domenica 8 novembre 2009

Il malato è l’omofobo

Elisa Battistini intervista Vittorio Lingiardi, medico, psicoanalista, direttore della Scuola di specializzazione in Psicologia Clinica dell’Università «La Sapienza» di Roma («Sul lettino c’è l’omosessuale ma il malato è l’omofobo», Il Fatto Quotidiano, 7 novembre 2009, p. 7):

“Qualsiasi tentativo di cambiare un orientamento omosessuale è destinato al fallimento. La psicoterapia serve a riconoscere la propria omosessualità, non a correggerla”. […]
Perché allora un omosessuale si rivolge a un analista?
“Perché vive un conflitto a causa dell’interiorizzazione di uno stigma che viene dall’esterno. In generale, l’omosessualità è ancora vista come una devianza, una sfortuna, un’anomalia”.
Chi è il paziente tipo?
“Giovani sotto i 30 anni, nell’età in cui si struttura la personalità. Adolescenti che temono di dare un dispiacere ai genitori. Giovani che risentono di un contesto sociale discriminatorio. Perciò è fondamentale dare diritti e mostrare rispetto”.
[…]
Di cosa ha paura l’omofobo?
“L’omosessualità lo spaventa perché rappresenta un disordine rispetto a categorie che ritiene immutabili, come il maschile e il femminile, l’attivo e il passivo. L’omosessualità disorienta l’omofobo. Poi c’è la paura di ciò che non si conosce, dell’ignoto. Infine c’è anche una sorta di inaccettabile invidia per chi vive liberamente la propria sessualità”.
Da leggere tutto.

16 commenti:

Stefano Vaj ha detto...

In realtà, non vedo perché la psicologia applicata non possa servire a cambiare il proprio orientamento sessuale, se uno lo desidera.
Dall'orientamento sessuale come peccato, all'orientamento sessuale come malattia (che resta tuttora dominante per cose come la pedofilia, la zoofilia, etc.), all'orientamento sessuale come destino, mi pare che non si esca molto da una visione "cristianomorfa", per quanto progressivamente secolarizzata.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Il problema è che la psicologia applicata non può cambiare l'orientamento sessuale: nella stragrande maggioranza dei casi queste "terapie" si risolvono in fallimenti, oltretutto pericolosi per la salute dei "pazienti". Che poi non si debba cambiare l'orientamento sessuale, neppure nel caso che si disponesse di metodi funzionanti, è un problema su cui si potrebbe in effetti discutere a lungo.

old ha detto...

Regalzi, lei ha esperienze di psicologia applicata nel cambiamento dell'orientamento sessuale, da riportare?
Come può dire "non può"?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Old, ti posso rimandare al rapporto della American Psychological Association (la principale associazione professionale di psicologi in America) sulla terapia riparativa, in cui troverai tutte le informazioni di cui hai bisogno: J.M. Glassgold et al., Report of the American Psychological Association Task Force on Appropriate Therapeutic Responses to Sexual Orientation, Washington (DC), American Psychological Association, 2009.

jano ha detto...

Innanzitutto è tutto da vedere se la psicologia applicata (?) possa cambiare le parafilie - non orientamenti sessuali - come la pedofilia e la zoofilia, visto che spesso si ricorre a terapie non psicologiche ma farmacologiche tipo la castrazione chimica.

Inoltre bisognerebbe anche capire la ragione del volersi curare da una cosa che non è considerata medicalmente una malattia. Esempio assurdo, se un mancino andasse da un dottore a dire che vuole diventare destrimane, penso che un professionista assennato curerebbe il suo disagio nel sentirsi mancino in un mondo di destri, non essendo in mancinismo una malattia, e la richiesta di curarsi una specie di capriccio di omologazione

Stefano Vaj ha detto...

@Giuseppe:
"Il problema è che la psicologia applicata non può cambiare l'orientamento sessuale"

Questo è una questione squisitamente empirica, di cui si può discutere, ma che in ultima analisi è suscettibile di conferma o smentita nei fatti.

Ora, lungi da me il pensare che gli uomini siano tutti uguali ;-), ma forse in questo caso è la political correctness contemporanea a peccare di innatismo e a sottovalutare la plasticità uman, posto che per esempio i gusti alimentari possono essere modificati abbastanza facilmente... Salvo poi smentirsi quando ad esempio pretende che la pedofilia sia trattata come una "malattia".

Ma d'altra parte trovo più interessante la questione ipotetica: se si potesse, perché non si dovrebbe? Se da etero desidero essere "aiutato" a diventare omosessuale, perché tale scelta dovrebbe essere considerata una sorta di "perversione", come ho il sospetto una parte della comunità omosessuale stessa oggi sia incline a pensare?

