giovedì 17 ottobre 2013

Legge contro l’omofobia: una galleria degli orrori /4

Basta la parola
Dopo aver esaminato nella prima parte di questa serie il modo in cui la lettera della proposta di legge contro l’omofobia è stata in qualche caso alterata, e nella seconda e terza alcune delle interpretazioni aberranti che ne sono state date, è tempo di passare agli errori più generali che sono alla base della violenta reazione integralista alla proposta di legge Scalfarotto.
Iniziamo dal blog Orarel, in cui poche settimane fa Massimo Zambelli così commentava, in occasione delle note dichiarazioni di Guido Barilla («Omofobia», 27 settembre 2013):

Omo-fobia. Stanno facendo una legge basata su un errore linguistico e concettuale, tipico di chi confonde la realtà delle cose inventandosi il terzo sesso, o eliminando padre e madre, o imponendo uguaglianze nel matrimonio (da “mater”) che non esistono... Omofobia non vuol dire “odio per l’omosessuale” ma semmai “paura dell’omosessualità”. E da quando in qua una paura diventa reato? Stanno imponendo un regime liberticida e questo episodio di Barilla ne è l’ennesimo antipasto.
Si tratta, come si vede, dell’ennesima riproposizione della fallacia etimologica, cioè dell’argomento erroneo secondo cui il «vero» significato di una parola, quello in cui dovrebbe essere sempre usata, coinciderebbe con il suo significato «originale» o con il significato «originale» delle parole che la compongono. Così, la parola matrimonio si deve usare solo se a sposarsi c’è una mater, cioè una donna; il termine laico deve indicare solo una persona battezzata che non appartiene alla gerarchia ecclesiastica; etc. Spesso – come in questo caso – la fallacia si spinge addirittura oltre: non solo si afferma che le parole devono essere usate secondo il loro significato originario, ma anche che gli oggetti che esse designano possiedono in realtà tutte e sole le caratteristiche indicate dall’etimologia. Per esempio, sembra dire Zambelli, gli omofobi non odiano gli omosessuali, ma ne hanno soltanto timore; ed è rimasto celebre il caso del tizio che voleva dimostrare che la logica non è altro che un gioco di parole, perché la parola logica viene dal greco logos, che significa appunto (tra le altre cose) «parola».
Tutto ciò è naturalmente in contrasto assoluto con quello che la più banale ragionevolezza prescrive: non confondere le cose con le parole che le designano, e usare il linguaggio in accordo con le finalità che ci poniamo. Così, se ci vogliamo far capire dal prossimo – la funzione di gran lunga più comune della lingua – dovremo usare le parole nel loro significato corrente; se teniamo alle forme tenderemo a privilegiare un uso più puristico (e quindi finché sarà possibile, per esempio, non impiegheremo «piuttosto che» come congiunzione, anche contro l’uso sempre più diffuso che se ne fa); se abbiamo una finalità estetica scriveremo poesie in cui le parole sono usate magari più per il loro suono che per il loro significato corrente; se vogliamo farci capire solo da qualcuno e non da altri useremo un codice in cui le parole hanno un significato segreto che non coincide con quello solito; infine, se vogliamo indagare le origini delle parole, ne studieremo l’etimologia. Come si vede, non si nega né si «confonde» in questo modo nessuna realtà; semplicemente, invece di farci dettare del tutto arbitrariamente da un aspetto particolare (o anche generale) della realtà un fine contrario ai nostri bisogni, traiamo da essa i mezzi per soddisfare dei fini che rimangono però umani ed autonomi. Che è poi quello che fanno anche coloro che ricorrono alla fallacia etimologica: non li vedrete mai parlare usando esclusivamente i significati originali delle parole (finirebbero diritti in un reparto psichiatrico); questa gente usa l’etimologia solo quando conferma le sue ideologie preferite. Non si sente nessuno, tranne forse qualche misogino estremo, dire che il patrimonio (da pater) deve essere esclusivo appannaggio dei maschi, o che laico è chi appartiene al popolo (secondo l’etimologia greca, che precede quella latina; e chissà cosa significava la relativa radice nel proto-indoeuropeo).

Tutto ciò è in fondo abbastanza scontato, e non valeva forse la pena di scriverci sopra un post, se non fosse per il fatto che troviamo qui esemplificato un passaggio estremamente diffuso nel pensiero cattolico: quello che va da una natura delle cose ritenuta per vari motivi più «profonda» ed «essenziale» (come l’etimologia, o la finalità procreativa degli atti sessuali) a una prescrizione immotivata e assurda («si devono usare le parole nel significato originale!»; «non si devono compiere atti sessuali tra persone dello stesso sesso!»), che tuttavia l’integralista spesso difende accusando bizzarramente chi non la pensa allo stesso modo di «negare» o «confondere» la realtà delle cose («avete commesso un errore linguistico»; «volete negare che i bambini nascano da un uomo e da una donna»). I difensori della cosiddetta «legge naturale» usano questa logica pervertita – anche se in genere non sono tanto ingenui da farsi cogliere a usare fallacie troppo evidenti, come quella di cui abbiamo parlato qui: la fallacia naturalistica imperversa, quella etimologica è riservata a chi è di bocca particolarmente buona.

(4 - continua)

6 commenti:

paolo de gregorio ha detto...

Che per Massimo Zambelli la recente legge detta de "il femminicidio" sanzioni per la prima volta nel nostro ordinamento chi uccide una donna, perché solo chi uccide un maschio è colpevole di omicidio?

