Marco Politi su Il Fatto quotidiano ha deciso di «analizzare laicamente i problemi». Se questo è il risultato forse è meglio sfidare la sorte.
«L’eterologa nasce da una finzione». I titolisti si lasciano prendere facilmente dall’entusiasmo e quindi non mi soffermo sul titolo. Non suona nemmeno male. E allora procedo. «Senza una legge del Parlamento», comincia così il pezzo sul Fatto di Marco Politi, ex vaticanista di Repubblica. Caduto il divieto dell’eterologa ci rimane la legge 40 senza quel divieto. Non ne servono altre. Sarebbe bene anche evitare di ricominciare tutto dall’inizio: dai torniamo in Parlamento, così possiamo inserire qualche altro divieto incostituzionale e ubriaco che in una decina d’anni la Corte costituzionale poi potrà rimuovere. Una prospettiva molto attraente. «Troppi sintomi di improvvisazione stanno investendo la definizione dei rapporti familiari». Improvvisazione, signora mia, come faremo? Che ne sarà delle nostre esistenze? Dei nostri valori d’una volta?
La sentenza con cui il Tribunale dei Minori di Roma ha concesso l’adozione di una bimba alla convivente della madre è un altro di questi. Non sta giuridicamente né in cielo né in terra. La bimba ha una madre, non era in stato di abbandono o disagio sociale e nulla impediva il rapporto affettivo tra lei e la partner della madre.E chi l’avrebbe mai detto che non serva una legge per voler bene a qualcuno? Non mi sarebbe mai venuto in mente. Mai. Le ragioni della sentenza sono ovviamente altre, ma capisco che leggersela sia noioso. Con quel linguaggio da azzeccagarbugli, manco a parlarne. Ma poi perché dovresti rivolgerti al Tribunale per portare tua figlia in piscina? «Sarebbe paradossale che la legislazione sulla famiglia fosse lasciata a una ingegneria priva di chiarezza su ciò che conta». Questo processo è iniziato da lontano. Dalla fine del matrimonio riparatore e del reato di adulterio. Dall’equivalenza tra bastardi e figli legittimi. Che vergogna! Indebolire così la legislazione sulla famiglia. Poi non stupitevi se siamo finiti dove siamo finiti! «Fecondazione eterologa e omologa sono equivalenti? I figli nati nelle coppie, che fanno uso di un metodo o l’altro, hanno la medesima identità?». Ogni figlio ha una identità diversa dall’altro. Che peccato però, chissà che identità hanno i figli nati nelle coppie che guardano molta tv. Meglio quelli che vanno ai concerti? O a messa? Che implicazione caratteriale c’è tra il mangiare troppa carbonara e il liceo che sceglierà nostro figlio? «In una coppia che attua la fecondazione omologa si ha veramente una “procreazione assistita”, poiché la tecnica elimina semplicemente un impedimento al loro naturale incontro».
La fecondazione eterologa come finzione?, Next, 9 settembre 2014.
20 commenti:
Mi ripeto ma la critica all'interpretazione più che estensiva dello stato di abbandono è fondata; è vero che ci sono alcuni precedenti giurisprudenziali ma la dottrina era già critica sul primo di essi (Tribunale per i Minorenni di Torino 11.11.1985 nella nota pubblicata in Giur. It. 1986, I, 2 645 ss.; o vi fidate o controllate).
Inoltre questa giurisprudenza (probabilmente per il basso grado di conflittualità tra le parti coinvolte) non è mai stata portata all'esame delle giurisdizioni superiori.
L'ulteriore estensione anche alle coppie conviventi omosessuali crea un potenziale conflitto con norme di ordine pubblico, è quindi probabile che l'orientamento sarà più severamente analizzato e si avrà un'inversione di rotta.
Ecco Politi un altro che non ha mai seguito la giurisprudenza delle adozioni negli ultimi trent'anni, e si sveglia ribellandosi agli usi invalsi guardacaso proprio ora. Deve trattarsi di epidemia intellettuale, non ho altre spiegazioni, magari un virus latente che si è manifestato alla prima adozione manifestamente non conforme.