Stefano Vaj ha detto...

@jano
"Esempio assurdo, se un mancino andasse da un dottore a dire che vuole diventare destrimane, penso che un professionista assennato curerebbe il suo disagio nel sentirsi mancino in un mondo di destri, non essendo in mancinismo una malattia, e la richiesta di curarsi una specie di capriccio di omologazione"

E l'esempio contrario, non poi così campato in aria, dato che molti ritengono il mancinismo comporti una serie di peculiarità interessanti se non desiderabili in assoluto?

Non è che rischiamo di "psicologizzare" paternalisticamente semplicemente un desiderio di autodeterminazione, che può certo essere derivare da un'ansia di omologazione (che odio), ma rispetto a cui non sono sicuro vada opposto un incoraggiamento di matrice ideologica conservatrice ad "accettarsi" in toto, tranne che... nel proprio eventuale desiderio di cambiare?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Stefano: può anche darsi che la political correctness pecchi di innatismo; ma in ogni caso dobbiamo confrontarci con l'evidenza empirica, che sembra piuttosto netta (vedi lo studio che citavo in un altro commento). I ragionamenti a priori non ci possono portare molto lontano.

Quanto alla questione più propriamente filosofica, bisogna dire che non ci troviamo in una situazione astratta, in cui le possibilità di scelta siano sostanzialmente neutrali ed equivalenti sotto tutti i punti di vista. Il cambiamento dell'orientamento si chiede solo ad alcuni, e riguarda una sfera che sarà magari anche più plastica di quanto sospettiamo, ma che riguarda comunque l'identità profonda di una persona. Mi pare che questo renda più che legittimi resistenze e sospetti.

jano ha detto...

La semplificazione di chi dice "che male c'è?" nasce, innanzitutto, da un banalizzazione di ciò che diviene l'orientamento sessuale una volta paragonato impropriamente ai gusti culinari. C'è infatti la non piccola differenza che mentre gli ultimi derivino per lo più dalle abitudini alimentari e dalla cultura, i primi costituiscono invece sia una caratteristica identitaria fondamentale dell'individuo e siano del tutto indipendenti dagli aspetti culturali, dato che si manifestano anche in ambienti ostili prima di essere poi repressi.

Sui mancini mi piacerebbe veramente che chi predica tanto portasse casi concreti di persone che da destrimani vogliono diventare mancini e viceversa; oppure anche un solo esempio di eterosessuale che voglia a tutti i costi diventare omosessuale, affrontando pure una terapia in tal senso. Penso che la totale assenza delle suindicate casistiche siano la risposta migliore all'assurdità di chi ancora si ostina a sostenere la fondatezza delle richieste di chi (per spirito di omologazione sociale) vuole a tutti i costi diventare un eterosessuale duro e puro

Barbara ha detto...

Quello dell'eterosessuale che vuole diventare a tutti i costi omosessuale è un discorso troppo astratto e anche un po' pericoloso. Si rischia di credere di vivere in una società futuristica da cui si è purtroppo molto lontani.

E' un discorso che mi ricorda gli argomenti contro la legge sull'omofobia: perché un etero che picchia un gay dovrebbe essere punito più di un gay che picchia un etero? La risposta è che, semplicemente, il gay che picchia l'etero non esiste.

Stefano Vaj ha detto...

@jano
"La semplificazione di chi dice "che male c'è?" nasce, innanzitutto, da un banalizzazione di ciò che diviene l'orientamento sessuale una volta paragonato impropriamente ai gusti culinari. C'è infatti la non piccola differenza che mentre gli ultimi derivino per lo più dalle abitudini alimentari e dalla cultura, i primi costituiscono invece sia una caratteristica identitaria fondamentale dell'individuo"

Davvero? Questo mi pare echeggiare pericolosamente l'idea che essere nati maschi o femmine sia una "caratteristica identitaria fondamentale dell'individuo"...

Da "identitario" quale pure io dichiaratamente sono (cfr. http://www.biopolitica.com), devo dire che io non ho nessun investimento particolare né nella mia appartenenza di genere, né nel mio orientamento sessuale, e riesco facilmente ad immaginarmi nel ruolo opposto.

Stefano Vaj ha detto...

@Barbara
"E' un discorso che mi ricorda gli argomenti contro la legge sull'omofobia: perché un etero che picchia un gay dovrebbe essere punito più di un gay che picchia un etero?"

