sabato 3 ottobre 2009

Ci pensa Rondoni

Cosa spinge Davide Rondoni («Quando si muore non si muore soli», Il Sole 24 Ore, 2 ottobre 2009, p. 1) a definire l’autodeterminazione come una «parola algida, filosoficamente debole e per certi aspetti comica»? L’affermazione è impegnativa; il modo in cui viene giustificata lo è un po’ di meno:

[Autodeterminazione è una] parola che nella vita reale non indica niente di veramente reale. Non ci autodeterminiamo in niente, mai. Nemmeno decidiamo quando nascere e come siamo fisicamente fatti. E nemmeno il nostro carattere. Nemmeno di chi ci innamoriamo. O cosa ci addolora. O se ci piacciono di più i fichi o le fragole. Nemmeno come saranno i nostri figli per quanto possiamo programmarli. Non ci autodeterminiamo in niente – accettiamo addirittura che le leggi dello stato entrino nella nostra vita pesantemente in molti campi: il fisco, il codice della strada, i confini della proprietà...
Una prima cosa che salta all’occhio è la stranezza di un cattolico – a quanto ne so Rondoni, noto editorialista di Avvenire, è tale – che apparentemente non crede al libero arbitrio. L’impressione (confermata anche da altri esempi) è che gli integralisti cattolici abbiano sviluppato negli ultimi tempi una sorta di eclettismo ideologico: per giustificare le loro vedute fanno man bassa negli scaffali della storia delle idee, senza andare troppo per il sottile. Il fatto ha delle implicazioni interessanti per quello che riguarda la caratura culturale dell’integralismo, ma non è il caso di soffermarvisi adesso; così come non è nemmeno il caso di esaminare la tenuta logica della concezione rondoniana della libertà umana. Prendiamo per buona la sua visione del servo arbitrio; cambia qualcosa per i difensori dell’autodeterminazione? La risposta, naturalmente, è no. L’autodeterminazione non è – non principalmente, almeno – una tesi metafisica sulla libertà umana; è invece una massima pratica che impone di rispettare le scelte degli individui quando queste non ledano i diritti degli altri. Qui non importa realmente da dove vengano le nostre preferenze in materia di partner sentimentali o di frutta e verdura – purché si possa dire che quelle preferenze siano comunque, per il senso comune, preferenze nostre. Sarà anche vero che X si è innamorato di Y perché gli ricordava inconsapevolmente la sua prima bambinaia, o che a Z non piacciono le mele perché da piccino ci ha trovato un verme; queste sono comunque le loro preferenze, e il rispetto per la loro autodeterminazione consiste – per esempio – nel non costringere X a lasciare Y perché non è socialmente alla sua altezza, o nel non obbligare Z a mangiare mele perché «una mela al giorno leva il medico di torno». Consideriamo anche gli altri esempi dell’elenco di Rondoni (escluso ovviamente quello della nascita: vacuo paradosso, visto che la condizione necessaria per scegliere qualcosa è di esistere preliminarmente). Noi non scegliamo come siamo fatti fisicamente, è vero, ma neanche permettiamo a chicchessia di modificarci i connotati perché offendono il suo senso estetico; non scegliamo il nostro carattere, ma ci opponiamo ad essere portati da uno psichiatra solo perché qualcuno ci trova troppo timidi o troppo espansivi; non scegliamo cosa ci addolora, ma pretendiamo che nessuno ci costringa con la forza a riderne; non possiamo programmare in tutto i nostri figli, ma non tolleriamo che ci provino altri; e così via.