Beh, se come dice anonimo ci sarà inversione di rotta, non potrà essere selettiva e quindi non accadrà più nemmeno nel caso di coppie eterosessuali, perché o l'interesse del minore è tutelato dall'interpretazione estensiva, o l'interpretazione restrittiva viene ritenuta prevalente nel dettato della legge: non credo che possa farsi ricadere coercitivamente in capo ad un minore una tal responsabilità dell'ordine pubblico che possa giustificare una soppressione del suo miglior interesse.
I virgolettati dell'articolo mi hanno comunque lasciato basito. Ed emerge per l'ennesima volta un sotteso sconcertante in merito a ciò che si ritiene fondante in un legame familiare: nella sostanza, più del desiderio, dell'amore, della cura, della dedizione, il codice genetico; nonostante, per inciso, ogni nato sia una casuale rappresentazione tra miliardi di miliardi etc. di combinazioni possibili. E devo ammettere sinceramente che quella storia del "prolungamento con altri mezzi" che si instaurerebbe esclusivamente nel caso di fecondazione omologa non riesco nemmeno a razionalizzarla nel suo significato: letteralmente non ho idea di cosa significhi. Cosa vuoi prolungare se comunque non è possibile farlo? Non vorrei che si trattasse di un ragionamento sulla falsariga di: "beh, un comando al volante proprio no, tizio potrà guidare solo se ce la farà con la protesi alla gamba, perché comunque sarebbe solo un prolungamento della gamba che non possiede".
Infine un commento: se questi commentatori credessero realmente a quello che scrivono, credessero realmente nei principi che sponsorizzano così come ce li illustrano, beh, dovrebbero per coerenza domani stesso fare petizioni e scrivere articoli perché venga instaurato il test del DNA obbligatorio in tutte le famiglie dello stivale, e tra tutti i cittadini: perché se il diritto a conoscere (in questo caso) il padre biologico è prevalente su tutto, allora lo è anche per tutti i cittadini che credono di essere figli di papà Y ma potrebbero a loro insaputa esserlo di papà Z. E se un genitore avesse obbligo di informare il proprio figlio che è stato concepito in provetta eterologa, obbligo deve per forza avere anche altro genitore se si è portato a letto uno sconosciuto: se non vuole farlo, ci pensi lo Stato a scovarli tutti perché un bambino (chiaramente) non può non sapere chi è il proprio vero papà.
Il diritto dell'adottato alla conoscenza delle proprie origini biologiche è già stato sancito dalla Corte Costituzionale.
Se e come questo diritto dovrà essere applicato in caso di fecondazione eterologa mi pare sia il caso lo decida un legislatore (qui la sentenza che ha abrogato il divieto di eterologa non aiuta).
A mio avviso tale diritto non può essere sacrificato all'obiezione che farebbe diminuire il numero dei donatori.
Anonimo:
«Il diritto dell'adottato alla conoscenza delle proprie origini biologiche è già stato sancito dalla Corte Costituzionale».
Ma è comunque subordinato all'assenso del genitore biologico.
Più esattamente è bilanciato col diritto all'anonimato garantito per legge alla madre, qualora ella lo abbia richiesto al momento dell'affidamento.
In assenza di una norma che prevede il diritto all'anonimato per il donatore (e che non deriva automaticamente dall'abolizione del divieto di eterologa) resta il puro diritto alla conoscenza delle proprie origini biologiche.
Comunque il senso della mia obiezione era che ci vuole una legge (ho il terror panico di linee guide e circolari, e fareste bene ad avercelo tutti)
Resta valido però l'art. 9 c. 3 della legge 40: «In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi».
Per amor di discussione e senza polemica secondo me il fatto di "non essere titolare di obblighi" non attribuisce affatto "il diritto all'anonimato" ('so du cose avulse) e ciò tantomento in presenza di un contrapposto diritto alla conoscenza delle proprie origini, con le caratteristiche individuate dalla Corte Costituzionale.
