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venerdì 22 maggio 2015

Adinolfi tocca il fondo – e riprende a scavare

Com’è noto, dopo appena quattro mesi dalla nascita, e come ampiamente pronosticato da molti, l’edizione cartacea della Croce, il quotidiano integralista fondato e diretto da Mario Adinolfi, non è più in edicola. Le pubblicazioni proseguono per ora solo sul web. Il livello del giornale rimane sempre lo stesso, o forse scende ulteriormente, come testimonia il pezzo seguente (Hashtag, «E ora il figlio si sposa il padre», La Croce, 22 maggio 2015, p. 1):

Volevate un nuovo mito di progresso da omaggiare? Accomodatevi. Le legislazioni dell’Occidente opulento devastano l’istituto matrimoniale e ora ogni giorno devono avere a che fare con aberrazioni giuridiche e biotecnologiche di ogni natura. [… I]eri dagli Stati Uniti ci stupiscono con gli effetti speciali. C’è un Bill Novak che è figlio adottivo di un Norman MacArthur in Pennsylvania. Bene, ora Bill vuole rinunciare all’adozione, farla cancellare, perché la Corte Suprema degli Stati Uniti sta per legalizzare il mese prossimo il matrimonio omosessuale e lui è innamorato di Norman e se lo vuole sposare. La novità insomma è il figlio che sposa il padre, con la stampa statunitense tutta in tripudio perché un nuovo mito di progresso è conquistato in nome dell’ideologia trionfante lgbt, in nome di quel pensiero unico che ormai è un unico pensiero che non riesce a ragionare sulle conseguenze giuridiche pesantissime di questo precedente pericoloso creato in un sistema di common law. Comunque auguri a papà e figlio che si sposano, se ogni cosa può essere matrimonio, perché non questa? Love is love è l’ideologia dominante, conta l’amore, chi se ne frega del diritto sfregiato. Ah, ultimo dettaglio: Bill e Norman sono ultrasettantenni.
La prima reazione, alla lettura del pezzo, è che non si vede perché una vicenda di questo genere dovrebbe essere frutto «dell’ideologia trionfante lgbt», visto che a quanto si capisce potrebbe essere avvenuta benissimo anche con una coppia eterosessuale. Alcuni lettori, sulla pagina Facebook di Adinolfi, hanno chiamato in causa la vicenda di Woody Allen e di Soon-Yi Previn – impropriamente, perché la Previn non è mai stata figlia adottiva di Allen; ma nulla vieta che si possa essere verificato in passato un caso analogo tra padre/figlia o madre/figlio. La sensazione è che in questa evenienza La Croce non avrebbe posto la vicenda in prima pagina...
A una lettura un poco più attenta dell’articolo, però, sorge una perplessità più seria. Com’è possibile che i protagonisti di questa storia siano entrambi «ultrasettantenni», come si premura di informarci l’articolo (cercando probabilmente di suscitare una reazione di disgusto all’idea della sessualità tra anziani)? Non dovrebbe esserci una differenza di età maggiore tra un padre e un figlio adottivi? A questo punto si impone una verifica della storia; e nel giro di pochi minuti scopriamo che è una storia molto, molto diversa da quella che La Croce ha cercato di spacciare per autentica.

Novak e MacArthur sono stati compagni di vita per cinquant’anni. Nel 1994 avevano contratto un’unione civile nello Stato di New York, per proteggere i loro diritti patrimoniali. La coppia si era successivamente spostata in Pennsylvania, dove aveva appreso però che la loro unione non aveva lì nessun valore legale. L’unico modo per salvaguardare i loro diritti era di ricorrere a una finzione giuridica, sfruttata da tempo dalle coppie omosessuali: l’adozione di uno dei due da parte dell’altro. E così è avvenuto, nel 2000. Quando una corte ha dichiarato di recente incostituzionale il divieto del matrimonio same-sex in Pennsylvania, la coppia ha deciso di sposarsi, ma a quel punto la relazione padre/figlio costituiva un ostacolo legale; i due si sono rivolti dunque a un tribunale, e hanno ottenuto una dispensa; quindici minuti dopo avevano in mano la loro licenza matrimoniale (le nozze si celebreranno quest’estate).
Come si vede, diversamente da quello che La Croce vuole far credere, non c’è stato mai fra i due coetanei un vero rapporto padre/figlio; insinuare lo spettro dell’incesto è un’operazione di rara disonestà intellettuale.

