sabato 31 luglio 2010

Se abortire diventa impossibile

L’Espresso pubblica sul numero in edicola una bella inchiesta di Assunta Sarlo e Caterina Visco, dal titolo eloquente: «Sarà sempre più difficile abortire» (5 agosto 2010, pp. 68-70). Ma non ci sono solo ombre:

Schedare le donne che chiedono di interrompere la gravidanza e farle passare attraverso numerosi colloqui. Con il preciso e dichiarato intento di dissuaderle più di quanto non faccia già oggi l’obiezione di coscienza nei presidi pubblici che nel Lazio tocca la cifra record dell’85,6 per cento. È quanto potrebbe accadere se dovesse essere approvata la proposta di legge regionale di riforma dei consultori presentata dall’assessore Olimpia Tarzia, già presidente del Movimento per la Vita. Mentre è una certezza, dall’altra parte dell’Italia, il diktat del governatore Vendola che, con la delibera regionale 735, prevede che nei consultori possano essere assunti soltanto medici non obiettori. Due scelte opposte, specchio delle due Italie: una dove tentare di interrompere una gravidanza è un percorso a ostacoli messi in fila per devastare l’anima delle donne costrette a questa drammatica scelta, e un’altra dove, pur nella difficolta di far funzionare il servizio sanitario nazionale, si rispetta la legge e si cerca di rispettare il doloroso diritto che essa garantisce.
La legge regionale voluta dalla giunta di Renata Polverini impone alle donne un percorso obbligato: in prima istanza intende far «riflettere la donna e la coppia sul valore primario della vita, della maternità, e della tutela del figlio concepito», poi propone un possibile (ma non certo) sostegno economico da parte della regione per i primi cinque anni di vita del bambino o suggerisce di metterlo al mondo per poi darlo in adozione e affidamento. Se, passate queste forche caudine, la donna decide comunque di interrompere la gravidanza, l’intero iter viene “verbalizzato”. Non solo. La proposta prevede anche il libero accesso ai consultori delle associazioni di volontariato in difesa della vita e la parificazione (anche sul piano dei finanziamenti) tra consultori privati non a scopo di lucro e quelli pubblici.
Interessante – e desolante – la scheda sulle donne costrette ad andare ad abortire all’estero:
È ricominciato come negli anni Sessanta. Prima della 194 in molte andavano a interrompere una gravidanza in un paese straniero perché in Italia era reato. Oggi ci vanno perché nel nostro Paese la legge non è applicata con regolarità e con il rispetto della dignità e dei diritti della paziente.
Vanno in Spagna, Inghilterra, Olanda, Francia. Ma anche in Svizzera: gli ultimi dati diffusi dal Canton Ticino dicono che un aborto su tre è effettuato su una paziente italiana. In Inghilterra nel 2009 ne sono arrivate quasi 200, secondo i dati forniti dal Department of Health. In Spagna molte di più perché molti sono i vantaggi: quasi in tutte le cliniche c’è qualcuno che parla italiano e si può abortire a un prezzo relativamenle contenuto (dai 300-400 euro per aborto con anestesia locale ai 400-500 e più in anestesia totale). Pagano anche le cittadine spagnole (se il concepimento non è frutto di un reato di qualche tipo), ma sono previste riduzioni di costi per le donne disoccupate e le meno abbienti e ci sono cliniche che coprono fino al 100 per cento dei costi di intervento. Ma perché si parte se l’aborto non è più reato? «Succede spesso che le donne denuncino gravi ritardi o addirittura veri e propri maltrattamenti psicologici a cui vengono sottoposte negli ospedali italiani per mancanza o poca professionalità del personale obiettore», rispondono all’associazione Women on Web, organizzazione non governativa senza scopi dl lucro che sostiene le donne che devono abortire.
Da leggere tutto.