Rondoni aggiunge anche altre considerazioni. Per lui gli uomini di oggi «hanno ansia di autodeterminarsi di fronte al potere dello stato, perché tra ognuno di loro e lo stato non c’è più nessuno di cui si fidano, nessuno a cui affidarsi»; ci sono «solo l’individuo e lo stato. Nessun altro, nei momenti che contano». Ma chi dovrebbe esserci, invece, per Rondoni? La risposta alla domanda è complicata e anche abbastanza interessante. Inizialmente il nostro dà questa risposta:
Non ci sarebbe bisogno, in un mondo di uomini non soli, di fare il testamento a cui lo stato e i suoi rappresentanti si devono attenere per la mia buona morte. Ci penserebbero i miei cari, i medici scelti da me o da loro. Stabilendo con libertà e responsabilità quando la cura diviene accanimento.
Questo è sorprendente, per almeno due motivi. Per prima cosa, come mai se io non mi posso autodeterminare, è invece concesso alla mia famiglia e ai medici di determinare me? Non valgono anche per loro i (presunti) limiti alla libertà personale che Rondoni identificava? Secondo: in un caso notissimo e recente, mi sembrava di ricordare che Rondoni non fosse stato precisamente a favore che «a pensarci» fossero i familiari della persona in questione e «i medici scelti da loro»...
Rondoni deve essersi reso conto, mentre andava avanti a scrivere, della contraddizione; ecco dunque che qualche rigo più sotto i familiari (nonché «i medici scelti da loro») sono discretamente spariti:
Se poi la comunità medica è per la maggior parte propensa a pensare che l’alimentazione e l’idratazione artificiali non sono pratiche terapeutiche accanite, mi sembra naturale che questa legge […] rispetti tale convinzione.
E se invece la comunità medica fosse per la maggior parte non propensa? Beh, è semplice: puff!, sparisce anch’essa. Prosegue infatti Rondoni:
Ma se anche fosse una minoranza di medici, beh, l’amore e il rispetto della vita, porterebbe comunque ad essere cauti nel dare via a una legge che in sostanza direbbe: se la vita ti è divenuta insopportabile trova uno con il distintivo di dipendente dello Stato che sia disposto a ucciderti e nessuno ha diritto di intervenire.
Ed ecco che così l’individuo si ritrova di nuovo da solo, davanti a uno Stato che non vuole promulgare leggi avventate...
O forse no: perché il problema, conclude Rondoni, è «come si pensa a sé, vivi o moribondi. Soli o insieme a qualcuno che amiamo e che ci vuol davvero bene». E che Davide Rondoni ci voglia davvero bene, più di familiari e medici troppo propensi a compiacerci, è cosa certa: su di lui potete contare. Magari non sarà presente fisicamente mentre un infermiere vi caccia un sondino su per il naso, ma di sicuro assisterà in spirito.

10 commenti:

Cachorro Quente ha detto...

"L’impressione (confermata anche da altri esempi) è che gli integralisti cattolici abbiano sviluppato negli ultimi tempi una sorta di eclettismo ideologico: per giustificare le loro vedute fanno man bassa negli scaffali della storia delle idee, senza andare troppo per il sottile."

Vedi anche:
- Freud tirato fuori (alla cazzo) quando si parla di genitori omosessuali
- la famigerata citazione di Feyerabend di Ratzinger
- il relativismo epistemologico riabilitato quando si discute la teoria dell'evoluzione
- Marx se fa comodo

D'altra parte se uno pensa che tutta la teorizzazione sull'aborto è in contrasto con quanto detto dai Padri della Chiesa sull'animazione del feto...

Non penso che i teo-con italiani sopravviverebbero a trenta minuti di Inquisizione Spagnola.

Unknown ha detto...

Cari amici, date troppe etichette e con troppa amara ironia. Se volete discutere in merito fatelo con più libertà. L'autodeterminazione invocata per il T.B. è un principio astratto e inefficace. La povera Eluana è stata privata di alimentazione e idratazione non di accanimento terapeutico e non era malata terminale. Siate più sinceri coi fatti. E con le parole altrui. Ne guadagnerà il vostro lavoro.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Caro Davide, coi fatti siamo sincerissimi: in questo blog mai abbiamo sostenuto che Eluana Englaro fosse una malata terminale o che fosse sottoposta all'accanimento terapeutico nel senso ristretto che lei sembra usare. E ugualmente sinceri siamo con le parole altrui: il post che ha appena commentato è composto in non piccola parte di citazioni letterali, ed è presente un collegamento all'articolo originale.

Non comprendo poi il suo invito a discutere con più libertà: siamo, glielo assicuro, già perfettamente liberi. Ha invece ragione sull'amara ironia; di fronte a ciò che leggiamo e ascoltiamo quotidianamente senza poterci fare nulla, mi sembra che sia la reazione di gran lunga più naturale.

Un cordiale saluto.

Ateo Anticlericale ha detto...

davide rondoni: "non ci autodeterminiamo in niente... accettiamo addirittura che le leggi dello stato entrino nella nostra vita pesantemente in molti campi: il fisco, il codice della strada..."

