È bastata la domanda di una donna incinta di un bambino con sindrome di Down per scatenare in Richard Dawkins, famoso come biologo e per le sue battaglie contro la religione cattolica, una brutale disinvoltura dialettica sul tema dell’aborto. La donna su Twitter ha confidato allo scienziato inglese di vivere un “dilemma etico” da quando ha scoperto che il piccolo che porta in grembo è affetto da trisomia 21. Senza che richiedesse esplicitamente al biologo un consiglio sul da farsi, la potenziale madre si è vista rivolgere da Dawkins una sua massima, piuttosto perentoria e priva di ogni cautela, in merito alla questione: “Proceda all’aborto e riprovi di nuovo. Sarebbe immorale portarlo al mondo se si ha la possibilità di non farlo”.E poco più giù.
Parole dure, che sferzano come una sciabola l’intima esperienza di una donna pronta a generare vita.Peccato che la donna non avesse confidato di essere incinta, di aver fatto una diagnosi prenatale, di aver scoperto che il feto fosse affetto dalla sindrome di Down e di vivere un “dilemma etico”. Aveva fatto una domanda, anzi aveva commentato un articolo linkato da Richard Dawkins sulla chiesa, l’Irlanda e l’aborto e immediato controcommento: «I honestly don’t know what I would do if I were pregnant with a kid with Down Syndrome. Real ethical dilemma».
Cioè: non so cosa farei se. «Real» deve aver confuso Federico Cenci.
Nemmeno nessuna «intima esperienza di una donna pronta a generare vita» dunque. Lo ribadisce anche oggi.
No, @RichardDawkins was not ordering me to abort a fetus I’m never going to be pregnant with anyway. His comment was a bit careless though.
— InYourFaceNewYorker (@InYourFaceNYer) August 21, 2014
A Cenci sarebbe bastato andare a leggere prima di scrivere (il suo articolo è di oggi), e magari - già che ci stava - approfittare e leggere anche la bio
(«Writer, artist, atheist, nerd, exercise fanatic. Yes, I’m a woman. Huge
admirer of Richard Dawkins and Dr. Jack Kevorkian (1928-2011)»).Certo, la difesa della vita è più importante della comprensione del testo e del contesto. Forse è anche più importante della comprensione delle parole, inglesi e italiane. Infatti nemmeno il significato di «vita» deve essere molto chiaro, considerando il titolo (didascalia: anche il maiale adulto è vivo, non si abortisce nessun bambino).
Il commento di InYourFaceNewYorker sulla vicenda potrebbe valere anche su questa pietosa prova di Zenit.
Christ, I’m sorry I opened my virtual mouth. @RichardDawkins
— InYourFaceNewYorker (@InYourFaceNYer) August 20, 2014
Aggiornamento
Chiedo a Federico Cenci se la donna sia proprio InYourFaceNewYorker (magari ne esiste un’altra che è davvero incinta, ma no, pare sia lei).
Ringrazia per la «precisazione» e apporta la «piccola modifica» (le parole giuste sarebbero state: «Ho completamente travisato, non so l’inglese, dovevo uscire e avevo fretta» o qualcosa di simile; aggiungerei che non è così che si corregge un pezzo - cancellando e riscrivendo, ma lasciando quello originario e mettendo un asterisco o una parentesi «ho sbagliato qui e qui, le cose stanno in questo altro modo»).
Il pezzo rimane comunque pieno di imprecisioni (sarebbe bastato usare google translate). «La persona, una donna, su Twitter ha confidato allo scienziato inglese che vivrebbe un “dilemma etico”», oppure «Poco prima dell’intervento della donna sulla questione relativa alla gravidanza di un piccolo con sindrome di Down». Poco prima dell’intervento?!
Nel frattempo stamattina Tempi riprende il pezzo di Cenci nella prima versione: «È bastata la domanda di una donna incinta di un bambino con sindrome di Down per scatenare in Richard Dawkins».
17 commenti:
Ha semplicemente tradotto all'interlocutore l'inglese come lo sa tradurre: "io fare cosa incinta bambino sindrome Down".
Tu scrivere pezzo Dawkins maiale.
Di fatto, però, Dawkins ha sostenuto l'immoralità - seppur in questo caso ipotetica - del far nascere un figlio Down.
Quindi, a parte le evidenti cantonate in sede di traduzione linguistica, non capisco quale sia il punto.
Marcoz, il punto è la cialtroneria.
Ah, ok, credevo ci fosse dell'altro.
Grazie.
