martedì 7 febbraio 2012

L’affaire Michel Martone


Ricevo da Carlo Cosmelli e volentieri pubblico, invitandovi a fare lo stesso.

Michel Martone, professore ordinario a 29 anni? Cerchiamo di non essere prevenuti

Recentemente gran parte della stampa si è scagliata contro Michel Martone, l’attuale viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ponendo dei dubbi sulla sua fulminea carriera: a 23 anni è stato dottorando, a 26 anni ricercatore universitario, a 27 professore associato e a 29 professore ordinario. Le accuse sono state, in primis, l’inusuale velocità della carriera, poi il fatto che Michel Martone fosse il figlio di un ben più importante Martone, molto vicino a persone di discutibili valori (accademici ça va sans dire): Craxi, Verdini, Brunetta e Berlusconi.
Le accuse sono state particolarmente violente nei riguardi del concorso con cui Michel Martone  è divenuto professore ordinario.
Ma non si può essere prevenuti, vediamo i fatti. Al concorso vinto da Martone parteciparono 8 candidati. Ma prima dell’inizio delle valutazioni inviarono una lettera di rinuncia 6 degli 8 partecipanti. [Nota: nei concorsi universitari i “vincitori” sono due; quindi, se su otto candidati sei si ritirano, i due rimasti, a meno che non siano palesemente analfabeti, saranno automaticamente i “vincitori”, non essendoci problemi per la commissione nello stilare graduatorie di merito o nel giustificare l’esclusione di qualcuno].
Qualcuno si chiederà: ma forse gli altri candidati erano talmente scarsi che, una volta saputi i nomi degli altri concorrenti, hanno valutato che fosse inutile partecipare. Si può controllare facilmente, gli atti dei concorsi sono pubblici, così come le loro pubblicazioni, ecco la situazione: i 6 candidati che si sono ritirati  presentavano: Giovanni Arrigo 100 lavori, Gabriella de Simone 70, Marco Marrazza 35, Rosario Santucci 18, Franco Scarpelli 30, Stefania Scarponi 50. E Michel Martone? 1 lavoro pubblicato (uno!). Ma, sempre per non essere prevenuti, qualcuno potrebbe supporre che i lavori dei 6 ritirati fossero di qualità così infima da essere considerati di valore pressoché nullo. Ebbene, sembra che non sia così. Dei 6 candidati che si sono ritirati,  5 sono diventati professori ordinari. Cioè altre 5 commissioni, composta ognuna da 5 commissari ciascuna, per un totale quindi di 25 commissari, hanno valutato i lavori dei 5 ritirati di notevole valore, tanto da  promuoverli a professore ordinario. Ma allora, si potrebbe pensare, forse l’unico lavoro di Martone era di tale meravigliosa eccellenza da sopravvalutare qualunque altro concorrente.
Ma neanche questo sembra plausibile. Gli stessi commissari che lo hanno giudicato idoneo così hanno valutato la sua unica pubblicazione valida ai fini del concorso ed un’altra “in stampa” non valida ma su cui i commissari potevano in ogni caso dare un giudizio (fosse mai qualcosa di sensazionale!), cito dal verbale del concorso:

“una trattazione non sempre omogenea... i numerosi riferimenti a fatti ed a metodologie di analisi sono caratterizzati talvolta da passaggi argomentativi non del tutto esaustivi”
LEGGI: un guazzabuglio di affermazioni gettate a caso, spesso non giustificate.

“Lo stile scorrevole rende agevole la lettura, ma permane la difficoltà di individuare una chiara ipotesi di lavoro”.
LEGGI: Scrive benino, ma non si capisce dove voleva andare a parare.

“M. Martone dimostra di trattare  con spigliatezza gli argomenti prescelti  e di adoperare correttamente il linguaggio giuridico, ma di dovere ulteriormente affinare il ricorso al metodo storico ed interdisciplinare.”
LEGGI: Non scrive male, ma non conosce il metodo con cui si scrive qualcosa di professionalmente valido in ambito legale.

“…sarebbe stato ancora più apprezzabile un approfondimento più completo e una ponderazione più articolata “
LEGGI: se magari avesse letto quello che gli altri avevano scritto, e ci avesse pensato su, magari non avrebbe riempito il suo lavoro di ponderazioni poco articolate.

“Il quale (il lavoro), allo stato, non appare strutturato in modo sufficiente per poterlo valutare nell’insieme, né nelle ipotesi di partenza, né nella prospettiva”
LEGGI: è un guazzabuglio di cose messe insieme senza capo né coda; non si capiscono le ipotesi di partenza, né le conclusioni.