lunedì 26 luglio 2010

Ho maggiore pietà per un sacerdote pedofilo che che per un prete gay

Bruno Volpe e il suo Pontifex sono noti per essere tra i peggiori rappresentanti della peggiore religione (sarebbe bene tenere a mente la radice etimologica).
Ma ogni tanto raggiungono vette inimmaginabili forse anche dai loro stessi ammiratori - ammesso che ne abbiano, ma temiano di sì.
Già il titolo basterebbe. Il Volpe è talmente coinvolto emotivamente che gli scappano due che: capita di balbettare quando si è presi da una discussione che ci accalora.
Dicevamo che il titolo basterebbe, eppure le dichiarazioni di tale monsignor Serafino Sprovieri, Vescovo Emerito di Benevento (tutto maiuscolo per il Volpe adorante) riportate con orgoglio meritano la nostra attenzione.
Eccellenza afferma

Costoro [i gay, manco a dirlo] con la loro vita dissoluta e depravata infangano la chiesa, sembrano inseriti in una mentalità pagana e volgare che tollera ed ammicca a queste perversioni, a queste anormalità. I gay che ostentano ...
... la loro diversità e la mettono in pratica, sono perversi, una cosa oscena, la Bibbia é chiara, non ammette repliche: la pratica della omosessualità é una vergogna, causa di esclusione dal Regno dei Cieli e motivo di allontanamento da Dio, motivo per il quale queste cose, a costo di passare per vecchi, superati, retrogradi, vanno dette e denunciate con vigore.
[...] sacerdozio ministeriale e omosessualità non possono coesistere, un gay non ha la mentalità equilibrata, stabile e limpida per poter esercitare questo ministero sacramentale con le carte in regola, motivo per il quale bisognerebbe stare attenti a chi fare entrare nei seminari. Coloro che hanno tendenze gay devono rimanere a casa e non infiltrarsi nei ranghi del clero.
Evviva Pontifex. Finalmente una parola chiara sul peggiore scandalo di questi tempi, una vera e propria offesa per la chiesa, integgerrima paladina di giustizia e umanità.
Qualcuno ha nominato le vittime? A parte la legge naturale e il diritto canonico pare non ci siano vittime. Somiglia tanto allo stupro come delitto contro la morale.

domenica 18 luglio 2010

È stupro?

Da K.L. Kirchner et al., «Sexuality and a Severely Brain-Injured Spouse», The Hastings Center Report 40, n. 3 (2010), pp. 14-16:

Z. è una donna di 29 anni che ha subito una grave lesione al cervello cinque anni fa, quando è stata investita da una macchina guidata da un ubriaco. Ci sono voluti sei mesi perché si riprendesse, trascorsi tra ospedale e centro di riabilitazione. Da quando è stata dimessa dal centro, ha vissuto a casa con il proprio marito e con i due figli gemelli di quattro anni. Z è incapace di parlare, dipende totalmente dagli altri per i suoi movimenti e per la cura del corpo, è incontinente ed è alimentata con una sonda. Benché sia vigile e capace di reagire a stimoli visivi, sonori e tattili, Z è chiaramente incapace di prendere parte alle più semplici decisioni. È bisognosa di assistenza 24 ore al giorno.
Qualche mese fa, Z ha sofferto di dolori all’addome, e il suo medico ha scoperto che era incinta. La gravidanza è stata interrotta dopo che i medici si sono consultati e hanno stabilito che proseguirla avrebbe compromesso la salute della paziente. I genitori di Z sono morti, ma i suoi due fratelli maggiori hanno accusato il signor Z di stupro. Hanno contattato la polizia del luogo chiedendo di presentare accuse di natura penale e hanno ingaggiato un avvocato per avviare la procedura per ottenere la custodia. A causa dei gravi deficit cognitivi della sorella, non credono che Z possa in alcun modo avere chiara cognizione di ciò che le accade e ritengono che ogni contatto di natura sessuale con una donna in stato di minima coscienza sia inappropriato. Pensano che il signor Z abbia commesso una violenza e che la sua prospettiva sia egoistica.
Il signor Z è fermissimo nell’affermare che sua moglie avrebbe voluto mantenere rapporti fisici con lui e che ciò che succede nella privacy della loro stanza da letto non dovrebbe riguardare né i tribunali né la polizia. Come prova della sua fedeltà ai propri voti matrimoniali adduce il fatto di non avere divorziato dalla moglie quando è divenuta disabile; afferma di amarla ancora e di trovarla ancora attraente.
L’ufficio incaricato di assegnare la custodia sta esaminando il caso per conto del giudice e ha chiesto a vari consulenti di dare le proprie opinioni sulle seguenti questioni: l’incapacità di Z di fornire il proprio consenso ai rapporti sessuali anulla il diritto alla privacy coniugale invocato dal signor Z? La relazione sessuale di Z col marito precedente all’incidente costituisce una prova chiara e convincente che Z avrebbe voluto che il proprio compagno continuasse quella relazione, anche se lei stessa non vi partecipa ormai che passivamente? Z dovrebbe rimanere con suo marito, o bisognerebbe permettere ai fratelli di allontanarla dalla sua casa?
Un caso interessante, ma di difficile soluzione (anche se ciò non vuol dire che non si possano avere in proposito radicate intuizioni morali). L’articolo che lo riporta offre anche i commenti di alcune studiose di diritto e di bioetica.

