mercoledì 18 luglio 2012

Turchia, banditi i medicinali per l’aborto sicuro


Ieri Women on Waves, organizzazione internazionale non governativa che combatte per i diritti riproduttivi e la salute delle donne, ha pubblicato un comunicato stampa sulla politica restrittiva della Turchia sull’aborto: Press release: Turkey bans medicines used for safe abortion from pharmacy in move to further restrict access.
Le farmacie non potranno più vendere il Misoprostol, un farmaco utilizzato dalle donne per indurre una interruzione di gravidanza. Il Misoprostol può essere usato fino alla nona settimana di gravidanza senza rischi secondo il World Health Organization; serve anche per il trattamento e la prevenzione delle emorragie post parto, responsabili del 25% delle morti puerperali.
La decisione della Turchia non è una sorpresa, anzi è una mossa coerente con la premessa: “l’aborto è un omicidio” aveva dichiarato Tayyip Erdoğan nel maggio scorso. E anche il parto cesareo non va tanto bene. Il governo turco sta lavorando per modificare la legge sull’aborto, anticipando il termine per interrompere una gravidanza alla quarta settimana (oggi in Turchia si può abortire fino alla decima). Imporre il limite alla quarta settimana significa impedire alla maggior parte delle donne di accedere a un aborto sicuro. Difficilmente una donna si accorge di essere incinta così precocemente, come lo stesso comunicato di Women on Waves sottolinea.
La decisione è anche una mossa preventiva e finalizzata a perfezionare il piano per impedire alle donne di abortire: una volta che l’interruzione di gravidanza sarà resa di fatto estremamente difficile le donne non potranno semplicemente comprare in farmacia un mezzo per abortire in modo abbastanza sicuro.
Tutti sanno cosa succede quando l’interruzione di gravidanza è vietata o resa quasi inaccessibile, e non è certo difficile da immaginare. Nei Paesi in cui le politiche abortive sono restrittive sono moltissime le donne che muoiono o che riportano danni gravi e permanenti. Nelle Filippine nel 2008 sono stati eseguiti 560.000 aborti clandestini, 90.000 donne hanno avuto complicazioni e 1.000 sono morte, secondo il report a cura del Center for Reproductive Rights (Forsaken Lives: The Harmful Impact of the Philippine Criminal Abortion Ban).
Vietare l’aborto o renderlo quasi impossibile non eliminerebbe il fenomeno, ma lo renderebbe clandestino e alimenterebbe la corruzione.
Così è oggi nei Paesi in cui è vietato, così era prima che fosse legalizzato in Italia e altrove. E così rischia di tornare ogni volta che l’accesso è reso complicato. Chi è smemorato o distratto può guardarsi 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni: Cristian Mungiu racconta la paura e lo squallore di un aborto clandestino durante gli ultimi anni del regime di Nicolae Ceauşescu. Oppure può domandare alla propria madre o alla propria nonna cosa accadeva prima che fosse depenalizzato il reato di aborto: ferri da calza o altri rimedi casalinghi rischiosi e dolorosi, cucchiai d’oro o un viaggio all’estero per chi poteva permetterselo.

Su Pubblico di ieri.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...ferri da calza o altri rimedi casalinghi rischiosi e dolorosi...

Cribbio ma vuoi mettere con la ricompensa della vita eterna in paradiso? No dico, vuoi mettere? Che, scherziamo???

Elena A. ha detto...

Io non condivido l'aborto ,per me è peccato,per altri no,ma penso che ogni uno si deva assumere le sue risponsabilità.Elena A.