lunedì 15 giugno 2015

Nessun patrocinio della Sapienza al convegno sulla “ideologia di genere”


Ecco le regole del cerimoniale: “Patrocinio e logo della Sapienza Università di Roma. Cosa sono e come richiederli. Il patrocinio della Sapienza è concesso a titolo gratuito per iniziative di rilievo culturale, sociale, scientifico, artistico e sportivo organizzate sul territorio nazionale o all’estero. Si escludono le richieste con scopi o finalità commerciali, anche indiretti. La concessione del logo della Sapienza è subordinata alla richiesta di patrocinio o alla preventiva stipula di accordi di partnership, di atti convenzionali con l’Istituzione o Ente richiedente”.

Vis Sapientia ha chiesto il logo e il patrocinio alla “Sapienza”? No. Non risulta nessuna richiesta ufficiale di patrocinio e nessuna concessione del proprio logo. Così mi rispondono dall’università “Sapienza”: all’ufficio che eroga i patrocini non risulta nulla, né per quest’anno né per l’anno passato. Sarà forse il caso di capire, da parte della “Sapienza”, come mai un’associazione abbia organizzato un convegno appoggiato da tali associazioni e l’abbia spacciato come patrocinato ufficialmente anche dall’ateneo romano.

Wired.

22 commenti:

Angelo Ventura ha detto...

Da gente cosi' falsa, una falsita' in piu' non stupisce

Anonimo ha detto...

Scusate se vi scrivo, ho un problema bioetico e voi avete le idee molto chiare.
Leggo spesso che l'orientamento sessuale (o forse meglio la preferenza) può cambiare nel corso della vita di un individuo e questo è chiaramente comprensibile e condivisibile da chiunque. Quello che mi è incomprensibile è perché si ritenga che le persone non siano in grado di controllare il proprio orientamento sessuale. Se una persona non è in grado di controllare il proprio orientamento e l'orientamento cambia, allora sono altri i fattori che lo controllano (ambientali, sociali, culturali... lista molto lunga). Questa conclusione, cioè che esistano "altri" fattori in grado di modificare la preferenza è la porta da cui si infilano alcuni ciarlatani che offrono "cure" per chi ritenga di voler correggere le proprie pulsioni. Ora, mi chiedo e vi chiedo, al di la' del fatto che le cure proposte dai ciarlatani sono delle bufale truffaldine, assodato che esiste un biospazio nel quale poter agire relativamente al cambiamento dell'orientamento sessuale, il desiderio di modificare il proprio orientamento sessuale è o non è legittimo quanto quello di voler modificare la forma del proprio naso, seno o pene?

Giuseppe Regalzi ha detto...

«Quello che mi è incomprensibile è perché si ritenga che le persone non siano in grado di controllare il proprio orientamento sessuale. Se una persona non è in grado di controllare il proprio orientamento e l'orientamento cambia, allora sono altri i fattori che lo controllano».

Non capisco perché trovi la cosa incomprensibile. La tua deduzione è corretta: se le persone non sono in grado di controllare il proprio orientamento e l'orientamento cambia, allora sono altri i fattori che lo controllano. Cosa c’è che non ti torna? Il solo fatto che nel corso dei secoli gli omosessuali abbiano dovuto affrontare persecuzioni pesantissime (che arrivavano spesso a mettere in pericolo la loro stessa vita) senza poter tuttavia mutare la propria natura, come sarebbe stato certamente più comodo fare e come molti di loro hanno desiderato con tutte le loro forze di fare, è un indizio abbastanza chiaro del fatto che l’orientamento sessuale non si cambia a comando.

Quanto alla legittimità del desiderio di modificare il proprio orientamento sessuale: certo, in astratto è un desiderio più che legittimo. Posso immaginare un eterosessuale che colpito dall’amore di un amico omosessuale per lui voglia riuscire a corrispondere a quell’amore; o a una lesbica che ritenga che diventare bisessuale possa portarla a massimizzare le occasioni di dare e ricevere amore (ok, questo forse è un desiderio un po’ troppo astratto per essere realistico).
Il problema è però che attualmente, nella stragrande maggioranza dei casi, chi desidera cambiare il proprio orientamento sessuale è un omosessuale religioso che ha introiettato l’odio omofobico della comunità cui appartiene. Mi sembra che si rispettino gli ideali liberali eliminando prima questi pesantissimi condizionamenti ambientali, e solo dopo, casomai, passare a esaminare in modo spassionato la possibilità di mutare a comando il proprio orientamento.
È come se nel mondo di cento anni fa, quando chi aveva i capelli rossi veniva giudicato spesso come una persona malvagia, prossimo alla sfera demoniaca, ci fossimo messi a discettare delle virtù delle tinture per capelli. Oggi una donna con i capelli rossi che se li voglia tingere non suscita passioni particolari (anche se molti penseranno: «che peccato!»), ma solo perché quel pregiudizio è morto e sepolto con coloro che lo nutrivano.

