Quei privilegiati dei perseguitati
Abbiamo visto nella prima parte un esempio di come la lettera stessa della proposta di legge contro l’omofobia possa venire stravolta. Ma naturalmente sono gli errori di interpretazione delle disposizioni della legge a essere più frequenti. Uno in particolare sembra estremamente frequente, anche se è difficile capire come una incomprensione così grossolana abbia potuto diffondersi in questo modo. Ne troviamo un primo esempio nel blog di Assuntina Morresi («Papa Francesco, legge omofobia», Stranocristiano, 20 settembre 2013):
L’aggravante accettata [dai deputati], all’interno della legge Mancino, […] è un’aggravante legata a qualsiasi reato penale contro un omosessuale, non solo quelli di violenza (il pugno o l’insulto). Per esempio: io truffo un omosessuale? Si applica un’aggravante. Io scippo un omosessuale? Si applica un’aggravante. E così via.L’aggravante di cui si parla è quella in forza della quale – se fosse approvata la proposta di legge di cui ci stiamo occupando – verrebbe aumentata fino alla metà la pena per i reati «fondati sull’omofobia o transfobia». Pare di capire che per la Morresi l’aggravante scatterebbe ogni qual volta la vittima è un omosessuale («qualsiasi reato penale contro un omosessuale»). Un’interpretazione identica a questa sembra anche quella espressa da Piero Ostellino («Gli errori della legge anti omofobia», Corriere della Sera, 3 agosto, p. 49):
non riesco a capire perché picchiare un omosessuale sarebbe un’aggravante, mentre picchiare me – che sono «solo» un essere umano senza particolari, selettive e distintive, qualificazioni sessuali – sarebbe meno grave.Ancora, questo sembra essere il pensiero di una vecchia conoscenza dei lettori di Bioetica (Berlicche, commento a id., «Facciamolo!», Berlicche, 20 settembre, 10:19):
l’aggravante che la sinistra ha introdotto […] vuol dire che i giudici potranno perseguire autonomamente, senza denuncia, qualsiasi comportamento ritenuto omofobo, cosa di cui manca perlatro la definizione. Inoltre vuol dire anche che l’omofobia è una aggravante generica che può essere usata su ogni reato. Rubi ad un omosessuale? Hai l’aggravante. Litighi con un omosessuale? Hai l’aggravante. Di fatto gli omosessuali diventano cittadini di serie A, gli altri di serie B.(In questo caso l’interpretazione della legge è particolarmente farraginosa: l’aggravante non si applicherebbe affatto a «qualsiasi comportamento ritenuto omofobo» ma solo ai reati già oggi previsti dal codice.)
Infine, già in passato, durante la scorsa legislatura, in occasione della discussione di una proposta di legge simile a quella odierna, avevano dato questa interpretazione dell’aggravante sia Carlo Lottieri sia Marcello Veneziani (cfr. su questo blog il mio «Carlo Lottieri e l’omofobia», 21 maggio 2011).
Inutile dire che la legge in discussione propone tutt’altro: a ricevere una pena aumentata non sarebbero affatto tutti i reati commessi a danno di omosessuali e transessuali, ma solo quelli motivati dall’odio contro gli omosessuali e i transessuali (per cui l’aggravante potrebbe benissimo venire inflitta a un omofobo che avesse commesso un reato contro un eterosessuale in quanto lo riteneva erroneamente omosessuale). È assolutamente ovvio che non c’è dunque nessun «privilegio» a favore degli omosessuali: chi truffa un omosessuale o lo scippa solo per ottenerne un illecito guadagno, chi lo picchia per una questione di precedenza stradale è trattato allo stesso modo di chi commette gli identici crimini contro un eterosessuale. E va notato che gli omosessuali, in media, sono vittime di reati non motivati dall’odio omofobico nella stessa misura degli eterosessuali; i reati omofobici si aggiungono a questi. Altro che «cittadini di serie A»!
Per concludere, è bene chiarire – anche se non ce ne dovrebbe essere bisogno – che i motivi di chi commette un reato hanno rilevanza penale solo in quanto e nella misura in cui si traducono in comportamenti osservabili e in seguito dimostrabili in base a concreti elementi di prova di fronte a un giudice. Non c’è dunque nessuno spazio per l’obiezione contenuta in un «manifesto» di Alleanza Cattolica («Unioni di fatto e omofobia: cinque punti fermi», Roma, 17 giugno 2013):
La previsione di nuovi reati o aggravanti di questo tipo è rischiosa per la libertà dei cittadini, poiché impone uno scandaglio dei moventi intimi, talora inconsci, che stanno alla base delle azioni umane.Ben difficilmente si potrebbe parlare di «moventi intimi» o «inconsci» per chi, ad esempio, prendesse a sprangate una coppia di ragazze omosessuali gridando «Morte alle lesbiche!»; tali saranno i casi che cadranno nel raggio d’azione della legge, se sarà approvata. Ciò che risulta particolarmente incomprensibile è che poche righe più sopra, in questo pensoso manifesto, si sostenga che una legge è comunque inutile, dato che «il nostro ordinamento punisce già, senza distinzioni, ogni aggressione all’integrità della persona e alla sua sfera morale, e in più contiene le aggravanti dei “motivi abietti” e del profittare delle condizioni di debolezza della vittima». A quanto pare ai motivi abietti non si applica l’obiezione dell’intimità, a differenza dei motivi fondati sull’omofobia; viene quasi da chiedersi se è proprio vero che per gli estensori del manifesto i secondi siano interamente compresi nei primi, come proclamano. A volte i «motivi inconsci» fanno strani scherzi...
(2 - continua)