giovedì 23 aprile 2009

Arrivano i DiDoRe

È disponibile sul sito della Camera dei Deputati il progetto di legge 1756, «Disciplina dei diritti e dei doveri di reciprocità dei conviventi» (assegnato il 9 marzo 2009 in sede referente alla II Commissione Giustizia), che stando alle dichiarazioni del primo firmatario, Lucio Barani del PdL, dovrebbe finalmente materializzare la proposta dei DiDoRe – Diritti e Doveri di Reciprocità dei conviventi, appunto – avanzata a suo tempo con molti squilli di fanfare da Gianfranco Rotondi e Renato Brunetta.
La proposta di legge è estremamente scarna: sette articoli quasi telegrafici, che nel complesso sono più brevi del cappello introduttivo. Il dono della sintesi è sempre da apprezzare, anche se l’impressione è che si sia voluto tenere volutamente un profilo basso, per motivi facilmente intuibili. L’impressione è confermata dal primo articolo, che secondo la moda recente dei disegni di legge su temi «sensibili» costituisce una dichiarazione di principi generali, che si vuole derivati dalla Costituzione. Il primo comma recita infatti: «Ai sensi degli articoli 29 e 31 della Costituzione, il riconoscimento della famiglia deve intendersi unicamente indirizzato verso l’unione tra due soggetti legati da vincolo matrimoniale». È, come si vede, un plateale metter le mani avanti, per estinguere sul nascere ogni illusione pericolosa sulla portata del disegno di legge. Il secondo comma aggiunge: «Alla famiglia, intesa ai sensi del comma 1, sono indirizzate, in via esclusiva, le agevolazioni e le provvidenze di natura economica e sociale previste dalle disposizioni vigenti che comportano oneri a carico della finanza pubblica». Coerentemente con questa impostazione, gli articoli da 3 a 7 elencano una serie di diritti dei conviventi senza oneri per lo Stato: diritto di visita presso gli ospedali, diritto di designare il convivente come rappresentante per le decisioni di fine vita, diritto di abitazione o di successione nell’affitto, diritto di ricevere gli alimenti. Manca stranamente ogni accenno al diritto di ricongiungimento familiare (questo in parte si può spiegare col fatto che, come vedremo fra poco, per conviventi si intendono persone normalmente coabitanti) e alla successione ereditaria.

Questo minimalismo dei diritti non costituisce, di per sé, motivo di scandalo. Il vero problema è che l’assetto legislativo ideale dovrebbe prevedere due modalità di regolazione delle convivenze: la prima, leggera, a garanzia di diritti per lo più negativi e non molto diversi in effetti da quelli contemplati dai DiDoRe, per i conviventi che desiderino mantenere un rapporto più libero e non troppo regolamentato; la seconda, impegnativa, che preveda l’estensione dei diritti e dei doveri del matrimonio a chi oggi non può sposarsi: in pratica, alle coppie omosessuali. Ma questa seconda colonna della norma non è proponibile nel nostro paese, a causa del veto della potenza straniera che tiene in pugno i nostri legislatori; e così le proposte di legge finiscono per essere sempre sbilenche. Nel caso dei non rimpianti DiCo si caricava quella che in sostanza era una legge per convivenze «leggere» di alcuni diritti «pesanti», come quello alla pensione di reversibilità, producendo un ibrido assai poco vitale che scontentava tutti; nel caso dei DiDoRe ci si dimentica semplicemente del problema di quelle coppie che non hanno nulla da invidiare in termini di impegno reciproco alle famiglie tradizionali, ma che non possono accedere alle stesse tutele, anzi si nega in capo alla legge che possano essere equiparate a quelle «naturali».