(Grazie per la segnalazione a Fabrizio Fiacco.)

Grazie


Stasera alle 21.30 ci sarà la presentazione di Grazie di Riccardo Staglianò. Ci sarà Antonio Pascale e ci sarò anche io.
Spazio Rinascita, a Caracalla.

sabato 17 luglio 2010

Married to the Mob


Alexander Stille per Foreign Policy, 16 luglio 2010. Comincia così:

On July 13, Italian police arrested more than 300 members of the 'Ndrangheta mafia syndicate -- one of the largest crackdowns on organized crime in the country's history. The vast scale of the operation -- with some 3,000 police agents carrying out 305 arrests, conducting 55 searches, and seizing criminal assets worth an estimated $75 million -- is testimony to an extremely well-coordinated police investigation operating simultaneously in northern and southern Italy.

Every few years after a major mafia crackdown, the American press tends to trumpet a crucial turnabout in the war against organized crime in Italy. But the truth is, the high number of arrests is also an indication of the growth and pervasiveness of one of Italy's strongest and least well-known crime groups. One hundred and sixty of the arrests took place in Milan, the financial capital of northern Italy, where the 'Ndrangheta is believed to have 500 affiliates. Less known than Sicily's Cosa Nostra and the Camorra, the Neapolitan equivalent of the mafia, the 'Ndrangheta has remained much more elusive. According to the Italian think tank Eurispes, it is also one of the wealthiest of Italy's organized crime groups, accounting for about 50 billion euros a year, about half of it from illegal drugs. (Eurispes estimates that organized crime accounts for about 9 percent of Italy's GDP, and the 'Ndrangeta accounts for about a third of that.)

The recent blitz carried out in Italy appears to be a genuine accomplishment and not merely a public relations exercise. In more than two years of patient investigations, police and prosecutors have gathered a staggering amount of evidence -- reportedly 64,000 hours of videotape and more than 1 million phone conversations.

martedì 13 luglio 2010

Tu chiamalo, se vuoi, ricovero coatto

Suonano come monito alle Regioni le linee guida per la pillola abortiva da ieri sul tavolo di assessorati e governatori. Il sottosegretario al ministero della Salute, Eugenia Roccella, è stata chiara: «Rispettiamo l’autonomia delle amministrazioni. Noi segnaliamo però che chi dovesse applicare protocolli clinici che ammettono le dimissioni volontarie della donna dopo l’assunzione della prima pillola vanno incontro a irregolarità».
«ABORTO A DOMICILIO» - Il messaggio non può essere interpretato che come un richiamo. Il timore di fondo, infatti, è «lo scivolamento verso l’aborto a domicilio». Dunque l’impegno delle Asl dovrebbe essere quello di seguire le indicazioni del documento dove viene ribadito un principio: la Ru486 ha lo stesso livello di sicurezza dell’aborto chirurgico se viene somministrata in ospedale, in regime di ricovero ordinario (tre giorni) e sotto controllo sanitario, in accordo con la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Continua qui.

