguaggio?
Ambiguo. È tipico del degrado culturale costruire trappole linguistiche. Faccio un esempio recente: Giorgio Fidenato, agricoltore friulano, decide di piantare mais geneticamente modificato in polemica con il Governo e la Regione (ma sostenuto da una sentenza del Consiglio di Stato e dalla normativa europea). Gli attivisti di Greenpeace gli devastano il campo. Il giorno dopo Slow Food costituisce un Presidio per la Legalità e contemporaneamente elogia l’azione, palesemente illegale, di Greenpeace. “Aspettiamo che il Ministero prenda provvedimenti” avvertono “altrimenti li prenderemo noi”. Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, scrive su la Repubblica del 3 agosto un pezzo intitolato Quei campi Ogm in Friuli sono un Far West da fermare, atteggiandosi a tutore della legalità. Fidenato è accusato di essere un cow boy e un delinquente perché non rispetta la legge: ma il Far West è proprio farsi giustizia da soli!

L’ignoranza è una condizione necessaria per sostenere tesi bizzarre, come quella che i fast food sarebbero figli dei tempi attuali e quindi da condannare?
Non sapere o fare finta di non sapere che il cibo “veloce” sia sempre esistito serve a giustificare la condanna della modernità e della tecnica, giudicate di per sé cattive. Slow Food ricostruisce il passato a suo piacimento ignorando la storia e occultando i reali processi di produzione: in un’inesistente età dell’oro tutti avrebbero assaporato i pasti con lentezza e in lieta compagnia, e tutti avrebbero avuto da mangiare. Ma in realtà anche i romani, i cinesi, gli aztechi mangiavano “fast food”, cioè cibi consumati rapidamente e a poco prezzo, e inoltre fino a tempi molto recenti la stragrande maggioranza della popolazione faticava a mettere insieme un pasto decente. Anche se poi fosse vero che i fast food sono innovazioni moderne, non sarebbe questa una ragione sufficiente per condannarli e per ricoprire di ingiurie i loro estimatori, da Slow Food definiti barbari, disumanizzati, stupidi e tristi.


Su Il Mucchio Selvaggio di ottobre.

Proposta di Olimpia Tarzia “fratello embrione” sul rinnovamento dei consultori familiari

Si comincia bene con il primo articolo di questa proposta di legge oscena e pericolosa. Seguirà, se non mi coglie un malore, un commento più puntuale al riguardo.
(Qui il blog della consulta consultori Roma).

lunedì 13 settembre 2010

La modernità è ancora il nostro futuro

Ivo Nardi intervista il filosofo Roberto Mordacci per il sito riflessioni.it:

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?
Non so se sia vera questa litania dell’individualismo contemporaneo. Tendiamo a denigrare il nostro tempo e sono stanco di sentir dire che siamo individualisti, egoisti e che in quanto occidentali saremmo per questo al tramonto, che l’economia e la tecnica ci spersonalizzano, che il declino è morale e spirituale. Personalmente non lo credo affatto. Un certo pezzo della modernità si è rivelato un’illusione: quello di cui è il simbolo l’idealismo tedesco, Fichte ed Hegel, la pretesa di un Io assoluto che ha generato i mostri del totalitarismo. Ma questo NON è il soggetto che tipicamente cercavano di capire i filosofi del Settecento, i veri moderni, autori come Rousseau, Smith, Kant, Hume e il cuore della modernità.
Non credo alle diagnosi disperate del postmoderno. La modernità è ancora il nostro futuro e si tratta di lasciarci alle spalle una peculiare patologia del moderno: il delirio idealistico e il suo pendant, quello scientistico. La comprensione dell’uomo come soggetto anzitutto pratico, volto a realizzare un’esistenza personale limitata ma aperta al mondo e alla relazione è ancora una risorsa per il mondo occidentale e per il mondo intero. Il suo fulcro è l’idea di libertà personale, NON come mero arbitrio, ma come volere ragionevole, come desiderio che riflette e si confronta, come irriducibilità della persona a meccanismi impersonali. Tutto questo parlare di Destino, Tecnica, Occidente, tutti con la maiuscola, è una filosofia morta che ancora non si toglie di torno solo perché sono ancora vivi alcuni dei suoi antichi sostenitori.

martedì 7 settembre 2010

Vagabondaggio


“Bisogna fare in modo che quando ci sono situazioni di vagabondaggio, di degrado assoluto, ci sia un trattamento sanitario che sia realmente obbligatorio per allontanare queste persone dalle strade della città”.
Gianni Alemanno. 7 settembre 2010.

mercoledì 1 settembre 2010

Cosa sono i diritti

Kent Pitman, «Original Intent 2.0», Speaking Out in the Open, 23 agosto 2010:

I diritti non sono altro che promesse che facciamo a noi stessi nei nostri giorni migliori, impegnandoci a seguire la condotta cui aspiriamo, sperando che nei nostri giorni peggiori non saremo tanto precipitosi e tanto potenti da rimangiarcele prima di riguadagnare la sanità mentale.
Speriamo di non trovare la chiave per annullarle in un attimo – perché quella chiave apre qualsiasi serratura.
Nell’originale:
Rights are just promises we make to ourselves on our better days, binding us to the conduct we aspire to, hoping that on our worse days we will not be quick enough or powerful enough to undo them before we regain our sanity.
Let’s hope we don’t learn the key to undoing them quickly – because that key opens any lock.