giovedì 3 giugno 2010

Aborto e coercizione

A leggere il titolo, Aborto: coercizione negli USA (di Marco Tosatti, la Stampa, 3 giungo 2010), si pensa “interessante, leggiamo”.
Il sottotitolo è uguale alle prime tre righe del pezzo. Ma suvvia, questi sono dettagli.

L'Elliot Institute, un'organizzazione dell'Illinois che si dedica all'aiuto psicologico delle donne che hanno abortito, afferma che "probabilmente la maggior parte degli aborti negli Stati Uniti è indesiderato o è forzato in un modo o in altro." Il gruppo cita studi che dimostrano che molte donne si decidono ad abortire perché messe sotto pressione dalle loro famiglie o dai fidanzati, mentre altre avvertono la pressione esercitata dai loro datori di lavoro a interrompere la loro gravidanza. E l'lliott Institute sottolinea un altro dato molto preoccupante: l'omicidio è la maggior causa di morte fra le donne incinte.

L'Elliott Institute ha reso pubblici questi risultati mentre un abortista del Michigan ha ammesso di aver impedito coercitivamente di andarsene a una donna che voleva lasciare la sua sala operatoria dopo che aveva iniziato la procedura di aborto. Il dr. Abraham Alberto Hodari ha detto che anche se Caitlin Bruce gli disse che lei aveva cambiato idea sulla volontà di abortire dopo aver visto l'immagine dell'ecografia del bambino non ancora nato, egli non poteva interrompere la procedura in modo sicuro.
Fine del pezzo. E il lavoro comincia ora, perché dopo la lettura non ho le idee più chiare, anzi. Che significa “probabilmente”? Voglio dire, con quale probabilità? Quali sono questi studi citati e quali i campioni? Niente.
Allora andiamo a cercarci l’Elliott Institute per vedere le ricerche in merito, e inciampiamo in un labirinto di materiale (che Tosatti non avrà avuto voglia di leggersi). Rimandiamo la lettura, ma ciò che colpisce sono le parole che sovrastano il sito e che sono anche il nome di una campagna: Abortion is the unchoice. Unwanted. Unsafe. Unfair. Non solo non è una scelta, ma è la non scelta per eccellenza, cioè sembra non possa mai essere una scelta, ma necessariamente una forzatura, qualcosa di non voluto davvero, di ingiusto e di non sicuro (in che senso? per la salute fisica? o psichica?).
Daremo conto più avanti del materiale presente nel sito. Sembra superfluo dichiarare di concordare sulla condanna di eventuali coercizioni o forzature, o sulla condanna del medico che ignora il cambiamento di idea della donna. Ciò che viene in mente però è che le campagne contro la possibilità di abortire sono già molto aspre e forse sarebbe meglio non creare equivoci. A meno che non si tratti di un equivoco ma di una posizione precisa: abortire non può mai essere una scelta. Abortire non può che danneggiare la donna. Abortire è ingiusto.
Seguiranno dettagli dopo la lettura del materiale.

1 commento:

Barbara ha detto...

"No woman wants an abortion as she wants an ice cream cone or a Porsche. She wants an abortion as an animal caught in a trap wants to gnaw off its own leg." (Frederica Mathewes-Green)