venerdì 9 luglio 2010

Il bambino della Provvidenza

Ci sono argomenti talmente logori e inefficaci, che uno quasi si vergogna di rispondere con i soliti contro-argomenti, classici e definitivi, ripetuti mille e mille volte (ma a quanto pare invano). Però a volte chi ti propone il vecchio luogo comune lo fa con tale goffagine da rispondersi quasi da solo; e chi replica ha solo il compito di accompagnare in porta l’autogol.
Prendiamo Vincenzo Arnone, che segnala su AvvenireE quelle “stelline” mai nate scrivono alle loro mammine», 8 luglio, p. 28) il libro di Enzo Di Natali, Cinque milioni di stelline spente. Lettere di un bambino mai nato alla sua mammina (Sanfilippo, 2008): un titolo che è tutto un programma. Scrive Arnone (non so se riprendendo il testo di Di Natali):

Queste Lettere di un bambino mai nato alla sua mammina sono come cinque milioni di stelline spente, ovvero cinque milioni di bambini ai quali è stato impedito di nascere in questi ultimi anni. Cinque milioni di bambini tra cui avrebbe potuto esserci il bambino della Provvidenza mandato a lenire le sofferenze degli uomini; cinque milioni di stelline che mancano nel cielo oscuro del nostro Paese.
Il Bambino della Provvidenza, da grande, sarebbe diventato evidentemente l’Uomo della Provvidenza; e allora forse non c’è nulla di cui lamentarsi...

domenica 4 luglio 2010

Fossi il crocifisso mi sentirei dolorosamente offeso

Il MEDIC, Movimento Etico per la Difesa Internazionale del Crocifisso, si è presentato al mondo in una conferenza stampa organizzata lo scorso 2 luglio, seppure pare nato un anno fa.
Presenti (copio da qui): il Senatore Giulio Andreotti con il Segretario Generale del Medic, l’Architetto Roberto Mezzaroma, il Presidente onorario, la Duchessa d’Aosta Silvia Paternò, lo psichiatra e politico italiano, Prof. Alessandro Meluzzi, il sacerdote don Walter Trovato, Gaetano Sottile della Chiesa Evangelica, Alberto Piperno, membro della Comunità Ebraica di Roma, nonché Presidente del Comitato “Memoria Dialogo di Pace”, il giornalista Nuccio Fava.

Se volete vomitare (con onore anzichenò) ecco le parole di Mezzaroma.
La croce è tutta nostra.

venerdì 2 luglio 2010

Epurati gli obiettori di coscienza!

Il miglior commento alla vicenda della delibera della Regione Puglia sulla riorganizzazione dei consultori lo vince Mario Mauro (la concorrenza è spietata) con un editoriale di oggi su Il Sussidiario: L’aborto pugliese. Una delle parti più meritevoli è questa:

Insieme ad alcuni miei colleghi ho presentato un’interrogazione scritta alla Commissione europea nella quale si chiede se essa non ritiene che il provvedimento della Regione Puglia costituisca violazione dell’articolo 9 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali sulla Libertà di pensiero, di coscienza e di religione, e dell’articolo 10 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea sulla Libertà di pensiero, di coscienza e di religione che garantisce inoltre il diritto all’obiezione di coscienza.

E’ sconcertante quanto appena raccontato. Soprattutto per l’incredibile metodo utilizzato. Il metodo dell’ambiguità e della menzogna. Lo stravolgimento della realtà, in questo caso specifico, è arrivato all’apice. Nel motivare il provvedimento, la Giunta regionale pugliese, per bocca degli assessori Fiore e Gentile è riuscita addirittura a dire che c’è “la ferma volontà di garantire la piena applicazione della legge 194 e la tutela dei diritti delle donne”. Siamo tutti curiosi di sapere di quali diritti parlano.

