Non si è mai capito veramente cosa significhi la moratoria sull’aborto proposta da Giuliano Ferrara: «moratoria» è una parola assai precisa, che significa sospensione, temporanea messa al bando; ma il direttore del Foglio giura e spergiura che lui la legge 194 non la toccherebbe mai, e che alle donne non dev’essere impedito con la forza di abortire. La campagna di Ferrara, pare insomma di capire, si chiamerebbe «moratoria» perché il nome è suggestivo e perché bisognava sfruttare l’onda mediatica della moratoria sulla pena di morte, e basta.
Un articolo del Foglio di ieri sembra però contraddire questa spiegazione. Alan Patarga ci racconta come l’iniziativa di Ferrara sia stata accolta all’estero («Voglia di moratoria in Polonia, Canada, Nuova Zelanda e Repubblica Ceca», 2 aprile 2008, p. II), e scrive fra l’altro (i corsivi sono miei):
La moratoria di cui scrivono i giornalisti dell’associazione della stampa cattolica polacca in una lettera aperta al primo ministro Donald Tusk è quella per sospendere la pratica delle introduzioni di gravidanza affinché essa venga riconsiderata alla luce delle nuove conoscenze scientifiche. Citando l’esempio della campagna contro la pena di morte dei feti, i giornalisti cattolici del paese di Karol Wojtyla hanno scelto di battere la strada dell’impegno diretto in difesa della vita prendendo spunto dalla «lista pazza» italiana.All’estero, insomma, non avrebbero capito niente della campagna italiana; ma Alan Patarga non segnala questo equivoco, anzi ne sembra decisamente compiaciuto. E nessuno, nella redazione e nella direzione del giornale, pare aver notato l’incongruenza fra ciò che si proclama in patria e ciò che si capisce altrove. Chissà perché.
Non sono i soli. Sulla rivista Catholic Insight, lo scorso 26 marzo il giornalista canadese Rory Leishman […] cita l’esperimento della lista «Aborto? No, grazie» […]. «In Canada nessun politico […] prenderebbe mai in considerazione l’idea di appoggiare una messa al bando globale, sia pure temporanea, dell’aborto […]». Per lui, come per i colleghi di Varsavia, c’è un modello a cui rifarsi, finalmente. Il modello italiano.
1 commento:
Cari Chiara e Giuseppe,
dovete perdonarmi se mi approprio indebitamente di questo spazio per comunicare notizie urgenti ed importanti a più persone possibili.
Per le elezioni del sindaco di Roma, i mass media stanno "concedendo" solo due scelte: il clericale Rutelli a "sinistra" (ahahah) ed il clericalissimo Alemanno a destra.
Ora, dato che sono un romantico disilluso e penso che la laicità e la democrazia, nella Capitale, sia ancora possibile, segnalo la candidatura dell'On. Franco Grillini, del Partito Socialista e grande militante del movimento GLBT, il primo a proporre una legge seria sulle unioni civili (quando ancora non era di moda, nel '94) e che continua a rappresentarci in Parlamento.
Vorrei che sia chiaro come il voto a Grillini sia una scelta di coscienza politica, che non mira tanto alla "vittoria" tout court, quanto a destabilizzare Ciccio Rutelli nella sua arroganza che non vede freni (ha già promesso che non aprirà un registro per le coppie di fatto al Comune).
Se anche voi avete memoria e vi ricordate ciò che fece nell'anno del Giubileo, per il Papa e contro il Gay Pride, allora date il vostro voto all'unico candidato laico, per dare un segnale forte.
Sul mio sito trovate un comunicato dell'attivista e storico Giovanni Dall'Orto: http://queerworld.splinder.com/post/16574409
Grazie mille in anticipo a chiunque sceglierà di salvare la mia città votando Grillini.
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