A me sembra che restino sicuramente esclusi obblighi come quello di incontrare il figlio biologico. Inoltre, tutto quello che può essere rivelato al figlio deve essere assolutamente necessario ai fini della donazione in senso stretto: può darsi che il nome rientri in questo, ma già sono dubbioso per l'indirizzo corrente. E ci sarebbe da dubitare fortemente della ragionevolezza di rivelare il nome di una persona che poi non ha nessun obbligo di riceverti.
C. Cost. 162/14 così (re)interpreta l'art. 9 costituzionalizzato sul punto:
"la nascita da PMA di tipo eterologo non dà luogo all'istituzione di relazioni giuridiche parentali tra il donatore di gameti ed il nato, essendo, quindi, regolamentati i principali profili dello stato giuridico di quest'ultimo".
Sembra quindi che l'art. possa disciplinare (escludendole) solo eventuali conseguenze giuriche derivanti dalla parentela (e comunque solo nei loro "principali profili"); facile evidenziare che un obbligo di incontro (che è comunque cosa del tutto diversa dal diritto all'anonimato) è estraneo agli obblighi parentali.
Per ragioni come queste dicevo nel mio primo commento che la sentenza che ha abrogato il divieto di eterologa non basta e che serve una legge.
Andiamo, su, questo è un argomento e silentio che non si può ragionevolmente sostenere! Se la Corte avesse inteso qualcosa del genere l'avrebbe detto chiaramente. Del resto, dalla sentenza si capisce bene che il modello proposto è proprio quello valido per l'adozione, mutatis mutandis: diritto a conoscere il genitore biologico solo se c'è l'assenso di questo, anche se un rifiuto iniziale va verificato poi nel tempo.
Non è affatto un argomento e silentio; l'argomento è che sul punto non si può usare l'art. 9 perchè riguarda evidentemente altri aspetti, tanto è vero che anche Corte Cost. 162/14 nel considerare le conseguenze dell'abrogazione sul diritto all'identità genetica non ha potuto utilizzare il contenuto dell'art. 9 ma ha dovuto ricorrere a propri precedenti giurisprudenziali (punto sub. 12 parte motiva) tra i quali evidenzio C. Cost. 278/13 che invoca apertamente la necessità di un intervento legislativo.
Sinceramente non mi pare che la mia obiezione per cui serve una legge sul punto possa dirsi superata, tantomeno attraverso il contenuto dell'art. 9.
Nel mio commento delle 10:30 ho spiegato in che misura secondo me l'art. 9 c'entra. Per favore non cominciamo a girare in tondo.
Non voglio girare in tondo, La ringrazio per la conversazione.
"A mio avviso tale diritto [dell'adottato alla conoscenza delle proprie origini biologiche] non può essere sacrificato all'obiezione che farebbe diminuire il numero dei donatori"
E perché? Per perifrasi apodittica? Il donatore non esercita un diritto, ma si sottopone ad una funzione a beneficio della comunità di cui fa parte, tra cui quella appunto di far nascere un individuo. Il diritto all'anonimato sarebbe una richiesta di tutela minimale a tutela di una funzione di servizio per gli altri, ivi compreso per il beneficiario di tale servizio.
Aver dichiarato che esiste un diritto a conoscere l'origine biologica e identitaria, anche da parte di una Corte, non significa che esso sia preminente rispetto a qualunque altro diritto immaginabile concorrente, tanto che come appunto notato da Giuseppe prevale comunque il diritto del genitore legale. E come è del resto ovvio dal fatto che come notavo nessuno osa mai imporre la scoperta dei genitori ignoti delle famiglie "naturali".
Vogliamo imporre ad un donatore di uscire dall'anonimato? Bene, in un numero di casi rinuncerà ad una funzione di servizio. È stato in tale modo tutelato qualcosa? No, nessun diritto di alcun cittadino è stato tutelato implementando questa predisposizione.
Perchè in queste materie uno dei principi giuridici fondamentali è che nel bilanciare gli interessi si deve guardare alla volontà del nato.
Appunto a tutela della volontà del nato, comprimendo parzialmente il diritto all'anonimato del genitore biologico, C. Cost. 278/13 ha individuato un diritto alla conoscenza della propria identità biologica, diritto che sembra richiamato nella sentenza che ha riconosciuto la costituzionalità dell'eterologa.
