I tentativi di intralciare il ritorno alla legalità della fecondazione eterologa si moltiplicano. Tra i più recenti, spicca per originalità quello di Marco Griffini, presidente di AiBi (Amici dei Bambini), movimento cattolico che riunisce chi ha intrapreso o vuole intraprendere la strada dell’affido o dell’adozione internazionali. Ecco la sua proposta, riportata da Avvenire (Ilaria Sesana, «“Tra sei anni la fine delle adozioni”», 28 settembre 2014, p. 14):
«Inoltre chiederemo al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, un emendamento alla legge sulla fecondazione eterologa – aggiunge Griffini –. Per fare in modo che una coppia che ha scelto l’eterologa, poi non possa più fare l’adozione internazionale». Una richiesta, spiega il presidente di AiBi, nata dall’ascolto dei bambini e giovani adottati, che non vogliono essere considerati «figli di serie B». «È culturalmente corretto portare avanti questo dibattito – conclude Griffini –; nel momento in cui un genitore si vede madre o padre di un figlio non suo ha due possibilità: l’eterologa e l’adozione. Ma deve scegliere. L’adozione non deve essere l’ultima spiaggia quando tutti gli altri tentativi sono falliti».A quanto pare, dunque, per «bambini e giovani adottati» – o per l’AiBi che ne interpreta il pensiero – va benissimo essere considerati «figli di serie B», purché solo nei confronti dei figli biologici: non si chiede infatti di escludere dall’adozione chi ha già avuto figli naturalmente o tramite la fecondazione omologa. Una volta accettato questo principio, però, non si capisce perché escludere chi intende ricorrere all’eterologa, visto che anche in questo caso un legame biologico esiste, anche se solo con uno dei genitori (persino nell’eventualità assai rara della cosiddetta «doppia eterologa», in cui entrambi i gameti vengono da donatori, la madre stabilisce un legame di natura biologica tramite la gravidanza).
Al di là di queste contraddizioni, è abbastanza ovvio che ricorrere all’adozione come «ultima spiaggia» non implica affatto necessariamente che i figli ottenuti in questo modo non saranno amati poi come gli altri. Tentare di avere prima figli in tutto o in parte geneticamente legati alla coppia risponde non solo a imperativi culturali e istintivi molto profondi, ma verosimilmente anche a una strategia ottimale per ottenere un figlio: prima, quando la fertilità è più alta, provare con la procreazione naturale e assistita; in seguito, quando la coppia è più matura e può più facilmente superare lo scrutinio impegnativo che ne attesterà l’idoneità, provare con l’adozione. (È interessante notare come anche quei cattolici che si vantano di avere generosamente adottato dei bambini, contrapponendosi in questo modo virtuosamente agli «egoisti» che fanno ricorso alla procreazione assistita, abbiano nella quasi totalità prima generato figli propri e poi adottato.)
Resta infine da capire come un movimento che lamenta i numeri decrescenti delle adozioni internazionali e che ha fra i suoi obiettivi quello di rendere più facile la certificazione dell’idoneità, possa caldeggiare allo stesso tempo di ridurre gli aspiranti genitori e di erigere nuovi paletti. Ma forse quello che si cercava in questo caso, con una proposta che ben difficilmente potrebbe essere accolta, era in realtà solo un accreditamento presso autorità che della loro antipatia nei confronti dell’eterologa non hanno fatto certo mistero.
3 commenti:
Il presidente dell'associazione è pessimista per difetto. In realtà l'adottato è di serie E, in base alla seguente classifica:
- figlio naturale "puro", serie A
[non è possibile/non funziona il primo tentativo]
- figlio "omologo", serie B
[non è possibile/non funziona il secondo tentativo]
- figlio "eterologo" con un donatore, serie C
[non è possibile/non funziona il terzo tentativo]
- figlio "eterologo" con due donatori, serie D
[non è possibile/non funziona il quarto tentativo]
- figlio adottato, serie E
E per l'ennesima volta ci si accorge di problemi ancestrali dei pupi quando si acconsente all'eterologa, nonostante siano sempre stati lì per tutti (vedi anche caso del genitore non sempre noto).
Provo ad integrare:
"Ma forse quello che si cercava in questo caso [...] era in realtà solo un accreditamento presso autorità".
Credo che, in particolare, al giorno d'oggi sia proprio la sconclusionatezza dell'argomentazione a fungere da viatico di preferenza per detto accreditamento, e non scherzo: ritengo che essa faccia acquistare punti, o dia questa impressione al proponente. Avete citato esempi autorevoli di recente.
Più la tesi è stupida più è probabile che il passaporto verrà rilasciato, forse. Io a questo punto credo che si tratti proprio di un tratto distintivo, ed è probabile che il tentativo sia, avendo perso la battaglia filosofica e di diritto, di trascinare la discussione su terreni talmente cretini da rendere persino difficile capire da dove cominciare per intavolare una discussione tra esseri raziocinanti. Un po' come ci si può trovare in difficoltà con un bambino cui ancora manchino alcune basi e ciononostante ponga obiezioni continue.
Si comincia anche a capire perché alcuni teologi del passato siano considerati dei giganti: se ad uno scrutinio attento le loro tesi avevano comunque lacune, paragonati al modus cogitandi odierno appaiono effettivamente grandiose.
Anche in questo caso traspare una profonda cattiveria - e meno male che sono cattolici.
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