Non è la prima volta che rimango perplessa ma la voce «eutanasia» supera di molto la perplessità. Vediamo i passaggi più bizzarri.
L’uccisione medicalizzata di una persona senza il suo consenso, infatti, non va definita eutanasia, ma omicidio tout court, come nel caso di soggetti che non esprimono la propria volontà, la esprimono in senso contrario o non sono in grado di manifestarla: neonati, feti, embrioni, dementi, malati gravi privi di coscienza.
Quindi anche l’aborto è omicidio tout court (feti, embrioni)? Benissimo.
Non rientrano inoltre nel concetto di eutanasia l’astensione o la sospensione di trattamenti futili e di forme di accanimento terapeutico, nonché la sedazione terminale (uso di farmaci sedativi per dare sollievo a sofferenze insopportabili negli ultimi momenti di vita). Non va confusa poi con l’eutanasia la rinuncia all’accanimento terapeutico, ossia a quegli interventi sproporzionati, gravosi e inutili rispetto alla possibilità di arrestare il processo della morte del paziente, nel tentativo di prolungare la vita a ogni costo. Esiste un consenso pressoché unanime circa l’illiceità etica, deontologica e giuridica di questa pratica, che proprio in quanto consistente in un’insistenza sproporzionata e futile rispetto al raggiungimento di ogni obiettivo, non si può definire una pratica terapeutica. La rinuncia all’accanimento, tuttavia, non legittima la sospensione delle cure ordinarie necessarie a un accompagnamento dignitoso del morente. Tra queste si discute se vadano incluse l’idratazione e l’alimentazione artificiale, quando non risultino gravose per il malato o l’organismo non sia più in grado di recepirle.
Qui entriamo in un terreno minato. Bendati e senza manco una mappa approssimativa. L’espressione «accanimento terapeutico» dovremmo abbandonarla per sempre perché è ambigua e inutile. I due aspetti da considerare sono: quello clinico (futile o no) e quello della volontà (è bene ricordare che possiamo rifiutare qualsiasi trattamento, non solo quelli futili, ma pure quelli utilissimi, efficaci e con pochi effetti collaterali). Quindi nemmeno la rinuncia a interventi proporzionati è «eutanasia». Il consenso unanime non è molto interessante. La legge protegge questa libertà – per fortuna. La «sospensione delle cure necessarie» è dunque possibile. Mai sentito parlare di autodeterminazione? Quanto alla «idratazione e alimentazione artificiale» (la parola corretta è nutrizione) non c’è alcuna discussione al riguardo – come non c’è per alcun trattamento medico. Non c’è discussione sulla possibilità di «rinunciarvi». Il passaggio dal paternalismo all’autodeterminazione sanitaria sta proprio qui: che io posso decidere se e come curarmi.
Next, 11 dicembre 2014.