“deve constatarsi…troppa improvvisazione e affrettatezza, con approssimazioni nell’utilizzo del riscontro storico e comparativo, e con sovrapposizioni, se non confusioni, nell’amalgamare piani di discorso diversi”
LEGGI: Si vede che è un lavoro scritto in fretta, approssimativo, senza un legame fra le varie parti, senza un minimo di lavoro bibliografico.

“Mostra vistosi segni di una redazione eccessivamente frettolosa, che risulta inadeguata alla complessità ed alla delicatezza del tema trattato”
LEGGI: no comment, si spiega da sé.

Si tralascia qui il piccolo particolare di come si faccia a vincere un concorso da ordinario con 1 (un) lavoro, giudicato scadente anche dalla stessa Commissione, ma questo è un altro problema.

Riassumiamo. Gli altri  candidati erano più che degni di vincere il concorso e l’unica pubblicazione di Martone era, a dir poco, molto ma molto discutibile. Uno qualunque di loro, se non si fosse ritirato, avrebbe vinto il concorso, escludendo Martone.
Perché quindi si sono ritirati?
Michel Martone ci risponde dal suo blog “tutti gli altri candidati si sono ritirati dal concorso in questione (con una sola eccezione), perché nel frattempo avevano vinto il concorso da ordinario in altre sedi da loro preferite”.
Ma questo non è vero. Tralasciando giochi e giochetti di date, per cui servirebbero i verbali integrali, due casi sono certi ed inequivocabili. Un candidato dei 6 rinunciatari non ha poi vinto un concorso da ordinario, ed un secondo candidato ha vinto un concorso il cui bando è stato pubblicato sulla G.U. 4 giorni dopo la chiusura del concorso “Martone”. Quindi, quando ha rinunciato, non solo non aveva vinto, ma non sapeva neppure se un altro eventuale concorso ci sarebbe stato, a meno che...
Già, a meno che... L’unica ipotesi  sensata è che a quei 6 sia arrivato un “consiglio” cui non era il caso di disobbedire. Un'azione dal sapore clientelare di intimidazione perché si togliessero di torno. È l'equivalente del “consiglio” dato alle ditte serie di ritirarsi dalle gare d'appalto, o alla telefonata a quel candidato sindaco antimafia, con la figlia studentessa a Palermo, a cui fu ricordato quanto fosse pericoloso il traffico di Palermo, e che si ritirò dalla competizione elettorale.
Qui non si tratta di essere prevenuti, ma post-venuti. Michel Martone, in base ai fatti raccolti, sembra proprio che sia in cattedra grazie ad un consiglio cui “è meglio dare ascolto”.

Questo fatto non è accettabile, non dovrebbe essere accettato da nessuno, e, essendone venuto a conoscenza, non dovrebbe essere accettato neanche dal Presidente del Consiglio. Per questo chiedo al Prof. M. Monti che inviti Michel Martone a dimettersi da sottosegretario, e mi aspetterei che a lezione, se mai la farà, non si presentasse nessuno studente.
A meno ovviamente che ci sia una spiegazione chiara e lampante per tutti i fatti di cui sopra.
                                                                                               
Roma, 6 febbraio 2012  
Carlo Cosmelli                                                                                                                                                  

3 commenti:

remo ha detto...

Non ho parole...

Matteo Cherchi ha detto...

Il "consiglio" di ritirarsi, a volte accompagnato dalla promessa di vittoria di un altro concorso, è una pratica diffusa e lo è stata ancora di piú in passato (prima che qualche procura italiana piú agguerrita iniziasse ad indagare l'infinitá di reati regolarmente commessi nei concorsi). Si tratta di un sistema MAFIOSO in cui il candidato mostra la sua docilità e accondiscendenza al sistema di potere consolidato e, con tale sorta di iniziazione, si dimostra asservito e funzionale al potere. E' un sistema sadico che tutto guarda fuorché le capacità del candidato. Esistono tutt'oggi accordi non detti fra i commissari esterni per non "intralciare" la vittoria del candidato designato. "Io non intralcio il tuo feudo, cosicché tu non intralcerai il mio".
Il problema è l'idea stessa del concorso pubblico italiano, che non ha riscontri nella maggior parte dei paesi sviluppati. Dietro ad una facciata di "oggettività" e di "imparzialità", il nostro sistema toglie la responsabilità personale dei commissari. In altri paesi il gruppo di ricerca assume come un'azienda privata, e si assume pienamente la responsabilità della sua scelta secondo criteri di produttività e qualità universalmente riconosciuti. Persone con un profilo infimo come quello di Martone non sarebbero minimamente prese in considerazione.

cessione del quinto ha detto...

Immagino che non deve essere facile essere "il candidato" in quel caso!
Sara M.