C’è poi un altro grave problema. Come abbiamo visto, la potenza straniera sopra evocata teme come la peste che la regolazione delle convivenze possa anche solo lontanamente richiamare il matrimonio; si deve dunque evitare fra l’altro ogni accenno a una cerimonia, a un incontro dei conviventi di fronte a un funzionario che abbia l’apparenza della stipulazione più o meno solenne di un patto. Per compiacere questo diktat si era ricorso in occasione dei DiCo a quel grottesco balletto di raccomandate che molto fece per affossare quella proposta e consegnarla agli annali del ridicolo. Per i DiDoRe la soluzione prescelta è più drastica: diritti e doveri conseguono non dalla sottoscrizione di un impegno formale, ma semplicemente dal trovarsi nella condizione di conviventi. Dice infatti l’art. 2 del disegno di legge: «1) La presente legge disciplina i diritti individuali e i doveri di soggetti maggiorenni, conviventi stabilmente da almeno tre anni, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6, uniti da legami affettivi e di solidarietà ai fini di reciproca assistenza e solidarietà materiali e morali, non legati da rapporti di parentela né vincolati da precedenti matrimoni. 2) Per l’individuazione dell’inizio della stabile convivenza trova applicazione l’articolo 5, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223». E il comma del DPR 30 maggio 1989, n. 223, cui si fa riferimento, si limita a stabilire: «Agli effetti anagrafici per convivenza s’intende un insieme di persone normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili, aventi dimora abituale nello stesso comune» (da notare una possibile fonte di problemi interpretativi: qui si fa riferimento a «un insieme di persone», quindi anche più di due, mentre la proposta di legge sembra sempre dare per scontato che i conviventi siano solo due).
Se i DiDoRe divenissero legge, dunque, una persona che inizia una convivenza si troverebbe automaticamente di fronte alla prospettiva di dover un giorno «prestare gli alimenti oltre la cessazione della convivenza, con precedenza sugli altri obbligati, per un periodo determinato in proporzione [quale?] alla durata della convivenza medesima» (art. 7), a una persona con cui non ha più alcun legame affettivo, e senza aver stipulato alcun contratto in questo senso. (Curiosamente la proposta di legge non sembra contemplare obblighi di assistenza reciproca durante la convivenza.) Molto liberale, non c’è che dire. Forse i DiDoRe hanno in realtà lo scopo celato di favorire le sorti declinanti dell’istituto matrimoniale, che a questo punto appare in paragone più vantaggioso?

Stupisce di trovare fra le firme che accompagnano questo pezzo non esaltante di arte legislativa quella di Benedetto Della Vedova, che sul tema sappiamo avere ben altre idee. Capisco che si possa ritenere che qualcosa è meglio di niente, ma in questo caso il gioco al ribasso è andato decisamente troppo in là. Meglio niente, grazie, di questo.

20 commenti:

paolo de gregorio ha detto...

"Qui si fa riferimento a «un insieme di persone», quindi anche più di due, mentre la proposta di legge sembra sempre dare per scontato che i conviventi siano solo due"

Correggetemi se sbaglio: allo stato attuale del disegno, possiamo immaginare quattro studenti che per la durata del corso di laurea vivono sotto lo stesso tetto, prendendo ivi la residenza. I quattro hanno ciascuno la propria vita sociale: frequentano persone diverse, corsi diversi, fannno orari diversi. Hanno l'unica cosa in comune che le loro camere da letto si trovano ad essere sotto lo stesso tetto, per il resto si incrcoiano nei corridoi giorno sì e giorno no.

I corsi finiscono, i quattro cambiano città, e da allora, a due a due, rimarrano ciascuno responsabile del benestare dell'altro, si preoccuperà degli alimenti eccetera. Tre conviventi per ciascuno, tra l'altro: cioè ogni ex stuudente dovrà farsi carico di tre persone, un bell'onere doveroso. Inevitabile poi: solo per aver frequentato quella casa per un tot numero di anni non avranno altra scelta, la legge gli imporrà assistenza reciproca.

Fatemi capire! dice questo il disegno di legge?

Alcolici nessuno?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Beh, il ddl parla di "legami affettivi e di solidarietà ai fini di reciproca assistenza e solidarietà materiali e morali", che non so quanto siano ravvisabili in una coabitazione fra studenti. Comunque rimane una legge abbastanza assurda.

paolo de gregorio ha detto...

«il ddl parla di "legami affettivi e di solidarietà [...]", che non so quanto siano ravvisabili in una coabitazione fra studenti.»

Beh, ma vannno specificati però questi vincoli. Nel ddl si definisce convivenza la mera "convivenza", e poi si elencano dei doveri (nientmeno). Sembra quasi che si stia introducendo la comune. Ridimensionando il mio esempio, facciamo il caso di due studenti: se lo stato di convivente è automatico dopo tre anni, allora uno dei due che cadesse in cattive acque cessata la coabitazione potrebbe richiedere che l'altro ottemperi ai propri doveri e gli dia del suo. In fondo potrebbe avanzare come "prova" della loro convivenza la "convivenza", che non è regolata (come osservavi) da alcuna dichiarazione controfirmata.

Facciamoo così: più che come ddl trattiamolo come ddi, dichiarazione di intenti.

