sabato 26 maggio 2012

Articolo 9, comma 4

È amareggiata, la dottoressa Miriam Valentini, lettrice del giornale dei vescovi italiani, al cui direttore scrive una lettera accorata («Liberticida attacco agli obiettori», Avvenire, 24 maggio 2012, p. 37). Cosa ha turbato la signora? Alcune recenti letture l’hanno resa consapevole

del fatto che associazioni che si rifanno all’area del Partito radicale stanno chiedendo che nei concorsi venga riservata una quota ai medici ginecologi non obiettori, mentre esponenti del Pd hanno chiesto di evitare che nei presidi sanitari ci sia più del 50% di medici obiettori. Addirittura un magistrato presentato come «esperto di diritto di famiglia» è arrivato a suggerire la possibilità di denunciare una struttura sanitaria per «omissione di atti d’ufficio» e «interruzione di pubblico servizio» nel caso in cui una donna non possa abortire in quello stesso presidio a motivo del fatto che «non ci sono medici non obiettori».
E conclude sgomenta:
Mettere addirittura la corsia preferenziale nei concorsi per i non obiettori mi sembra veramente un colpo basso alla libertà di coscienza delle persone. Quanto potrebbe dirsi “civile” una società del genere?
Il direttore Marco Tarquinio condivide «totalmente il suo amarissimo ragionamento e il suo allarme», e soprattutto condivide
lo spirito della sua vibrante domanda finale. I paladini di “libertà” che si fanno arbitrio gettano definitivamente la maschera (o, meglio, quel che ne resta) e si rivelano per quel che sono: vorrebbero negare persino la libertà di coscienza, e premono per ottenere regole liberticide, tese a discriminare e penalizzare i medici che rifiutano di farsi somministratori di morte.
A dire il vero, qui non si tratta di ottenere nuove regole, ma di rispettare quelle che già esistono. Andiamo a leggere – leggere per intero – l’art. 9 della legge 22 maggio 1978, n. 194 («Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza»), che come è noto sancisce il diritto all’obiezione di coscienza. Ebbene, al comma 4, la legge recita testualmente:
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.
Non importa, in altre parole, che un ente ospedaliero o una casa di cura si trovino a corto di medici non obiettori: essi sono in ogni caso obbligati a fornire il servizio di interruzione della gravidanza. Non si vede dunque come direttori sanitari, primari e/o responsabili regionali della sanità negligenti possano sfuggire all’imputazione di omissione d’atti d’ufficio (art. 328 c. 2 del Codice Penale) e di interruzione di pubblico servizio (art. 340 C.P.). Quello che stupisce, in effetti, è che non si siano finora moltiplicate le denunce di questo tipo, visto che sono oramai molti gli ospedali che non offrono più il servizio di IVG (anche se bisogna poi vedere quali siano gli strumenti effettivi – mobilità del personale, concorsi riservati, incentivi economici? – a disposizione per combattere la proliferazione degli obiettori).

Nella retorica degli attivisti italiani anti-choice è diventata da tempo comune la pretesa di presentarsi come paladini della legge 194, che – così ci viene detto – va applicata «per intero», lasciando intendere che se rispettata alla lettera essa avrebbe un effetto dissuasivo sugli aborti. Bene, non chiediamo di meglio: si applichi per intero anche l’art. 9 della 194. O dobbiamo scoprire che per certuni – caro direttore Tarquinio – le leggi si applicano solo là dove fanno comodo?

2 commenti:

Antonio ha detto...

credo che l'articolo di Rodotà sia chiarificatore riguardo l'assurdità "dell'amarissimo ragionamento"!

Simone ha detto...

"Quando la legge è stata approvata la clausola dell’obiezione di coscienza era ragionevole e giustificata"

Mi spiace dissentire da Rodota' ma questa affermazione oltre che sbagliata dal punto di vista deontologico e logico e´anche falsa dal punto di vista storico.

I medici tutti i giorni sono chiamati ad applicare tecniche che non erano in uso quando hanno iniziato a esercitare la medicina e non potrebbe essere altrimenti. Mi si puo´obiettare che l´aborto era un reato: a parte che il motivo per cui era reato non aveva nulla di medico,anche prescivere sostanze non autorizzare e´vietato dalla legge e questo per un preciso motivo medico. In un prossimo futuro i medici potranno, quasi certamente, somministrare il THC oggi vietato: proporremo l´obiezione di coscienza? Non credo proprio.

Inoltre e' storicamente falso: l'obiezione di coscienza fu introdotta per placare gli animi dei cosideetti cattolici e permettere alla DC di non affossare la legge quando ormai era inevitabile una sua approvazione dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 1975.

Io sarei molto felice si abolisse l´obiezione di coscienza, ma senza arrivare a tanto basterebbe rendere leggermente piu difficile la vita ai cosiddetti obiettori (aumentare i turni festivi, svantaggi economici ecc) e questa pantomima assurda cesserebbe in pochissimo tempo.