La disinformazione praticata dalla Croce è però ancora più cinica di quanto fin qui appaia. Un’anticipazione dell’articolo è stata data ieri sera da Adinolfi sulla sua pagina Facebook. Ben presto, i commentatori più critici hanno fatto presente la falsità della storia riportata; tuttavia oggi l’articolo era presente ugualmente sul giornale, malgrado il fatto che – in assenza di un’edizione a stampa – sarebbe stato facile correggerlo o almeno espungerlo. Adinolfi conta evidentemente sul fatto che il grosso del suo pubblico non abbia letto quei commenti.

Sempre sulla sua pagina Facebook, Adinolfi ha tentato un’impacciata difesa del suo operato. Scrive stamattina: «La storia di Norman e Bill è inventata? La storia di Norman e Bill, cioè di un legame adottivo padre-figlio sciolto per celebrare un matrimonio gay, non solo è vera ma è [sic] comporta conseguenze giuridiche gravissime». Trascuriamo la faccia tosta necessaria a insistere sul «legame adottivo padre-figlio»; quali sarebbero le «conseguenze giuridiche gravissime»? Adinolfi non lo dice; si può congetturare che voglia insinuare che da adesso in poi anche i rapporti adottivi autentici potranno essere trasformati automaticamente in matrimoni. L’illazione sarebbe priva tuttavia di fondamento: tutto sembra indicare che la corte della Pennsylvania che ha annullato l’adozione si sia attenuta strettamente al caso concreto, e che la dispensa – se si eccettua la circostanza dell’identità di sesso – non costituisca alcunché di nuovo: dei precedenti fra eterosessuali, come dicevo prima, potrebbero benissimo esserci stati, anche in tempi relativamente remoti. Non possiamo neanche escludere che esista o sia esistita altrove questa identica possibilità – anzi, mi correggo, sappiamo con certezza che una possibilità identica (limitata com’è ovvio agli eterosessuali) è esistita in una nazione europea: l’Italia.

Il Codice Civile, nella prima versione del 1942, elenca all’art. 87, comma 1, coloro che non possono contrarre reciprocamente matrimonio. Al punto 6 compaiono anche «l’adottante, l’adottato e i suoi discendenti». Ma al comma 4 si aggiunge: «Il Re o le autorità a ciò delegate possono accordare dispensa nei casi indicati dai numeri 3, 5, 6, 7, 8 e 9». Esisteva cioè una dispensa possibile nei casi di adozione. All’art. 310 si leggeva pertanto che «Gli effetti dell’adozione cessano: 1) per matrimonio tra le persone legate dal vincolo di adozione […]». La norma è sopravvissuta alla caduta del fascismo e della monarchia (anche se al posto del Re la possibilità di concedere la dispensa spettava ora al tribunale); è passata indenne attraverso un’epoca in cui l’influenza della Chiesa nella società era molto maggiore di oggi; è sopravvissuta persino alla riforma del diritto di famiglia del 1975; infine è stata abrogata nel 1983, nell’intento di avvicinare quanto più possibile l’adozione alla filiazione non adottiva (alcuni giuristi – non particolarmente radicali, a quanto appare – hanno lamentato la scomparsa della dispensa anche nel caso dell’adozione dei maggiori di età; cfr. Emanuela Giacobbe, Le persone e la famiglia, III: il matrimonio, t. I: l’atto e il rapporto, Torino, UTET, 2011, p. 225). Nei lunghi anni in cui questa possibilità giuridica è stata disponibile (ed è del tutto possibile che esistesse anche prima del Codice Civile del 1942), non sembra aver causato sconvolgimenti apocalittici nella società italiana, del tipo di quelli che Mario Adinolfi dice di temere.