P.S.: in effetti il primo articolo non ha senso: a quel punto ci potevano anche trascrivere direttamente tutta la Costituzione ribadendo che non è ancora stata stracciata. Anzi, potrebbero farlo con ogni legge di esordire rammentando che abbiamo una Costituzione.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Direi che uno dei problemi potrebbe essere il contenzioso che potrebbe sorgere: c'erano o non c'erano, i legami "affettivi e di solidarietà"? E vai con i testimoni e i contro-testimoni...

Leilani ha detto...

Ma solo io trovo ridicoli tutti questi giri di parole per non ammettere che due persone possano amarsi a prescindere dall'accessorizzazione fisica?

Giuseppe Regalzi ha detto...

No, no, Leilani, non sei sola... :-)

Anonimo ha detto...

Il post termina con questa farse "Capisco che ... che qualcosa è meglio di niente", in realtà si sta mettendo per iscritti il niente onde evitare di dare un qualcosa dopo, anzi si impedisce così di chiedere veramente qualcosa, perché d'ora in poi potranno dire "qualcosa (in realtà il niente) ce l'hai già", insomma vogliono, per così dire, disinnescare una bomba. Senza contare che poi ai fini legali è pari a niente, quali effetti produrrà questa cosa rispetto ai terzi, nulla! Chiunque sarà in grado di impugnare eventuali decisione fatte dai due in merito a questa legge, infondo che lo stabilisce che qualcosa c'era veramente, anzi paradossalmente questa legge ha l'assurdo di far nascere dei vincoli legali tra due persone che in realtà possono non volerne affatto, con la bella trovata che non ci dev'essere alcun contratto scritto.
Insomma meglio che non passi, piuttosto che dare un'arma in più alla chiesa, per poter poi negare la necessità di dare veri riconoscimenti e diritti all'infuori del matrimonio

casper

Ivo Silvestro ha detto...

Non sono un esperto, ma questa legge toglierebbe ai conviventi more uxorio i diritti che attualmente hanno.
Lo si afferma esplicitamente nell'introduzione (grassetti miei):

Tale scelta mira a rafforzare l'istituto della famiglia, se comunemente intesa, e lo protegge da tentativi, sia legislativi che giurisprudenziali, volti a indebolirla mediante una surrettizia parificazione a situazioni che non possono aspirare alla tutela rafforzata che gode nel nostro ordinamento.Il secondo comma del primo articolo non sembra lasciare spazio a dubbi:

Alla famiglia, intesa ai sensi del comma 1, sono indirizzate, in via esclusiva, le agevolazioni e le provvidenze di natura economica e sociale previste dalle disposizioni vigenti che comportano oneri a carico della finanza pubblica

Giuseppe Regalzi ha detto...

Ivo: quali sono secondo te i diritti attualmente riconosciuti in pericolo?

Ivo Silvestro ha detto...

Non molte, ma alcune ci sono.
Ad esempio, il D.P.R. 30 giugno 2000 concede «Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l'infermo.
La legge 20 ottobre 1990, n. 302 sulle vittime di terrorismo, riporta che «L'elargizione di cui al comma 1 è corrisposta altresì a soggetti non parenti nè affini, nè legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della persona deceduta negli ultimi tre anni precedenti l'evento ed ai conviventi more uxorio».
Non dimentichiamo, infine, la famigerata legge 40 sulla procreazione assistita: «coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età
potenzialmente fertile, entrambi viventi».

Poca roba, ne convengo, che comunque questa legge (probabilmente) spazzerebbe via.

Anonimo ha detto...

Come al solito: come fare tutti scontenti.
Se convivo con qualcuno perché mi fa comodo (tipicamente: dimezziamo le spese abitative e ci divertiamo a letto), sarò libera di non volermi tenere il cappio al collo per il resto della vita??? Due adulti maggiorenni e responsabili possono prendere questa decisione, o siamo sempre vincolati a quest'idea che la donna deve farsi aiutare? La finiremo con le mantenute istituzionalizzate???

Viceversa, se sono omosessuale, perché a parità di impegni non posso avere gli stessi diritti di una coppia eterosessuale?

Assoluta equiparazione del matrimonio omosessuale, divorzio ultrarapido per tutti e convivenza senza obblighi di legge per nessuno: io farei così. Mi trovate che controindicazioni ci sarebbero?

Silvia

Giuseppe Regalzi ha detto...