In realtà, uno dei problemi di tale legge è stata la mancanza di informazione riflessa anche in questo intervento. ça proposta di legge Concia prevedeva esattamente questo, ovvero un'aggravante applicabile a chiunque commetta un reato a fini di discriminazione sessuale. Per cui, indipendentemente dalla frequenza relativa degli episodi, che mi pare avere un interesse più sociologico che giuridico o bioetico, l'etero che picchia l'omo o l'omo che picchia l'etero *in ragione del rispettivo orientamento* avrebbero avuto una pena aumentata in misura assolutamente identica.

jano ha detto...

Sig Vaj mi perdoni ma il suo primo ragionamento non l'ho colto.
Per quanto riguarda la seconda analisi non so lei bene che cosa intenda per "investimento" ma le possono assicurare che l'essere maschi o femmine, eterosessuali o omosessuali, italiani o stranieri, cristiani o islamici, simpatizzanti di destra o di sinistra, costituiscono comunque tratti fondamentali della nostra identità che noi lo vogliamo o no e che noi lo cogliamo o meno. Probabilmente ci rendiamo conto più di quanto siamo caratterizzati dalle variabili culturali che da quelle determinate biologiche, ma che comunque esistono, e poco c'entra il riuscire ad immaginarsi o no in un carattere opposto/diverso.

PS sul sito http://www.biopolitica.com non c'è niente, anzi sembra un dominio in vendita.

Stefano Vaj ha detto...

#jano:
Oops, quando uno sbaglia pure quando fa pubblicità a se stesso... :-)

Il sito in effetti è http://www.biopolitica.it, sorry.

Quanto al resto, certo che *qualsiasi* tratto da cui siamo denotati partecipa al fatto di renderci ciò che siamo e non altro, ma parlando di "investimento" mi riferisco appunto all'importanza diversa che attribuiamo a ciascuno di essi - nella nostra autopercezione e nel legame che tale tratto instaura con chi lo condivide.

Per esempio, io dò una certa importanza al fatto di essere parte di una certa famiglia, o di essere transumanista, o di avere una certa provenienza etnoculturale. Ne dò molta meno al fatto di essere dei Gemelli, o di essere un maschio, o di fare l'avvocato. Nel senso ad esempio che mi sento molto più in comune con una donna dei Pesci che fa l'architetto, ma che invece condivide con me i tratti "identitari" di cui sopra.

In questo senso faccio fatica a condividere la visione dell'orientamento sessuale o dell'appartenenza di genere come "destino" che definirebbe gran parte dell'identità di chi vi aderisce. Visione che mi pare oggi presente non solo nel campo omofobo, ma anche nel campo opposto.

old ha detto...

..in una società "futuristica" non escluderei a priori che un gay possa picchiare un etero.
e non lo escluderei pure oggi.

In ogni caso continuo a non capire:
Gli omo vogliono la parità in tutto e per tutto mentre sulla questione aggressioni, chiedono l'aggravante per chi commette reato.
Non mi tornano i conti...

Io considero omo alla pari degli etero e non concepisco una aggravante che riguardi le violenze nei loro confronti!
Fanculo, io che sono etero, allora se sono aggredito, merito meno giustizia?
Ma dove siamo!

Non basterebbe una legge che punisca chi aggredisce un'altra persona, con la pena proporzionata, appunto?

A nessuno viene in mente che l'aggressione in se verso chiunque, è semplicemente inaccettabile, e per questo va punita severamente?

Il problema è che in italia per aggressione, viene punito quasi nessuno!

Stefano Vaj ha detto...

@old
"Io considero omo alla pari degli etero e non concepisco una aggravante che riguardi le violenze nei loro confronti!"

Ma DOVE lo leggete tutti, pro e contro? Il progetto di legge Concia prevedeva un'aggravante per reati commessi a fini di discriminazione sessuale. Per cui: IN OGNI CASO in cui uno venga ad esempio picchiato *perché* omo, etero, pedo, zoo, non importa da chi.

Altra cosa è che questa aggravante fosse richiesta/appoggiata da molti omo, in quanto più probabile oggetto della protezione estesa suddetta.

Ma l'unica "discriminazione" che la stessa comporta è effettivamente il fatto che chi picchia qualcuno per il suo orientamento sessuale viene punito maggiormente di chi lo fa per il suo orientamento politico, calcistico, o che altro (quello religioso in teoria è coperto dalla Legge Mancino). Sul che naturalmente si potrebbe anche discutere.

Ma tra vittime omo e vittime etero, pedo, zoo, la proposta NON faceva nessunissima differenza.