La Croce conferma per l’ennesima volta e in grande stile la sua natura: quella di un foglio di propaganda d’odio, che non si arresta davanti a nessuna bassezza, compresa la menzogna consapevole e insistita, pur di continuare nell’opera di indottrinamento di un pubblico che ingoia questi liquami come se fossero acqua di fonte. Ogni collaboratore del giornale, quale che sia il suo ruolo, porta intera la responsabilità morale di questa oscena impresa.

giovedì 27 giugno 2013

Dimmi come reagisci e ti dirò chi sei

Nella giornata storica in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha giudicato incostituzionale il Defense of Marriage Act (DOMA), stabilendo che i matrimoni gay contratti negli stati americani in cui sono permessi devono avere valore per il governo federale anche negli stati in cui non sono previsti dalle leggi (e con una seconda decisione ha reso di nuovo legali i matrimoni omosessuali in California), può essere istruttivo andare a vedere cosa scrive un tipico sito integralista italiano. Andiamo quindi sul sito dell’UCCR, l’Unione Cristiani Cattolici Razionali, un vero e proprio focolaio di pregiudizio e ignoranza. L’UCCR non commenta direttamente l’avvenimento, ma sceglie invece di dedicare un post («Olanda: dopo le nozze gay legalizzata anche al poligamia», 26 giugno 2013) a una notizia vecchia di quasi 8 anni, che in una prima versione del post veniva presentata come risalente al mese scorso (vedi i primi commenti al post, che è stato successivamente corretto).

In Olanda, il primo Paese a legalizzare i matrimoni gay e tra i luoghi più gay-friendly al mondo, non potendo più frenare l’ipocrisia, si è dovuta legalizzare la poligamia come previsto, riconoscendo ufficialmente il primo caso di poligamia “legale” in Europa nel settembre del 2005. Victor de Brujin (46 anni) ha “sposato” sia Bianca (31 ani) che Mirjan (35 anni) in una cerimonia davanti a un notaio che ha registrato la loro unione civile.
Quella che l’UCCR chiama «unione civile» (in olandese Geregistreerd partnerschap), cioè un’unione fra due persone che prevede diritti e doveri simili a quelli del matrimonio, è stata in realtà un Samenlevingscontract, un «contratto di convivenza», che stabilisce obblighi reciproci normalmente non opponibili a terzi, una forma di regolamentazione leggera delle unioni di fatto che nei Paesi Bassi predata di diversi anni l’unione civile (per maggiori dettagli si può consultare il sito del governo olandese). Parlare di «legalizzazione della poligamia» è quindi largamente esagerato, mancando qui sia la legalizzazione (nessun potere dello Stato è intervenuto a modificare o reinterpretare la legge esistente) sia la poligamia – il matrimonio fra più di due persone – in senso stretto. Quello che rimane è ciò che dovrebbe già essere legale in qualsiasi paese autenticamente liberale: una relazione sessuale fra adulti consenzienti e la regolazione privata di rapporti patrimoniali (in Italia, per la verità, un contratto di questo genere potrebbe probabilmente essere considerato contrario al buon costume, cfr. gli artt. 1343 e 1354 del codice civile).
Al di là di queste imprecisioni, che in fondo denotano solo una certa sciatteria (benché alquanto tendenziosa), il post costituisce un classico esempio della notissima fallacia del piano inclinato. Siamo di fronte a un vero e proprio gioco delle tre carte intellettuale: si fa occhieggiare qualcosa di atroce – la poligamia, l’incesto, la pedofilia legalizzati! (o il matrimonio con il Muro di Berlino, come paventa oggi con raro sprezzo del ridicolo La nuova bussola quotidiana) – poi, con un’abile torsione delle mani, si proclama: «Ecco, signore e signori, questa sarebbe la conseguenza inevitabile e automatica della tale innovazione normativa!». Ma c’è qualcosa che non si trova più, che non sta nel posto in cui credevamo dovesse stare: se bestialità, poligamia e oggettofilia sono davvero così spaventose, perché mai questa loro inaccettabilità non dovrebbe essere presa in considerazione e valutata, e in ultima analisi, se confermata, costituire un ostacolo fatale alla legalizzazione di questi rapporti? Prendiamo il caso in questione, la poligamia: in che cosa sarebbe inaccettabile? La risposta più comune mette l’indice sulla disuguaglianza fra i coniugi che così si introdurrebbe – anche se a dire il vero questo sembra riguardare solo la forma islamica dell’istituto. Potremmo aggiungere una presumibile maggiore litigiosità nei rapporti; o forse, all’opposto, un rafforzamento di strutture claniche che non gioverebbero al nostro assetto sociale. Tutto ciò è discutibile, naturalmente; ma non si vede perché non dovrebbe essere debitamente discusso prima di consentire questa innovazione. A meno che non si sostenga che è tutto un complotto laicista-massonico per distruggere la famiglia tradizionale, e che non ci si fermerà di fronte a nessuna conseguenza; ma così si abbandona la discussione razionale per il delirio paranoide – e non è una mossa molto astuta.

