giovedì 17 giugno 2010

Nomen omen

Il nome che si porta è infatti molto più importante di quanto si possa pensare e secondo la scienza averne uno musicale ed elegante non solo aiuta a sentirsi più sicuri ma predispone positivamente le persone nei nostri confronti.
Dopo aver letto questo articolo ti viene voglia di strappare la carta di identità e di andare a picchiare quelli dell'anagrafe. Poi capisci che è meglio considerarlo un numero da commedia. Lasciamo stare l'abuso della povera scienza, tanto ormai ci sono le scienze turistiche e culinarie.
Non consideriamo l'involontaria ironia del nome del tipo - David Figlio della Northwestern University, in Illinois - che ha ideato e dimostrato (Sara Ficocelli su la Repubblica usa questo termine, dimostrato)
analizzando le scelte di battesimo di 3000 famiglie, ciò che tutti sospettavano: più facile dubitare della virtù di una Jessica che di una Geltrude, scontato considerare più moderno un Alex che un Salvatore. Poco importa cosa facciano e pensino davvero queste persone, il nostro cervello trasmette e riceve impulsi e impressioni appena il nome viene pronunciato.
Certo Suellen richiama l'anonima alcolisti e Noemi disponibilità forse eccessiva (chissà Nathan Falco).
Ma la chicca deve ancora avvenire. Chi intervista Ficocelli per rinforzare questa trovata? Alessandro Meluzzi. Già, quello lì. Quello che dice che Dio e la natura e Freud hanno detto così e quindi è così. Quello a cui non affideresti un gatto pulcioso (un paio di volte abbiamo commentato le sue prodezze).
Il modo in cui ci chiamiamo è un simbolo, uno specchio [...] e rappresenta il nostro biglietto di presentazione di fronte al resto del mondo. Il suono che ha e il significato che rievoca influiscono direttamente sul comportamento degli altri nei nostri confronti, e questo ha effetti a sua volta sui nostri circuiti neuroendocrini: a seconda dei casi viene favorita la produzione di ossitocina, dopamina o endorfine. Possiamo insomma dire che il nome che ci viene dato influisce sul nostro sviluppo.
I genitori di Meluzzi devono essersi sbagliati, oppure il nostro Alessandro è una specie di cigno nero? Quanto a Sara non saprei cosa dire. Le consiglierei di scegliere in modo diverso chi intervistare e di evitare parole che non conosce, come dimostrare. Ah, e poi almeno un cenno alle credenze romane di cui all'oggetto avrebbe calzato a pennello.

2 commenti:

paolo de gregorio ha detto...

Chiara Lalli, un altro caso di nomen omen. L'ossitocina mi ha molto facilitato la lettura dell'articolo, come volevasi dimostrare.

Roberto ha detto...

Qualche giorno fa un articolo della stessa testata ci informava del sensazionale contagio di un organismo umano da parte di un virus informatico.

La prestigiosa firma dell'articolo era la stessa. Per un attimo ho pensato di essere su Fake Science.