venerdì 28 febbraio 2014

Ma perché... un ministro all’ottavo mese?


Ogni volta che uno riceve una domanda mal posta può: riformularla, provare a rispondere comunque, farfugliare tra sé e sé senza decidersi. Da quando ho letto, pochi minuti fa, Ma perché... un ministro all’ottavo mese? di Corrado Formigli mi sono incartata nella terza opzione.
Ci sono così tante cose che non vanno che non riesco a fare un elenco esaustivo e ordinato. Colpisce soprattutto che Formigli la sappia così lunga: sa come Marianna Madia allatterà, cosa farà e se sarà lei e soltanto lei a sfamare la creatura. Sa, senza alcun dubbio, che non sarà in grado di fare altro per i prossimi mesi.

Dà per scontato che la sua esistenza non possa non essere travolta dalla maternità, anche «perché ogni italiano che fa la fila negli uffici e affronta la complessità kafkiana della burocrazia, sa bene che la riforma della pubblica amministrazione è la madre di tutte le battaglie. Una trincea molto scomoda per fasciatoi, biberon e pannolini.»

Poi si domanda retoricamente:
Quanto al valore simbolico di fare ministro una puerpera* all’ottavo mese, a me più che il segno di una raggiunta eguaglianza dei sessi pare il segno di un privilegio: quante altre donne otterrebbero un contratto di lavoro immediato e di grande responsabilità a un mese dal parto?
Quindi, siccome le altre donne non otterrebbero un contratto se, allora anche nel caso di Madia la si doveva scartare a priori in quanto prossima al parto.
La mia confusione aumenta quando cerco qualche commento al riguardo e scopro che «il congedo di maternità è obbligatorio ed è un diritto».


* püèrpera s. f. [dal lat. puerpĕra, comp. di puer «fanciullo» e tema di parĕre «partorire»]. – La donna che ha partorito di recente e che si trova nel periodo del puerperio.

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