Quindi il problema non è tanto imporre qualcosa al donatore, quanto decidere cosa e come rispondere al "nato" se esercita il suo diritto di chiedere notizie sulle sue origini "biologiche".
E se io domani mi sveglio e mi faccio fare il test del DNA, e i miei genitori acconsentono anche loro a farlo oppure trovo il modo di sottoporre furtivamente a test qualche loro lascito biologico in casa, e succede che scopro che me ne manca metà all'appello, come mai non esiste una banca dati di tutti i maschi adulti dello stivale? E soprattutto nessuno se ne è mai posto il problema, visto che questo diritto -secondo alcuni così prepotentemente fondamentale- pare che venga prima di ogni umano accidente? Cosa decide il legislatore, o il giudice (???) di fare quando deve rispondere al mio diritto di chiedere notizie sulle mie origini biologiche? Nisba, se non erro.
Quindi, come si vede ed è palese, affermare che menzionato diritto sia in qualche modo prevalente su altro -guardando al nostro ordinamento e alla nostra giurisdizione- si deduce che è falso. Ora, appurato ciò, al di là dell'apodittica affermazione, e pur se vogliamo qui convenuto che possa esistere in una certa qual misura un diritto di massima ad avere questo tipo di risposta alla tal domanda in talune semplici circostanze, quale argomentazione giuridico, morale, etico, costituzionale vuole avanzarsi per tentare almeno fugacemente e incompletamente di convincere i presenti che esso prevalga sul diritto a non essere citato del generoso donatore di vita messosi al servizio della massa e degli individui in cambio di nulla? Manco a dire che lo ha fatto per ripagarsi della dura vita da lattaio, e sì che in quel caso sì che nessuno lo inseguirà.
La discussione sull'opportunità di avere una banca dati dei DNA (anche a diversi fini) è già aperta da molto tempo.
Sì, ma non si fa, da tempo, ergo non è un diritto così fondamentale. Soprattutto, io ne ho solo sentito parlare per quanto concerne la prevenzione dei crimini. Crimini, figuriamoci: bazzecole a confronto dell'insopprimibile, ineliminabile, inderogabile primo diritto fondamentale dell'essere umano: la conoscenza dell'identità genetica. Nessuno, nessun commentatore, giudice, legislatore l'ho mai sentito porre la questione in questi termini, nemmeno il più vagamente possibile e nemmeno dal più agguerrito difensore di cotanto principio. Lei cosa fa, l'ha già sposata la proposta? Penso che sarà il primo della lista.
Posta in questi termini, della difesa di questo diritto indistruttibile, la questione banca dati sarebbe ben diversa e più urgente: non la teoria che possa aiutare a combattere il crimine, ma la quasi certezza che possa garantire la pecetta di "figlio identificato" ai finora poveri disgraziati cittadini dello stivale, ignari vittime delle leggi sociali e della natura.
Trovo interessante sopratutto l'argomento per cui se qualcosa non si fa per molto tempo non è un diritto così fondamentale.
Trovo interessante invece che un diritto diventi a furor di popolo improvvisamente fondamentale proprio quando viene rinvenuto dirimente nei cosiddetti temi sensibili. Non lo è stato di fatto in migliaia di anni di storia del diritto, non una pagina di un giurista, un filosofo, un teologo a tal riguardo, poi tacchete l'urgenza di rivedere una certa legge 40 altrimenti crolla un'intera civiltà del diritto (mica bazzecole). Nel frattempo gli altri milioni di cittadini senza la corretta identità filiale potranno aspettare. Questo crea comunque un problema: giustificare l'irrazionalità dell'ordinamento che si intende proporre dando la precedenza ai soli figli in provetta nell'accedere a questo diritto, e discriminare arbitrariamente chi da provetta non è nato.
P.S.: ovviamente non ha mai risposto alla mia richiesta di chiarimento gnoseologico che superi l'affermazione apodittica per cui il diritto del nato superi inequivocabilmente il diritto del donatore.
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