Qualche volta, nelle questioni importanti dell’esistenza di ciascuno di noi, il «ma anche» è una triste necessità, che solo superficialmente può essere spacciata per ipocrisia. Si può essere per principio (come chi scrive) contro l’eutanasia, «ma anche» sperare che un giorno, quando la propria vita sarà solo dolore per sé e per gli altri, qualche mano pietosa possa mettere fine a inutili sofferenze. È solo intollerabile e ipocrita «doppiezza»? Difficile stabilirlo.Battista prosegue citando la rivoluzione, Franco Moretti, Jean Jacques Rousseau, Barak Obama e tanti altri. Ma sembra lasciare indietro il semplice buon senso. Che potrebbe essere sintetizzato più o meno come segue: chi non è del tutto tonto sa bene che la complessità non può essere ridotta drasticamente a divisioni manichee buono/cattivo, bianco/nero. E che i desideri sono mutevoli e che solo la morte interrompe lo scorrere della nostra esistenza non lineare e non pianificata secondo un foglio excel di un burocrate zelante.
Se il “ma anche” volesse sottolineare questo aspetto, banale e affatto sorprendente, ci sta bene. Ma il passo che ho riportato lascia emergere una fregatura. O una autorevole assenza: la distinzione tra il piano personale e quello legislativo, o pubblico. È assolutamente lecito che Battista (e chiunque altro) rivendichi l’incertezza, addirittura il rischio o la certezza di contraddirsi. Si ama qualcuno pur sapendo che ce ne stancheremo; si urla una idea consapevoli che potrem(m)o cambiarla e calpestarla. Niente da dire. Non è lecito però, anzi è vile e da prepotenti, imporre a qualcun altro la nostra visione. Soprattutto perché consapevoli di non essere detentori della Verità, ma di un parere cangiante. Ecco che l’esempio della eutanasia manca di un pezzo rilevante: Battista sta parlando per sé o per tutti? È contrario alla sua eutanasia o a una legge che permetta a tutti di decidere secondo le proprie idee? Non è difficile stabilire se sia intollerabile e ipocrita doppiezza: se parla per sé non abbiamo nulla da criticare. Se invece pretende di mantenere la doppiezza sul piano giuridico non va bene, anche perché una legge non può essere oscillante, ma deve scegliere da che parte stare. Se una legge è liberale, permettendo di scegliere e di cambiare idea, tutte le posizioni potrebbero essere rispettate. Se invece una legge vuole imporci una posizione, chi poi – dopo averla sostenuta – vuole percorrere una strada diversa è sì ipocrita e insopportabile.
(Prevengo analogie dissennate prima che vengano rivendicate: l’eutanasia è un esempio perfetto per la realizzazione di una legge liberale perché le scelte dell’agente ricadono sull’agente stesso e nessuno dovrebbe intromettersi – non si potrebbe dire di un omicidio o di una aggressione, perché le scelte dell’agente ricadono anche su colui che viene ucciso o aggredito. Piergluigi Battista, però, non sembra concordare, dal momento che definisce l’eutanasia una pratica selvaggia in Il ricatto della deriva, Il Corriere della Sera, 28 febbraio 2009. Ma potrebbe anche avere cambiato idea).