Sappiamo dalle cronache che George Tiller, ucciso il 31 maggio da un fanatico pro-life, era uno dei pochissimi medici rimasti negli Stati Uniti a praticare aborti tardivi. Questa è sembrata ad alcuni un’ombra che, se magari non giustifica l’uccisione di Tiller, ne diminuisce tuttavia considerevolmente la statura morale. Ma che cos’è davvero un aborto tardivo – cioè praticato oltre un termine oscillante attorno alla ventesima settimana? Cosa faceva davvero il dottor Tiller? Chi erano le donne che si rivolgevano a lui?
Risponde a queste domande Kate Harding su Salon.com («Where will women go now?», 1 giugno 2009). E la sua è una risposta che, si spera, dovrebbe indurre a rettificare alcuni giudizi frettolosi.
Susan Hill, presidente della National Women’s Health Foundation, che conosceva il dottor Tiller da più di vent’anni e indirizzava donne e ragazze alla sua clinica, ha detto in un’intervista telefonica: «Mandavamo i casi davvero tragici sempre da Tiller». Questi casi comprendevano donne cui era stato diagnosticato un tumore e che avevano bisogno di un aborto per poter accedere alla chemioterapia; donne che avevano appreso a gravidanza ormai avanzata che i bambini tanto desiderati soffrivano di malattie fatali; e vittime di stupri talmente giovani che non si erano rese conto per mesi di essere incinte. «Gli mandavamo undicenni, dodicenni che erano andate troppo in là perché chiunque altro le visitasse», ricorda Hill. «Le undicenni non dicono niente a nessuno. A volte non sanno neppure di aver cominciato ad avere le mestruazioni».Da leggere tutto.
Da quando si è diffusa la notizia dell’omicidio del dottor Tiller, i ricordi personali di persone che hanno fatto ricorso alle sue cure hanno cominciato ad apparire in rete. Un commentatore ha raccontato sul blog Balloon Juice la storia di come sua moglie avesse scoperto all’ottavo mese di gravidanza di essere incinta di due gemelli siamesi. «Non era tanto il fatto che fossero siamesi il problema, ma il modo in cui erano uniti: nel migliore dei casi solo uno di loro sarebbe sopravvissuto all’operazione di separazione, ed era più che probabile che avrebbe vissuto una vita breve e dolorosa, punteggiata da operazioni e trapianti». Marito e moglie avevano scelto di interrompere la gravidanza tanto attesa, invece di portare al mondo un bambino solo per farlo soffrire e morire. «L’incubo della nostra decisione e di quello che è seguito è stato reso sopportabile solo dal calore e dalla compassione del dottor Tiller e dei suoi bravi collaboratori». […]
Anche link a vecchie storie si stanno diffondendo sui media sociali e sui blog. Un articolo del 2001 pubblicato originariamente su Glamour racconta l’esperienza di Gloria Gonzalez, che aveva appreso che le gemelle di cui era incinta erano gravemente malate e stavano mettendo a repentaglio la sua stessa salute. «In quanto cristiana e in quanto donna sposata che voleva con tutte le forze avere un figlio, non avevo mai pensato granché all’aborto. Come molti altri, immaginavo che solo donne con gravidanze indesiderate vi facessero ricorso». Tuttavia, dopo aver consultato assieme al marito parecchi medici e il loro pastore, «capimmo cosa dovevamo fare. Lasciare che le bambine morissero da sole non era una scelta possibile, perché ritenevamo che stessero soffrendo e mettendo allo stesso tempo in pericolo la mia salute». Il sito web A Heartbreaking Choice, che raccoglie storie di donne che hanno scelto di interrompere una gravidanza voluta, ha una sezione dedicata a «Storie del Kansas», da parte di donne che hanno fatto il viaggio fino a Wichita dopo aver ricevuto diagnosi nefaste a gravidanza troppo inoltrata per ottenere aborti legali nei loro stati di origine.
(Grazie a Norman per la segnalazione.)
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