Unknown ha detto...

@Regalzi
Non credo di sbagliare (ma con te il “non credo” è necessario per l’abituale sottigliezza dell’analisi) nel dire che nel tuo primo paragrafo ricorri alla testimonianza dell’intera storia umana per stabilire che «l’orientamento sessuale non si cambia a comando». L’espressione “a comando” mi sembra equivoca, ma ci posso anche stare, ma solo per non impantanarmi in una discussione un po’ bizantina.

Nel secondo paragrafo, invece, inizi con una frase da brivido. E mi vengono i brividi ogni volta che qualcuno afferma che un certo desiderio (o anche affermazione o altro) «in astratto [… è] più che legittimo». Infatti, nella frase che segue spunta subito e regolarmente la richiesta di un qualcosa impossibile a realizzarsi in concreto (almeno nell’immediato politico): quel desiderio potrebbe anche essere possibile e autentico, ma solo «eliminando prima […] pesantissimi condizionamenti ambientali, e solo dopo, casomai, [se ne potrà] passare a esaminare in modo spassionato la possibilità». Detto terra terra: “Peccato, non si può!” Per carità! certo che è legittimo, ma solo per i posteri!

Anonimo ha detto...

Fra Diavolo, il discorso di Giuseppe è analogo alla questione del burqa (lasciando da parte gli obblighi di legge per ciò che concerne la dissimulazione del volto), vista con occhi "occidentali". Infatti, dalle nostre parti, nessuno farebbe fondamentali questioni di fronte a una donna che preferisce andare in giro in uno scafandro, se ci fossero buoni motivi di credere che vestirsi in tal modo è una sua libera e incondizionata scelta.

Marcoz

Anonimo ha detto...

Grazie. Siamo molto in sintonia, come spesso ci é accaduto. In effetti io sono un po' più possibilista relativamente alle capacità di una persona di orientarsi sessualmente (ma non voglio entrare in analisi troppo profonde sul libero arbitrio), anche confrontandosi con l'ambiente. Concordo pure sull'attuale fallacia delle terapie di conversione (o come diavolo si chiamano). In linea di massima peró non mi interessa per quale intima ragione una persona prende una decisione e non posso entrare in ambiti di giudizio squisitamente storicistici: devo quindi astenermi dal giudicare le motivazioni (finché non collidono con le mie libertà). Infine concordo sull'idea che ognuno deve essere libero di operare sulla propria persona, assumendone i rischi. Marcoz sbaglia: non si può girare mascherati per questioni di ordine pubblico (anche il casco è vietato): è uno dei casi in cui si collide con la libertà degli altri di sentirsi legittimamente sicuri.

Anonimo ha detto...

GFS, avevo infatti specificato "(lasciando da parte gli obblighi di legge per ciò che concerne la dissimulazione del volto)", che probabilmente è sfuggito.

Marcoz

Anonimo ha detto...

Si mi era sfuggito ma nella mia mente quell'inciso vanifica il commento e quindi lo avevo rimosso (l'alternativa era rimuovere il commento tutto). In un certo senso la tua è una validazione di quanto espresso da Frà Diavolo perché l'unico esempio che trovi viene invalidato da te stesso.

Anonimo ha detto...

GSF, mica stavo facendo Giurisprudenza.
L'analogia sottolinea come cambia il giudizio sulle scelte delle persone e sui modi e i tempi con i quali possono cambiarle, a seconda del grado di libertà (d'azione, morale, psicologica) di cui possono disporre. Il fatto che da noi ci sia una legge che permette di non addentrarci nella problematica condizione della donna in determinate culture non cancella l'utilità del paragone con la ancora problematica condizione dell'omosessuale nella nostra.

Marcoz

Anonimo ha detto...

Marcoz, qui non si parlava di giudizio personale sulla scelta delle persone, si tratta di capire cosa può essere ritenuto legittimo o meno in base a delle regole civili. Io e lei non scriviamo le leggi ma ci interessa, mi pare, quali possono essere i limiti del legislatore nel suo legiferare sulle libertà personali, comprese quelle di ricerca della felicità e opinione.

Anonimo ha detto...

Le scelte personali sono strettamente legate ai metodi esogeni per cambiarle (scrivevo "sulle scelte delle persone e sui modi e i tempi con i quali possono cambiarle"), per questa ragione le ho citate.
Il punto è che stimare con buona approssimazione il grado di legittimità (di buon senso, non necessariamente legislativa o "scientifica") di un metodo per cambiare orientamento sessuale - cioè misurare la sua efficacia a fronte di un fenomeno reale, effettivo - è possibile farlo se non ci sono determinanti fattori di inquinamento.
L'esempio del burqa (che, in un certo senso, è rovesciato) evidenzia questo aspetto: quando una donna islamica dice di aver scelto di indossarlo, quanto possiamo confidare sul fatto che il suo sia il frutto di una scelta serena e che l'opzione di portare tale indumento sarebbe comunque presa in considerazione se non ci fossero coercizioni ambientali pesanti?