Anonimo ha detto...

A proposito di fallacia etimologica... stigmatizzata nel post quale caratteristica degli 'integralisti cristiani'. Dalle parti di Bologna Venezia e Roma, alcuni signori, che certamente 'Cristiani' non lo sono, non solo hanno stigmatizzato ma hanno anche imposto la presunta 'fallacia etimologica', attraverso l'abolizione del desueto (a loro dire) termine madre e padre... C'e' chi parla di su il cappello, giu il cappello... a secondo della convenienza ed il paragone mi sembra proprio azzeccato. Mi spingo ancora oltre. Io, cari signori –anti-etimologia-a senzo unico, il cappello me lo metto se lo voglio io, altrimenti .... no. Queste iniezioni di sonnifero mentale non le condivido. Se mi venisse proposto un modulo del genere, con un tratto di penna cancellerei quell’etimologicamente insignificante genitore 1 o 2 ... (in base a cosa 1 o 2, per posto, importanza o cosa?) e scriverei PADRE. E mi denunciassero pure, ai sensi della Scalfarotto...... per omofobia, o altro, o quello che volessero, per insubordinazione mentale, ma il cappello imposto non lo accetto.
(p.s. ai miei tempi, anni in cui la lingua, le mani, le orecchie erano collegate alla ragione, c'era semplicemente scritto, ed etimologicamente laico corretto... Padre/Madre ... o chi ne fa le veci)
... beato integralismo cristiano d'un tempo!
- n.b. ho deciso di pubblicare questo commento sul Blog Bioetica di Lalli e Regalzi, post: galleria orrori/4 e sul Blog Berlicche, post: Su il cappello giu il cappello – fatto salvo il diritto di ‘censura’ dei rispettivi titolari.
francesco sirio

Giuseppe Regalzi ha detto...

@Francesco Sirio:

Temo che tu non abbia capito bene cosa sia la fallacia etimologica. Non sarebbe stato il caso di informarsi meglio prima di fare questa figura?

Anonimo ha detto...

Potrebbe anche essere... grazie.
Allora ti spiego come l'ho capita io. Potrebbe darsi anche che faccia anche una figura peggiore. Padre, da pater e' l'individuo di sesso maschile che con il suo contributo genetico, unito a quello della madre, mater, concepisce il figlio. La convivente omosessuale della madre, quindi non e’ ne’ padre e nemmeno madre, ma deve giustificare l'assenza a scuola del figlio, veramente figlio, etimologicamente e biologicamente parlando della partner, temporaneamente assente per fatti suoi. Ovviamente (stando a cio' che dice la stampa 'diversamente' orientata... non e' flaming da to flame) la convivente omosessuale non potrebbe o non vorrebbe... etimologicamente fallacememente firmare ne' come madre, e nemmeno come padre... in quanto le viene oggettivamente negata la sua qualifica, etimologicamente parlando... Ecco io l'ho capita così...! Allora mi chiedo... sono solo davvero gli integralisti cristiani legati all'etimologia... o lo sono anche altri.... che, come si suol dire, chiamano 'cornuto' l'asino? Caro Giuseppe... ma che tipo di societa' vogliamo costruire? Dov’e’ la vera (?!)…. fallacia?
Che nostalgia dei tempi in cui si usava quel politically correct: Padre / Madre o chi ne fa le veci…. Che rispettava le etimologie, la verita’ e teneva tutti contenti…. Ma quale classifica,… genitore 1, 2 o 3 ..!
Nostalgia dei tempi del mulino bianco… a proposito di Barilla…. Perdonami l’ot, ma e’ talmente difficile corrispondere con te… ti assicuro, credo di aver letto quelle che ho chiamato tue ‘profusioni’ (di parole) e se ti ho chiesto ‘ma se la Scalfarotto attuale fosse gia’ in vigore Barilla avrebbe potuto dire cio’ che ha detto, impunemente?’ No, non era trolling, era semplicemente perche’ tu, in quegli scritti non ti esponi…. Usi il condizionale…NI o SO (forse perche’ hai scritto mentre si dibatteva alla camera, prendilo come un assist). Io ti chiedo un si o un no… sulla legge così come ora approvata dalla Camera. Per me e’ no… e sappiamo tutti perche’…
cordialmente :-) francesco sirio

Giuseppe Regalzi ha detto...

@Francesco Sirio:

con tutta la buona volontà, non riesco a comprendere cosa stai dicendo. Mi pare di capire che sia tu a commettere nuovamente la fallacia etimologica, ma forse mi sbaglio.

Su Barilla la mia risposta è sì, come si capisce benissimo leggendo il primo post di questa serie.

Buona giornata.

paolo de gregorio ha detto...

Ci provo io ad interpretare il Sirio pensiero, verrò corretto se in errore. Forse voleva dire che, secondo lui, chi non si riconoscere nell'etimologia né di padre né di madre vorrebbe che si usi "genitore". Cioè, sempre secondo Sirio, si lascerebbe guidare nelle preferenze da un rifiuto etimologico, quindi fallace. In tal caso, tuttavia, se questo fosse l'argomento di Sirio, non sarebbe comunque una fallacia etimologica, perché padre e pater, come madre e mater, coincidono integralmente. Caso da manuale in cui non può esservi fallacia etimologica. Mi stupisco ogni momento di più che non la si capisca.