Giusto, io rivendico il mio diritto di guidare ubriaco a 180 km/h in centro città. Tanto, anche se faccio una strage, non è colpa mia dato che non posso autodeterminarmi, sono obbligato ad fare quello che faccio.

Francamente a me fa abbastanza pena, deve essere veramente triste ritrovarsi a dover combattere contro la razionalità per poter scrivere queste boiate nel fallimentare tentativo di rimanere in linea con quel coacervo di superstizioni, assurdità e incoerenze che è il cattolicesimo (non che le altre religioni siano meglio...)

Devo comunque riconoscere che il premio "Incoerenza 2009" continua a rimanere strettamente in mano ad eugenia roccella:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/05/19/roccella-il-presidente-dice-cose-non-vere.html
****
la Repubblica
19/05/2009

Roccella: Il presidente dice cose non vere

D: Il ddl sul testamento biologico obbliga all'idratazione e alla nutrizione artificiale.
R: Non è un obbligo; non c'è la possibilità di rifiutare.
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andrea ha detto...

ateo anticlericale:

"Giusto, io rivendico il mio diritto di guidare ubriaco a 180 km/h in centro città. Tanto, anche se faccio una strage, non è colpa mia dato che non posso autodeterminarmi, sono obbligato ad fare quello che faccio."

vedi, il problema sta proprio in quel "se" che tu poni tra la parola "anche" e "faccio".

old ha detto...

Regalzi, mi permetto di far notare che un cattolico praticante non concepisce la parola "autodeterminazione" in quanto credente ( in Dio, che determina ogni cosa ), per cui risulta inutile discutere su posizioni così distanti.
Se credo in Dio, non posso autodeterminarmi, se non ci credo, bè, non mi resta altro che difendere l'autodeterminazione per cercare di dare un senso alla vita.
Chiediamoci se ha più senso credere in Dio o se credere nell'autodeterminazione.
Alla luce dell'evidenza però, mi permetto di affermare che Dio spiega l'uomo, ma l'uomo non spiega Dio; voglio dire che l'autodeterminazione non può spiegare ciò che accade contrariamente alla nostra volontà, alla nostra "determinazione".

old ha detto...

A questo punto sarebbe interessante sentire il parere di qualche autodeterminista circa questa domanda che mi viene spontanea: ma se l'autodeterminazione vale per le cose che ci vanno bene, quando ci va male l'autodeterminazione che fine fa?
Che autodeterminazione è se ciò di cui volevo autodeterminarmi si è concluso con esito contrario alle mia autodeterminazione stessa?
E...ma allora non vale, se non vale la regola in ogni circostanza, è gioco scorretto direi.
I veri cattolici praticanti, io li definirei così, non fondamentalisti cattolici come alcuni amano definirli, pongono il loro Dio come unica risposta alle domande che ognuno ha sul senso della vita, sulla libertà, sul significato di ogni cosa, insomma
un punto fisso, intorno al quale tutto ruota.
Quello che vorrebbero sostenere pure gli autodeterministi, da quel che comprendo, ma non sembra che gli stessi riescano a motivare il loro, con altrettanto oggettività.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Old, tu sembri pensare che l'autodeterminazione consista nel potere di portare comunque a compimento quello che ci passa per la testa. Ma non è questo il significato che le diamo: autodeterminazione significa semplicemente il potere di agire in base alle nostre scelte senza interferenze da parte di altri, non anche il potere di riuscire in tutto quello che scegliamo di fare.

Se tu decidi di perseguire una carriera da musicista contro il volere dei tuoi genitori ti sei autodeterminato, anche se alla fine la mancanza di talento di ha impedito di cogliere gli allori che speravi. Se invece ti sei dovuto piegare alle scelte di mamma e papà e hai iniziato una brillantissima carriera di bancario (mestiere che odi), l'autodeterminazione non c'è stata.

old ha detto...

Francamente allora non riesco a comprendere il significato del vostro utilizzo della parola autodeterminazione.
Siccome siamo persone vive, la parola autodeterminazione comprende anche l'essere, lo stato in essere di un individuo.
Se decido di essere un musicista, dovrei poterlo essere punto e basta, secondo la mia autodeterminazione.
Probabilmente sarebbe più opportuno utilizzare le parole "libertà", essere "liberi di", perchè la parola autodeterminazione comprende uno spetro più ampio di significati a lei attribuibili.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Non so, "autodeterminazione" mi pare più specifico. Comunque non ne farei una questione di parole.