Beh, Marcoz, una lieve differenza c'è. Supponiamo che io stia discutendo di eutanasia con un conoscente e dicessi: "se stessi soffrendo molto e fossi malato terminale, e avessi l'opportunità di accedere all'eutanasia, non so cosa farei", e quello mi rispondesse: «secondo me è meglio non soffrire più in questi casi». Mettiamo adesso che io sia concretamente malato terminale afflitto da sofferenze e chiedessi al conoscente: "secondo te cosa devo fare?", e mi sentissi rispondere: «è meglio che non soffri più». Ora, al netto dell'ipocrisia, è vero che la sostanza è immutata, ma a meno di considerare il caso in cui il conoscente sia il mio amico più fraterno e intimo, nel secondo caso da una persona sensibile ci si aspetterebbe qualcosa più del tipo: «certo che non posso immaginare come tu ti senta in questo momento, è una situazione difficile e da valutare soggettivamente, certo che nella teoria io per me stesso preferirei non soffrire se fossi al posto tuo».
Il sospetto è che il contesto sia stato volutamente manipolato proprio per appesantire il commento di Dawkins di una fredda inumanità che non vi era all'origine. Detto ciò, è vero che nel discorso pubblico ci saranno pur donne incinte che seguono i tweet di Dawkins (nei primo esempio sopra, qualcuna seduta al tavolo), e qualcuna ipoteticamente concretamente di fronte a quel dilemma "morale": siamo d'accordo quindi che la sostanza non venga stravolta comunque, ma la "cialtroneria" sottolineata non appare di certo nemmeno essa sensibile alle eventualità di cui sopra. Mettiamola così: che se il contesto è stato modificato ricorrentemente da "se fossi incinta non so cosa farei" a "sono incinta dimmi cosa devo fare", un motivo ci deve pur essere e non può essere tutto frutto del caso.
Forse mi sbaglio, anche perchè la ricostruzione è un po' frammentaria, ma credo che anche Lei fraintenda Cenci quando tuitta "nessuna gravidanza, nessun intervento" perchè "intervento" sembra riferito al twit della signora e quell'intervento c'è stato
Forse mi ripeto ma credo che anche Lei fraintenda qualcosa quando tuitta "nessuna gravidanza, nessun intervento" perchè "intervento" sembra riferito all'invio del twit da parte della signora e quello c'è senz'altro stato.
Paolo, non escludo che ci siano stati tentativi per forzare in origine le dichiarazioni di Dawkins; può essere. Tuttavia l'espressione "Sarebbe immorale portarlo al mondo se si ha la possibilità di non farlo” ha a mio avviso una valenza di per sé molto diversa rispetto a quella di un parere, di un "secondo me", come quelli che lei ha portato a titolo d'esempio.
A meno che l'originale "Abort it and try again. It would be immoral to bring it into the world if you have the choice." non contenga una sfumatura linguistica che non sono in grado di cogliere e che rende implicita la caratteristica del punto di vista personale.
Non credo che cambi poi così tanto, Marcoz. «Falla finita! Sarebbe immorale continuare a vivere in queste condizioni» detto a chi chiede "adesso non so che cosa devo fare" è comunque diverso da «Farla finita. Sarebbe immorale vivere in quelle condizioni» in risposta ad un "io non so cosa farei se fossi in quelle condizioni". In merito all'ultima domanda, e considerate le restrizioni sul numero di caratteri di quel social oltre alla consecutio interna alla domanda, mi pare che anche «[I would suggest to/you] abort it» sia una legittima (forse inevitbaile) interpretazione del sotteso. E visto che ci siamo, ci passa in qualche modo anche la differenza tra «saresti (sei) immorale» e «agire in quel modo sarebbe immorale».
P.S.: preciso e ribadisco che io sono d'accordo con la posizione che tutto ciò che ho osservato non cambi molto della sostanza. Tuttavia tengo conto dei lettori e del pubblico cui si rivolge chi ha scritto quel pezzo e di cui si deve essere tenuto conto, che è molto suscettibile rispetto alla forma e alla politeness con cui si avanzano (eventualmente intimano) valutazioni morali. Siamo in una categoria simile a quella che vuol far passare la posizione di chi suggerisce che sarebbe meglio fare in modo che non nascano persone con una certa disabilità, che sia attraverso uno screening pre concepimento come si fa da svariati decenni senza che si generino scandali o quello pre natale più contestato, come assimilabile gratuitamente (per ingenerare shock nel lettore) a quello di uno che li vorrebbe sopprimere o lasciare a sé stessi perché non degni di trattamento umano.
Non riesco a dare tutta questa importanza al "falla/farla finita" (col punto esclamativo o senza), perché per me sta tutto nel "sarebbe immorale".
Paolo, quando ho replicato, non avevo ancora visto il P.S.
Sul sito di Tempi l'articolo sembra sparito.
Per il resto, Dawkins ha dato una risposta estesa sul suo sito.
@ Marcoz
Spero di non andare fuori tema facendo considerazioni nel merito di ciò che ha scritto Dawkins, ma potrebbero essere utili alla discussione. Dawkins usa un linguaggio a volte un po' asciutto: io non avrei parlato di "immoralità", nella misura in cui siamo di fronte a scelte individuali e quindi a mio parere poco opinabili. Non escludo però che fosse proprio questo che dico anche ciò che intendesse Dawkins, proprio in virtù del periodo ipotetico rivoltogli: egli stava esprimendo una propria valutazione morale. Del resto, noi stessi anche quando non parliamo di immoralità, facciamo comunque una scala di valori morali.