Ma proseguiamo nella lettura del post dell’UCCR:
Come ha spiegato il criminologo Alessandro Benedetti, il Consiglio d’Europa attraverso l’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, istituito all’interno del Dipartimento per le Pari Opportunità), nell’intento di combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o l’identità di genere ha invitato gli Stati membri ad abrogare «qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi della quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso, ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali» (art. 18). Ecco dunque che anche la pedofilia (o comunque il rapporto sessuale con un minore consenziente) comincia a fare sempre più capolino nelle società gay-friendly, poiché – ha spiegato l’avvocato – «se il criterio per considerare lecito e normale – e pertanto generatore di diritti – qualsiasi tipo di unione sessuale ed affettiva è la libertà ed il libero consenso delle parti, dopo aver sdoganato penalmente e quindi culturalmente i rapporti tra maggiorenni e minori anche di anni 14, si passerà a sdoganare l’incesto (che già oggi è reato solo in caso di pubblico scandalo: art. 564 cod.pen.) e la poligamia ed a richiedere per entrambi il riconoscimento giuridico con relativi diritti».
Per capire bene cosa vuole dire l’avvocato Benedetti andiamo a leggere direttamente il suo articolo («Il “trucco” dell’Europa per legalizzare pedofilia e incesto», Il sussidiario.net, 19 maggio 2013):
Un altro aspetto che lascia sgomenti è il fatto che nella Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa si trova l’invito agli Stati membri ad abrogare “qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi della quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso, ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali” (art. 18). Ora, secondo il nostro ordinamento (art. 606 quater codice penale), l’età del consenso (fissato in Italia a 14 anni) è la determinazione dell’età minima per disporre validamente della propria libertà sessuale e vi sono alcune condotte per le quali è dirimente il suo raggiungimento al fine di configurare o meno una condotta penalmente rilevante:
  • minore di 13 anni: il consenso non viene considerato valido, indipendentemente dall’età dell’autore dei fatti;
  • tra i 13 e i 14 anni: il consenso non è ancora considerato pienamente valido, ma esiste una causa di non punibilità nel caso in cui gli atti sessuali vengono compiuti consenzientemente con un minore di 18 anni, purché la differenza di età tra i due soggetti non sia superiore a tre anni;
  • tra i 14 e i 16 anni: viene considerato validamente espresso il consenso, salvo che l’autore dei fatti sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore ovvero conviva con il minore, o che il minore gli sia stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia;
  • tra i 16 e i 18 anni: viene considerato validamente espresso il consenso, salvo che il fatto venga compiuto con abuso di potere relativo alla propria posizione da una delle figure citate nel punto precedente.
La ratio della legge e di tutta la relativa giurisprudenza è pertanto quella secondo cui al di sotto di una certa soglia d’età minima (14 anni) “la violenza (da parte del maggiorenne) è presunta in quanto la persona offesa è considerata immatura ed incapace di disporre consapevolmente del proprio corpo a fini sessuali”.
Ora la Raccomandazione auspica l’azzeramento di ogni distinzione d’età – in Italia come negli altri Paesi – col grave rischio di considerare domani lecite condotte oggi costituenti reato in un progressivo scivolamento culturale e giuridico verso il basso.
Per l’avvocato Benedetti, dunque (e per l’UCCR, che ne tracanna con voluttà ogni parola), il Consiglio d’Europa ci starebbe chiedendo di abrogare tutte quelle fini distinzioni di età che regolano il consenso dei minori agli atti sessuali. Ma quale sarebbe l’esito finale di questa abrogazione? E con quale criterio dovremmo uniformare, esattamente, la materia? Qui l’avvocato, mi pare, deve aver percepito che qualcosa non tornava, perché sembra di cogliere una certa esitazione nelle sue parole: se davvero l’Europa ci chiedesse di sdoganare in pieno «penalmente e quindi culturalmente i rapporti tra maggiorenni e minori anche di anni 14», ci si aspetterebbe da parte dell’autore una reazione assai più veeemente del semplice «sgomento». Se l’avvocato Benedetti avesse riflettuto un minuto in più sull’evidente assurdità della sua interpretazione, sarebbe stato magari indotto a rileggere con più attenzione il testo della Raccomandazione. Facciamolo noi per lui: l’Europa ci chiede di abrogare ogni «distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali». Benedetti ha letto come se il testo avesse di mira ogni distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e in più ogni distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra eterosessuali. Ma la lettera e il buon senso ci dicono che l’obiettivo è invece ogni norma che differenzi l’età del consenso tra omosessuali dall’età del consenso richiesta per gli eterosessuali; distinzione che rimane ormai solo in poche giurisdizioni, e che è assente in Italia. (L’UCCR sembra credere, in più, che attualmente in Italia sia vietato in ogni caso «il rapporto sessuale con un minore consenziente», o che faccia solo ora «capolino» nelle «società gay-friendly»: è un’idea molto diffusa tra le persone meno informate.)