Silvia: sono d'accordo con te. Introdurrei in più una forma di convivenza certificata, con il consenso esplicito dei conviventi, che assegni un minimo di diritti (più o meno quelli dei DiDoRe, meno forse l'obbligo di corrispondere gli alimenti e con in più qualche diritto in materia di successione ereditaria).
Forse ci vorrebbe anche una forma di matrimonio con divorzio ultralento, così facciamo contenti anche i tradizionalisti... :-)

Paolo C ha detto...

direi che il riferimento al dpr 223 non ha proprio senso: lo si cita riguardo *l'inizio* della convivenza, ma quel comma non parla affatto dell'inizio. Propendo per l'errore materiale.

Quanto all'applicazione automatica di diritti e doveri (che, in generale, ha senso se c'e' il more uxorio) io non mi sento di bocciarla del tutto, in linea di principio. C'e' sempre la possibilita' che ci sia una "parte debole". Ok, parliamo di adulti vaccinati e responsabili, ma sappiamo che non in tutte le coppie la relazione e' paritaria.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Paolo C: certo, la possibilità che ci sia una "parte debole" c'è sempre, però trattare tutte le coppie allo stesso modo - anche quelle del tutto paritarie - mi sembra che possa portare solo a disastri. Se in una coppia c'è una parte debole la forma di unione preferibile è il matrimonio, non la convivenza, che è destinata soprattutto a persone indipendenti economicamente. L'introduzione del divorzio rapido dovrebbe poter ridurre i casi in cui non ci si può sposare per cause di forza maggiore.

Stefano Vaj ha detto...

Proposta *veramente* aberrante, nel senso in particolare che ricollega conseguenze giuridiche a situazioni di mero fatto in mancanza di qualsiasi volontà (e non parliamo neppure della relativa prova...) di una volontà dei conviventi (omo o etero che siano) a tale effetto.

Se ogni tanto "scherzo" sulla questione del matrimonio, istituto già iper-regolamentato e pressoché totalmente rigido nella sua configurazione, ma che almeno lascia liberi i nubendi se celebrarlo o meno, è anche perché con tutta la questione del "riconoscimento" delle coabitazioni di fatto si rischia in realtà un clamoroso autogol da parte di chi fa proprio un punto di vista "libertario".

Bella soddisfazione per la eventuale coppia omosessuale o semplicemente irregolare, costretta in realtà a subire la disciplina di quella tradizionale...

E vogliamo parlare di:
'il riconoscimento della famiglia deve intendersi unicamente indirizzato verso l’unione tra due soggetti legati da vincolo matrimoniale'?

Perché mai DUE persone?!

Stefano Vaj ha detto...

x Giuseppe:
'Beh, il ddl parla di "legami affettivi e di solidarietà ai fini di reciproca assistenza e solidarietà materiali e morali", che non so quanto siano ravvisabili in una coabitazione fra studenti.'

Vogliamo parlare di due cugini, né incestuosi né del resto omosessuali, che non essendo celibi scelgono di vivere insieme a tempo indeterminato?

Stefano Vaj ha detto...

Mi correggo da solo. Due cugini che possono oggi sposarsi se di sesso diverso, scampano grazie alla parentela alla disciplina prevista.

Quanto a "legami affettivi e di solidarietà ai fini di reciproca assistenza e solidarietà materiali e morali", c'è anche da congratularsi per la lingua. Non proprio il Code Napoléon su cui Stendhal affermava di affilare lo stile...

Purple ha detto...

Mai avrei pensato di dirlo, ma è peggio dei DICO: quantomeno i Dico prevedevano una sottoscrizione, e da lì partivano. Qui mi si riconosce solo una convivenza pregressa di 3 anni, e se comincio a convivere adesso? E poi, non dice nulla riguardo alla convivenza tra autoctoni e stranieri (diversamente dai dico), e comunque per vedere un riconoscimento devo convivere 3 anni, ma come faccio a convivere 3 anni se un permesso di soggiorno scade prima?

Stefano Vaj ha detto...

'e comunque per vedere un riconoscimento devo convivere 3 anni, ma come faccio a convivere 3 anni se un permesso di soggiorno scade prima?'

Convivi altrove? :-)

Ma la vera questione è che questo sistema reintrodurrebbe la trinoctii usurpatio, quell'istituto del diritto romano secondo cui una donna aveva l'onere di passare almeno tre notti all'anno fuori dalla casa della persona con cui per il resto avrebbe vissuto in permanenza se non voleva che si producessero effetti giuridici di natura matrimoniale "cum manu" tra i due.

sam ha detto...

L'importante è non riconoscerle pubblicamente come unioni. Poi magari qualche briciola la gettano. Ma neanche quella. Già all'epoca Maria Rosaria Carfagna aveva segnalato che non è nel programma.