È legittimo esprimere una propria valutazione morale, a maggior ragione se ci si muove nel periodo ipotetico. Può tornare utile se immaginiamo una coppia fertile che abbia deciso di voler avere uno e un solo (altro) figlio: è una scelta morale -e per alcuni preferibile come per Dawkins- anche quella di non proseguire una gravidanza se il feto è Down, con il piano di far nascere un altro bambino sano. Il risultato complessivo sarebbe (in entrambi i casi) comunque la nascita di un bambino, ma sano invece che affetto da trisomia, quindi con maggiori prospettive di poter avere soddisfatti i propri bisogni di crescita e di vita.
Ecco, operandosi in quest'ottica, non entrano mai in gioco valutazioni sulla nobiltà piena della vita anche di una persona affetta da sindrome di Down (come disonestamente si vuole far credere), ma si fa solo una valutazione razionale della miglior soddisfazione globale (proiettandola ex post) degli attori in gioco, valutando e confrontando contesti a somma zero. Al più, come sappiamo, viene contestato l'ordine morale dell'embrione e del feto (che renderebbe i prospetti non più a somma zero), e a breve dimostrerò che questo è l'unico elemento davvero in gioco (e non la apparente brutalità o opinabilità dell'affermazione perentoria di Dawkins).
Facciamo dunque un passo indietro: quanti di noi ricordano gli screening a tappeto nelle scuole per rilevare la microcitemia nel sangue? Ebbene, per svariati decenni si è tenuto conto di questo fattore per ridurre (in parte) la possibilità che venissero concepiti bambini anemici. Addirittura, talvolta si sconsigliava il matrimonio tra microcitemici. Tutto ciò non è mai stato contestato con la pretesa che questa politica di screening celasse valutazioni su una fantomatica minor nobiltà della vita di una persona con anemia mediterranea, né additata come una pratica eugenetica. Appare da sempre come una normale (e morale) prassi di parziale prevenzione di certi rischi. Il cattolicamente molto morale invito a non procreare tra cugini del resto ha lo stesso fondamento. Solo che, non essendo necessariamente coinvolti embrioni o feti, nessuno ha mai sollevato quelle pretestuose inferenze di ordine etico. Questo dimostra quello che volevo prima dimostrare.
In quest'ottica qui, quindi, io penso che abbia una qualche rilevanza lo shift da una valutazione generale di ordine morale ad un comando morale rivolto ad una persona. Io posso nutrire questo dubbio su ciò che volesse dire Dawkins, tenuto appunto conto del mezzo su cui si è espresso che limita la possibilità di elaborare, mentre se la valutazione o consiglio ipotetico viene tramutato in ordine perentorio, questo dubbio non lo posso certo nutrire più e quello di Dawkins diventa un suo imperativo categorico. Lo era, secondo te?
Nel mio precedente commento non avevo ancora letto il messaggio di Sho e il post di Dawkins, cui ho dato una rapida scorta. Non credo che io sia stato fuori strada, a questo punto.
Paolo, il tuo commento ricalca molto bene il contenuto del post di chiarimento di Dawlkins.
"(…) Lo era, secondo te?"
Dopo la tua prima puntualizzazione, proprio questo cercavo di capire: se il tweet contenesse un "ordine imperativo" oppure no.
Se escludiamo il fattore mistico, l'anima al concepimento ecc...,la questione si riduce ad una mera correlazione con i propri sensi di colpa. L'individuo comincia ad esistere nella prima interrelazione cosciente. Egli è il risultato dell'ambiente che gli fornisce gli stimoli per assiemare il sentore del consistere, il cosiddetto "io" o che dir si voglia. La coppia che accetta la nascita di un figlio "anormale", solitamente evita di avere altri figli per il timore di dover accudire un altro soggetto incapace di badare a se stesso,e quindi, tecnicamente, sceglie un figlio "anormale" invece di uno "normale". Qui si può discettare a lungo, ma la soluzione "concettuale" rimane indisponibile e infine sono i soliti sensi di colpa, la sensazione di essere egoisti, a determinare. I "diritti umani" di chi porterà la croce di nascere "diversamente abile" vi hanno nulla a che fare! Credo però che un piccolo criterio potrebbe aiutare... mettiamoci nei panni di genitori che scoprono un feto "anomalo" e chiediamo al futuro figlio "down": - ti abbiamo fatto nascere così sebbene sapessimo che non saresti stato come noi. Sei contento? - poi datevi la risposta dalle parte dell'interessato... Ecco, credo che in questa piccola prova possa stia la risposta adeguata ad ognuno.
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