Mi pare che una tendenza cominci a delinearsi chiaramente. Sfidando la pazienza del lettore, vorrei proporre un ultimo esempio, questa volta da un altro sito, Orarel, anch’esso integralista, anche se distante dalla tenebra ottusa dell’UCCR. Ecco come l’autore in parte commentava la notizia di ieri («Love is Love», 26 giugno):
Se l’amore è amore […] perché dire no all’incesto? Il film Esterno sera ci prova, anche se la prende alla larga, tra cugini. La regista Barbara Rossi Prudente afferma: “Nel film racconto un amore tra cugini in maniera molto casta. Ma è considerato un rapporto incestuoso e in Italia fa ancora paura parlare di queste cose… È una storia sconveniente, ma un amore così può nascere”.
L’autore (e a quanto pare anche la regista) sembra ignorare che in Italia le nozze tra cugini sono perfettamente legittime per il Codice Civile; non lo sono invece per il diritto canonico, che comunque prevede la possibilità di una particolare dispensa. Ma attribuire la cosa a una recentissima tendenza culturale, piuttosto che a un codice vecchio di decenni, è certo più funzionale alla costruzione di un immaginario pericolo incombente.

Gli integralisti, in conclusione, sono come quei disgraziati che si aggirano nelle discariche del Terzo Mondo, e che riempiono le loro sporte con quello che capita: un frutto mezzo marcio, il carillon che suona ormai una sola nota, una bambola spelacchiata; una vecchia fallacia, un fatto di incerta consistenza, l’articolo apparso su una rivista di dubbia reputazione, la conclusione affrettata del primo che passa; tutto viene afferrato con mani avide e rimesso in circolazione in qualche miserabile mercatino. Sono poveri – poveri culturalmente e intellettualmente, dopo che la loro cultura è rimasta asfaltata dalla modernità, dopo che i più brillanti sono da tempo passati all’altra parte; non riescono quasi più ad articolare le complesse distinzioni di una volta, a colpi di cause finali e sostanza e accidente. Da qui le grottesche semplificazioni odierne, con l’embrione persona fin dal concepimento o il matrimonio destinato esclusivamente alla procreazione. Da qui l’attaccarsi a ogni assurdità che sembri lì per lì tornare utile alla causa. Possono farci paura per un minuto, come la teppaglia di petainisti e vandeani che ha imbrattato per un po’ le strade di Parigi; ma mi chiedo se non ci strapperanno, alla fine della giornata, quando avranno perso tutto per sempre, un moto furtivo di compassione.

