giovedì 5 gennaio 2012

Olocausto nel centro commerciale

Scrive Tommaso Scandroglio sulla Bussola Quotidiana di oggi («Negozi aperti, famiglie chiuse», 5 gennaio 2012):

“Arbeit macht frei”. Il lavoro rende liberi. Questa era la scritta di benvenuto assai menzognera posta all’ingresso di molti campi di concentramento nazisti. A leggere la notizia del provvedimento di Monti contenuto nella manovra “Salva Italia” che riguarda la liberalizzazione degli orari dei negozi, ci è venuta alla mente per un gioco di libere associazioni questa drammatica scritta (anzi è meglio definirlo drammatico epitaffio). Per quale motivo?
Già: per quale motivo questa associazione di idee piuttosto peregrina? Scandroglio ce lo spiega subito:
“Arbeit macht frei”. Il lavoro rende liberi. Anche se questa scritta non fosse stata posta all’ingresso dei campi di concentramento nazisti con il chiaro intento di tranquillizzare e quindi ingannare i deportati, il contenuto della stessa rimarrebbe menzognero. È la verità, cioè Cristo, che ci rende liberi, non il lavoro come invece ha suggerito il barbuto Marx o prima di lui il proto-liberale John Locke. Questo non toglie che il lavoro può essere uno strumento per arrivare alla verità e quindi alla libertà, cioè se lo intendiamo e lo viviamo come mezzo per realizzare noi stessi e per santificarci. […] Ma il lavoro diventa una schiavitù quando non è più inteso come mezzo ma come fine: lavorare per lavorare, oppure lavorare unicamente per far cassa, senza scopi ulteriori e più alti.
Il provvedimento di Monti costringerà i commercianti a lavorare sempre di più, anche di notte: il sole sul regno del libero mercato non tramonterà mai. […] Dunque ecco che un provvedimento apparentemente liberale si mostra essere strumento per schiavizzare con il lavoro i commercianti.
Non è chiaro da queste parole se Scandroglio stia proponendo un parallelo diretto tra i deportati di Auschwitz e i commercianti; forse la sua è soltanto un’associazione di idee un po’ infelice? Ma ecco che poche righe più sotto il pensiero dell’autore si palesa:
Ecco che […], proprio come nei campi di concentramento, il papà e forse anche la mamma verranno deportati nei centri commerciali a lavorare, volenti o nolenti, anche alla domenica.
Può darsi che qualche volta la difesa dell’Olocausto dalle banalizzazioni sia troppo puntigliosa; certi paragoni con altri grandi massacri o genocidi non sono necessariamente irrispettosi. Ma comparare ai deportati di Auschwitz il lavoratore che fa un turno di lavoro domenicale è qualcosa per cui lo stesso nome di «banalizzazione» è evidentemente inadeguato. Non si tratta di politically correct: qui è in gioco la mera capacità di distinguere il bene dal male, che all’autore dell’articolo e a chi glielo ha pubblicato parrebbe difettare in modo radicale.
Ma forse quelli della Bussola si sono accorti che il loro «quotidiano di opinione online» non riscuote il successo sperato, e hanno deciso di provare a creare un piccolo, cinico scandalo mediatico. Non so quale delle due sia l’ipotesi peggiore.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

e l'ipotesi che questo Scandroglio sia semplicemente un imbecille?

Luigi

Telebolla ha detto...

Mi sembra che Luigi abbia ragione.

Anonimo ha detto...

Tralasciando il paragone con Auschwitz, che non merita commenti, mi disturba parecchio sentire questa gente lamentarsi perchè qualcuno poi lavorerà la domenica o di notte. Sembra quasi che vendere biscotti o servire caffè sia una missione che merita la protezione dell'ONU. Ma qui tutti dimenticano che chi crea la VERA ricchezza, quella materiale senza cui saremmo con le pezze al culo, sono proprio i lavoratori che fanno i turni di notte, che lavorano in trasferta giorno notte e domeniche senza pause, che viaggiano sulle autostrade, che sorvegliano gli impianti 24/7. Poverini tutti questi commercianti, saranno costretti ad adeguarsi alle esigenze dei clienti... MAVA? NON SAREBBE PROPRIO LA CONDIZIONE NORMALE?
... scisate l'inca22atura...