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I significati delle parole sono mutevoli, a volte capricciosi. Qualche volta sono stravolti volontariamente per lasciare intatta solo la forma o per dissimulare la realtà. Tanto più il dominio è ampio, tanto più i fraintendimenti sono facili e, se ricercati, sono perversi. “Libertà”, ancora questa parola, offre un buon esempio. Basta pensare a come sia stata stravolta nel nome della coalizione al governo: il “Popolo delle Libertà”, ovvero “facciamo un po’ come cazzo ci pare” nella convincente interpretazione di Corrado Guzzanti e Neri Marcoré. Allora si chiamava “La casa delle libertà”, ma lo slogan funziona anche con il popolo.
Se poi dopo “libertà” aggiungiamo “di stampa” la situazione diventa ancora più bizzarra. La libertà di stampa nel Paese Italia. Uno strano animale, un ossimoro ben vestito, un’ombra leggera. Una libertà stritolata da una distribuzione delle carte truccata. C’è il banco, insomma, che la fa da padrone. Ma è tutto in regola, nessuno protesta (non è proprio vero, ma la protesta non è abbastanza forte e diffusa). Perché sono in molti a guadagnarci da quella mano truccata. E da quella successiva e da quella ancora dopo.
Su Giornalettismo. Noi ne avevamo già scritto qui.
venerdì 28 maggio 2010
Saluteremo il signor padrone
Postato da Chiara Lalli alle 15:30
Etichette: Antonio Cipriani, DNews, Gianni Cipriani, Giornalettismo, Libertà di stampa
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1 commento:
L'ha insegnato la Chiesa Cattolica, a stravolgere i significati delle parole, nel corso dei secoli.
Chiamando "etica" quella che in realtà è teleologia (o elevazione dello status quo a norma: morale solo perché esiste, perché esiste da un sacco di tempo).
Sostituendo il "divino" con figure umanissime (sacerdoti) e oggetti fisici (reliquie).
Chiamando difesa della "vita" quella che in realtà è una difesa minima, parziale e limitata, circoscritta alle forme di vita "deboli" (feti e malati terminali).
Chiamando "spirituale" ciò che è mera offesa del corpo.
etcetera.
I vecchi vizi sono duri a morire.
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