lunedì 13 dicembre 2010

Incesto asimmetrico

Ci sono argomenti di cui è quasi impossibile discutere senza essere travolti dal peso emotivo: uno di questi è senza dubbio l’incesto.
Un caso recente ci offre la possibilità di fare qualche riflessione, soprattutto sulle ragioni e sulle modalità della condanna morale e legale.
Molto dipende anche dalla relazione in cui l’incesto avviene: tra genitore e figlio, tra fratelli o tra gradi di parentela più laschi.
Probabilmente il primo caso è quello più esplosivo.
Pochi giorni fa David Epstein, professore alla Columbia, è stato accusato di avere da tre anni una relazione consensuale con la figlia ventiquattrenne.
Alexa Tsoulis-Reay pone una domanda cruciale: Is Incest a Two-Way Street? David Epstein is charged with having sex with his adult daughter. Isn’t she guilty, too? (december 10, 2010, Slate).
Pur essendo consenziente e maggiorenne, la ragazza non è oggetto di indagine.
Perché?
Perché è considerata a priori e necessariamente come una vittima - in quanto figlia e in quanto più giovane del proprio carnefice. Ci convince questa visione? Quanto è verosimile sostenere che a 21 anni si sia tanto soggiogati da non poter scegliere liberamente? La domanda in generale ha senso? Non andrebbe accertato ogni caso specifico sul piano del condizionamento e del potere esercitato dal presunto carnefice? Cambieremmo idea nel caso in cui l’età del genitore - cioè il carnefice - sia così alta da far sospettare che la vittima sia proprio il genitore e non il figlio ormai adulto?

Se comunque in questo caso, e in casi analoghi, riusciamo a sospendere queste domande e a considerare la motivazione asimmetrica razionale e condivisibile, in altri l’asimmetria ci appare in tutta la sua contraddizione e pericolosità. Come nel caso, citato alla fine del pezzo, di due fratelli coetanei. Lui 16 anni, lei 15. Lui viene condannato, lei no.
Come racconta Tony Washington dopo 7 anni dall’accaduto (Unforgiven, august 31, 2010, ESPN).

“Incest,” he says, looking straight ahead.
He says he didn’t plan to do it. He was a teenager. Unstrung. Unsupervised. His world was at war. He was scared. Isolated. Except she was there, the two of them best friends, close as book pages. They loved each other, trusted each other. And one day that tipped into something more. Something neither one felt was wrong in the moment. “We were just sitting there, and it was like, ‘Do you want to?’” he says. There was no discussion. “We did it. And it was like, ‘OK, what’s next?’ We never talked about it after that.”
Doveroso leggere l’intera storia, le modalità e le conseguenze della condanna.
Non può non tornare alla mente il caso dei fratelli tedeschi.

mercoledì 28 febbraio 2007

Oddio, l’incesto!

Il Corriere della Sera dedica un articolo a un caso di incesto in Germania (Francesco Tortora, «Il caso d’incesto che divide la Germania», 27 febbraio 2007):