[Naturalmente, chi non ha tendenze paternalistiche potrà essere restio a pensare che quella donna debba essere "salvata", e che la sua è una scelta legittima; ma nel caso, guardando il contesto, si ha l'impressione che l'operazione intellettuale sia riuscita perfettamente anche se il paziente è morto.]

Marcoz

Anonimo ha detto...

Non ci siamo: prova a spostare la tua attenzione dal burca al seno. In base al tuo ragionamento si potrebbe dire che non è legittima una manipolazione della forma del seno finchè non sono stati rimossi tutti i condizionamenti sociali. Beh, mi pare un po' troppo.

Anonimo ha detto...

Parlavo di approssimazione e di coercizioni ambientali pesanti.
Non penso sia possibile raggiungere la perfezione (si fa per dire) di un mondo senza alcun condizionamento, ma ciò non mi impedisce di notare gradi di differenza tra un contesto e l'altro.

Marcoz

Anonimo ha detto...

Scusa Marcoz, ma mi conosci benissimo e sai che sono neopositivista: quando scrivi "pesanti" hai un metro di misura oggettivo? Quando scrivi "gradi di differenze" come pensi di misurarli? Come possiamo paragonare le diverse dimensioni e, soprattutto, la misura dell'effetto ambientale e/o innato sulla percezione del se'? La pressione al cambiamento è qualcosa di talmente metafisico e di una tale soggettività che, secondo me, è impossibile parlarne in modo razionale.

Anonimo ha detto...

Ciò vuol dire che non è possibile dichiarare (ragionevolmente, dico io) che la pressione, in determinati contesti, su di una donna affinché indossi il burka è sensibilmente maggiore di quella che porta mediamente una occidentale a sottoporsi a una mastectomia?

Marcoz

Anonimo ha detto...

Ooops, mastoplastica.

Marcoz

Unknown ha detto...

@giovannifrancescosagredo
Ipotesi di lavoro: Marcoz nel contesto di questo blog subisce una pressione ambientale ad assumere le posizioni che assume superiore a quella di una donna islamica ad indossare il burqa!

Anonimo ha detto...

@GFS
Il commento di Fra Diavolo ci sta. Me lo sono guadagnato una volta gli avevo dato dell'anosognosico… intellettuale.

Marcoz

Unknown ha detto...

Onore al merito! Ringrazio Marcoz per l’onestà intellettuale mostrata, che non è di tutti i giorni.

P.S. @GFS: io, all’epoca, mi studiai il significato “anosognosico”, ed imparai una cosa nuova. Ma fossi in te, me lo farei spiegare.

Anonimo ha detto...

Il dibattito potrebbe continuare: possiamo dire che il giornalista del corriere in questo articolo (http://www.corriere.it/esteri/15_luglio_20/gordon-manuel-piccola-carmen-bloccati-thailandia-madre-surrogata-1711c240-2ece-11e5-820a-d82a668b1363.shtml) subisce una pressione ambientale che non riconosce quando scrive che la madre surrogata "non ha nessun legame biologico" col neonato? Con tutto il sacrosanto rispetto che si DEVE avere sulla libertà di procreazione e all'affettività per ogni essere umano, come si fa a scrivere una tale idiozia? Questi sono i personaggi, i politici patetici alla Giovanardi e le migliaia di inutili giornalisti faidate, che con la loro irrazionale e partigiana contrapposizione rendono l'argomento inaffrontabile: disdicevole.

Unknown ha detto...

@GFS
Ti space spiegarti meglio? Non mi è chiarissimo il tuo pensiero, anche dopo aver letto l’articolo.

Anonimo ha detto...

Il mio pensiero conta poco, qui contano i fatti. Come si può scrivere che una madre "surrogata", che ha partorito il soggetto della contesa non ha nessun legame biologico col neonato? Che tipo di legame ha? Informatico? Burocratico? I due corpi sono stati fusi per 9 mesi, se non è biologico quel legame ci dica lui cosa intende per biologico: forse intende OGM free?
Perché il giornalista nega il legame biologico tra l'unica madre naturale ed il neonato? Io credo lo faccia perché la sua empatia surrogata nei confronti della coppia gay gli fa sottovalutare il legame affettivo tra la madre naturale ed il neonato. In più' in un eccesso di scientismo DNA centrico, il poveretto pensa che di biologico al mondo ci sia solo il DNA (ma è in buona compagnia).