E vogliamo anche comprendere se l’obiettivo di questa gente sia quello di evitare che le donne ricorrano all’interruzione di gravidanza oppure, al contrario, quello di rendere i consultori delle vere e proprie fabbriche di aborti. Vista la criminalizzazione e il conseguente tentativo di epurazione degli obiettori di coscienza non sembrano esserci dubbi.
Si potrebbe commentare a lungo ogni parola del nostro. Per ora mi limito a riportare alcuni numeri sui quali ognuno farà le proprie riflessioni.
Dalla Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/78, qui i documenti per intero) si evince che in Puglia la percentuale dei medici obiettori è del 79,9% e quella degli anestesisti del 63,5% (Tabella 282 - Obiezione per categoria professionale nel servizio in cui si effettua l’IVG, 2007). Questo significa che varcando la soglia di un ospedale 8 medici su 10 sono obiettori di coscienza.
I consultori attivi sono 162, cioè 1,6 per 10.000 donne in età tra i 15 e i 49 anni e lo 0,8 per 20.000 abitanti (Tabella 17 - N. Consultori Familiari funzionanti, 2007).
Quale soluzione proponete?

giovedì 1 luglio 2010

La tua libertà finisce dove cominciano i nostri valori

Alberto Gambino commenta sul giornale dei vescovi la recente sentenza della Corte di Giustizia Federale tedesca (equivalente alla nostra Cassazione), che ha sancito la legittimità dell’eutanasia passiva (ovvero, a essere più esatti, del rifiuto dell’alimentazione e idratazione artificiali) («Così in Germania la vita torna “disponibile”», Avvenire, 1 luglio 2010, inserto «È vita», p. 3):

L’errore di impostazione, ora anche della giurisprudenza tedesca, è ritenere che la libertà individuale, spazio da preservare anche ove non condivisibile sul piano morale, possa sempre tradursi in vere proprie pretese giuridiche che obbligano l’ordinamento a conformarsi a esse. […]
Il delicato bilanciamento tra libertà dell’individuo e valori di fondo della comunità si è, infatti, sin qui realizzato lasciando al primo i più ampi spazi purché la sua azione sia accettata dai consociati. Ove invece operi un giudizio di disvalore, l’azione del singolo rimane circoscritta entro legittimi spazi di libertà, ma non potrà mai diventare pretesa giuridica in grado di obbligare altri consociati.
Il pensiero liberale è chiaro sul limite della libertà individuale: in generale, non possiamo costringere gli altri a subire le nostre azioni o ad agire come piace a noi. Uno dei corollari di questo principio consiste appunto nel divieto di sottoporre i pazienti a trattamenti non voluti, anche quando questi siano volti a prolungarne la vita (la distinzione fra trattamenti sanitari e non, su cui tanti insistono, è ovviamente del tutto irrilevante in questo contesto). Dall’altro lato il paziente non può obbligare il medico a praticargli trattamenti, come l’eutanasia attiva, che quello rifiuta di attivare (anche se può esservi obbligato dai propri eventuali obblighi deontologici e contrattuali; e ovviamente se il paziente e il medico raggiungono un accordo in tal senso, è fatto divieto a terzi – torniamo qui al principio generale – di interferire nelle loro azioni).
I commenti di Alberto Gambino delineano invece, con cruda chiarezza, un ordinamento del tutto alternativo: il limite alla libertà personale è costituito dal gradimento che «la comunità» nutre nei confronti delle nostre scelte; non possiamo obbligare il medico a desistere da un’azione terapeutica, visto che per i valori «di fondo» la «disattivazione di trattamenti sanitari finalizzati alla salvaguardia della vita» non è ammissibile (Gambino, alquanto incoerentemente, proclama però di rispettare la possibilità di rifiutare le terapie). L’individuo non ha più nessuna autonomia morale, ma è sottoposto invece alla tirannia della maggioranza; Gambino ha almeno il merito di dirlo chiaramente.