Sono fratello e sorella ma si amano e sono pronti a portare il loro caso davanti alla Corte Costituzionale tedesca affinché l’antica legge che proibisce l’incesto sia abolita. È la storia di Patrick Stübing e di sua sorella Susan, entrambi di Lipsia, rispettivamente 29 e 24 anni, che in questi giorni sono sulle pagine di molti giornali tedeschi: Patrick e Susan hanno iniziato una relazione nel 2000 e oggi hanno 4 figli, tre dei quali adesso sono in affidamento.
La loro storia d’amore non è così chiara e lineare, come potrebbe apparire in un primo momento: i due infatti hanno vissuto la loro infanzia divisi nella Germania dell’Est comunista e si sono conosciuti quando erano già grandi. Patrick fu adottato da un’altra famiglia e conobbe i suoi parenti biologici non prima del suo diciottesimo anno di età. Il suo vero padre era già morto, ma egli riuscì a trovare la madre, Annemarie e sua sorella Susan solo nel 2000. Sei mesi dopo la riunione la madre Annamarie morì per un attacco di cuore. Presto Susan e Patrick s’innamorarono e cominciarono ad avere una relazione.
Adesso però i due amanti sono stanchi di essere trattati come criminali e hanno annunciato domenica scorsa che porteranno il loro caso davanti alla Corte costituzionale tedesca per cercare di far abolire una legge «vecchia di 100 anni» che dichiara crimine l’incesto: «Vogliamo che la legge che presenta l’incesto come un crimine sia abolita» ha specificato Patrick Stübing che ha passato due anni in carcere e adesso rischia un ulteriore pena proprio perchè non ha messo fine alla relazione con sua sorella. «Non ci sentiamo colpevoli di quello che è accaduto» hanno affermato tutti e due in una dichiarazione rilasciata ai media locali.
La storia ha diviso non solo la Germania, ma anche i Paesi vicini, come il Belgio, l’Olanda e la Francia, dove l’incesto non è proibito per legge. La maggior parte dei dottori che si è interessata al caso però ha sottolineato che sebbene la loro storia sia comprensibile è giusto rispettare le regole della natura: infatti come dimostra la loro storia i figli nati da fratelli e sorelle hanno maggiori possibilità di presentare malformazioni e malattie. Due dei figli di Patrick e Susan sono disabili.
Interessante e ineccepibile il commento di Jim Momo («A proposito di tabù: l’incesto», 27 febbraio):
Dal punto di vista scientifico i figli nati da fratelli e sorelle hanno maggiori possibilità di presentare malformazioni e malattie. Ma nessuna legge proibisce a persone anziane, o disabili, o a portatori sani di malattie genetiche, di avere bambini, anche se corrono seri rischi di generare figli malati o con malformazioni fisiche e mentali. Dunque la proibizione dei rapporti incestuosi rappresenta un limite alla libertà sessuale, ma siccome questo limite non viene posto in analoghe situazioni di rischio per il nascituro, ne consegue che si fonda su un tabù morale.
[…] Quanti si oppongono – e Pera, la Binetti, Galli Della Loggia credo siano fra questi – alle terapie geniche prenatali, a pratiche come l’analisi preimpianto o l’eutanasia infantile, ritenendole forme sfumate di eugenetica, dovrebbero vedere anche nel divieto di incesto, volto a impedire per legge la probabile nascita di bimbi “difettosi”, una forma sfumata di eugenetica.
Insomma, pare che non si possa essere contemporaneamente contro l’eugenetica e contro l’incesto. Perché ragionando con lo stesso metro con cui si valutano altre pratiche, vietando l’incesto a causa dell’alta possibilità che vengano generati figli portatori di handicap si compirebbe ugualmente un’operazione eugenetica.
Viceversa, è semplice rimanere coerenti e tranquilli sulle loro posizioni per coloro che hanno nella libertà individuale la bussola di orientamento. Libertà sessuale. Libertà per fratello e sorella di generare figli se è una scelta libera e consapevole; libertà di generare figli anche in presenza di un elevato rischio di prole disabile o malata; libertà di ricorrere alle tecnologie che permettono di evitare di generare figli disabili e malati; libertà di affidarsi al caso o al destino, o a Dio per chi ci crede. Finché la scelta, appunto, rimane individuale, libera e consapevole, non può esserci dietro progetto eugenetico.
Ovviamente per i reazionari l’incesto rimane lo spauracchio preferito da agitare ogni volta che si parla di allargare i diritti connessi al matrimonio: come se la gente fosse trattenuta dall’unirsi carnalmente con i propri fratelli solo perché gli omosessuali non possono sposarsi... In realtà, basta per questo l’istinto naturale (prodotto verosimilmente dalla selezione naturale), o anche solo l’evoluzione della società verso rapporti sempre più aperti: si pensi a come i matrimoni tra cugini, pur consentiti dalla legge, siano andati diminuendo dai tempi in cui erano pratica diffusa presso alcuni ceti. Ma a chi non riesce a scandalizzarsi perché un ragazzo reo solo di avere amato finisca in galera, questo evidentemente non può bastare.